montefalcone antonio
|
martedì 13 febbraio 2024
|
il confine invisibile tra umanità e disumanità
|
|
|
|
“Green Border” racconta in successivi capitoli l’esodo di una famiglia siriana e di altri profughi che viaggiano con loro e il doloroso travaglio umano delle migliaia di persone coinvolte in un sadico gioco di rappresaglia politica tra Polonia e Bielorussia. Descrive la brutalità della Polizia di frontiera e dell’esercito, ma anche chi solidarizza con i profughi salvando vite a rischio della propria. Mostra, nella sua gelida fotografia in bianco e nero, luoghi spaventosi, morte, sofferenze e orrori.
E’ un film di lodevole impegno civile, di doverosa denuncia sociale, di forte impatto emozionale e riflessivo. La pellicola di Agnieszka Holland è un sentito atto d’accusa nei confronti dell’inetta politica europea e di un governo polacco che sembra abbia smarrito ogni sentimento solidale.
[+]
“Green Border” racconta in successivi capitoli l’esodo di una famiglia siriana e di altri profughi che viaggiano con loro e il doloroso travaglio umano delle migliaia di persone coinvolte in un sadico gioco di rappresaglia politica tra Polonia e Bielorussia. Descrive la brutalità della Polizia di frontiera e dell’esercito, ma anche chi solidarizza con i profughi salvando vite a rischio della propria. Mostra, nella sua gelida fotografia in bianco e nero, luoghi spaventosi, morte, sofferenze e orrori.
E’ un film di lodevole impegno civile, di doverosa denuncia sociale, di forte impatto emozionale e riflessivo. La pellicola di Agnieszka Holland è un sentito atto d’accusa nei confronti dell’inetta politica europea e di un governo polacco che sembra abbia smarrito ogni sentimento solidale.
L’opera non teme le cadute nel didascalismo o nel semplicismo narrativo, ma è fiera di raccontare la propria versione dei fatti attraverso la cronaca, efficace e a tratti commovente, di un dramma umano ed esistenziale.
Attraverso l’impiego di diversi punti di vista collettivi (per avere un quadro completo e preciso di ciò che accade) e di una vicenda che pare sospesa tra la fiction e il documentario, la 75enne regista polacca mantiene fermo il suo sguardo umanitario sulle vite dei profughi e in quei luoghi dove si perdono ogni speranza di sopravvivenza, in quel confine che non è verde, ma grigio, nero e tragico; rifugge con equilibrio ogni banalizzazione, ogni retorica e ogni ricatto emotivo; e sa mettere in scena con intelligenza, sincerità e onestà l’orrore della cruda realtà, infondendo vita intensa a storie ed immagini senza cavalcare l’onda di tesi ideologiche e sfrondando la narrazione da posizioni propagandistiche.
Magistralmente scritto e diretto, “Green Border”, riesce a dare una nitida fotografa dell’identità dell'Europa contemporanea, esprimendo tutta la propria forza umanistica, straziante e necessaria, sia nel bruciante desiderio di riaffermare il valore della dignità e dell’esistenza dell’individuo; sia nella capacità di emozionare e di porre interrogativi con il giusto tono di voce; sia nel mostrare tutto il potenziale etico del Cinema, quando questo si fa molto più di un necessario strumento di attivismo.
Meritato il Premio speciale della Giuria che il film ha vinto all’80° Mostra cinematografica di Venezia 2023. Voto: 8
[-]
|
|
[+] lascia un commento a montefalcone antonio »
[ - ] lascia un commento a montefalcone antonio »
|
|
d'accordo? |
|
paolorol
|
venerdì 29 dicembre 2023
|
indispensabile e necessario
|
|
|
|
Un film che dovrebbe essere proiettato nelle scuole ed ovunque, per il messaggio chiaro e netto nella dura e spietata rappresentazione di una realtà mai sufficientemente descritta da nessuna forma di informazione.
Ed invece è stato premiato con la massima onorificenza, il Premio della Giuria, al Festival di Venezia, applaudito e subito dimenticato. Non è un film commestibile per le multisale dei volgari cinepanettoni e delle megaproduzioni plastificate americane, motivo per cui è stato visto da poche persone, quelle stesse che posseggono già consapevolezza, conoscenza e sensibilità, e finirà in qualche sala d'essai sopravvissuta alla massificazione.
[+]
Un film che dovrebbe essere proiettato nelle scuole ed ovunque, per il messaggio chiaro e netto nella dura e spietata rappresentazione di una realtà mai sufficientemente descritta da nessuna forma di informazione.
Ed invece è stato premiato con la massima onorificenza, il Premio della Giuria, al Festival di Venezia, applaudito e subito dimenticato. Non è un film commestibile per le multisale dei volgari cinepanettoni e delle megaproduzioni plastificate americane, motivo per cui è stato visto da poche persone, quelle stesse che posseggono già consapevolezza, conoscenza e sensibilità, e finirà in qualche sala d'essai sopravvissuta alla massificazione.
Davvero una vergogna perchè il film al di là del messaggio che veicola è validissimo anche dal punto di vista formale.
Soltanto la prima sequenza è a colori. Il colore è il verde, il verde bellissimo della foresta al confine fra Bielorussia e Polonia. Ma l'incanto, potremmo dire l'incantesimo dei poveri illusi dalla propaganda, dura pochissimo. La foresta verde diventa subito nera come l'inferno in cui è stata trasformata da orrendi esseri umani che di umano non hanno nulla. I migranti disperati sono trattati peggio di animali e rimpallati fra Bielorussia e Polonia, in un gioco al massacro che colpisce anche gli attivisti.
Il macello va avanti per due ore e 25 minuti. E negli ultimi 5 minuti i mostri polacchi di colpo cambiano faccia, smettono di brutalizzare uomini, donne e bambini ed accolgono con leziosi sorrisi bus turistici pieni di uomini, donne, bambini, cagnolini, gattini e persino uccellini in gabbia. La frontiera però è un'altra, è quella con l'Ucraina.
Un film sull'orrore che cova dentro a ciascuno di noi.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a paolorol »
[ - ] lascia un commento a paolorol »
|
|
d'accordo? |
|
cinzia
|
martedì 13 febbraio 2024
|
un pugno nello stomaco dell''europa
|
|
|
|
I fatti (veri): tra il 2021 e il 2022 (e forse ancora oggi, poco si sa) migliaia di disperati hanno tentato di entrare in Europa attraverso una strada inedita (fino ad allora) attraverso il confine (verde perché delimitato da una foresta ancestrale) tra Bielorussia e Polonia. Peggio. Era stato lo stesso dittatore bielorusso, il famigerato Lukashenko, ad invitare, con la concessione di visti particolari e voli aerei abbastanza accessibili, gente disperata dalla Siria, dall’Afghanistan, dall’Africa ecc in Bielorussia con la promessa di aiuto per passare il confine con la Polonia e di entrare finalmente e facilmente nell’agognata Europa.
[+]
I fatti (veri): tra il 2021 e il 2022 (e forse ancora oggi, poco si sa) migliaia di disperati hanno tentato di entrare in Europa attraverso una strada inedita (fino ad allora) attraverso il confine (verde perché delimitato da una foresta ancestrale) tra Bielorussia e Polonia. Peggio. Era stato lo stesso dittatore bielorusso, il famigerato Lukashenko, ad invitare, con la concessione di visti particolari e voli aerei abbastanza accessibili, gente disperata dalla Siria, dall’Afghanistan, dall’Africa ecc in Bielorussia con la promessa di aiuto per passare il confine con la Polonia e di entrare finalmente e facilmente nell’agognata Europa. Lukaschenko aveva come obiettivo di destabilizzare i confini europei e la politica e i governi europei, usando questi poveri emigranti come “proiettili umani”. Naturalmente la Polonia non è rimasta seduta a guardare file di gente extraeuropea attraversare i propri confini e sistematicamente (e violentemente) li rimandava al mittente che a sua volta li rigettava (ancora più violentemente) indietro nella foresta polacca. Fin qui i fatti e quello che la maggior parte di noi (forse) sapeva da notizie date abbastanza con parsimonia e frettolosamente dai media nazionali.
La meravigliosa, regista polacca, Agnieszka Holland, ha documentato tutto questo con il suo film, in un rigoroso bianco e nero che pur attingendo da fatti veri e storie vere ha la consistenza e l’impostazione di un film, con qualcosa girato in stile documentaristico (presa diretta, camera a mano, primi piani, stile minimalista, lingua in originale o arabo, o francese o inglese o ovviamente il polacco, a seconda della provenienza dei protagonisti)
Il film che segue alcune storie di immigrati che attraversano il confine e altre storie della popolazione locale (alcuni accoglienti e altri respingenti nei confronti dei disperati che arrivano) si divide in tre parti in ognuna delle quali la regista si focalizza su di un punto di vista diverso: quello di una famiglia di siriani che passa il confine dalla Bielorussia, quella di una giovane guardia di frontiera e quella di una psicoterapeuta polacca che decide di non girare la testa dall’altra parte. Ma non ci sono scene che si ripetono, come succede di solito quando la regia enfatizza uno stesso fatto con punti di vista diversi, perché ogni parte procede linearmente con il racconto, cambiano però le prospettive. Emergono con lucidità le illusioni degli immigrati a cui era stato raccontato che l’entrata in Europa sarebbe stata agevole o perlomeno senza pericolo, le violenze disumane di ambedue le guardie di frontiera che a tratti sono anche sadiche, la frattura tra l’indifferenza e il menefreghismo di una parte della popolazione e l’altruismo spassionato di altri polacchi che devono anche lottare contro la propria coscienza civile di cittadino in quanto il loro comportamento di solidarietà non solo viene stigmatizzato dagli altri abitanti ma addirittura considerato un reato (punito con l’incarcerazione) e quindi devono agire in silenzio, di notte, cercando di ingannare la polizia ed entrando nella pericolosissima “zona rossa”, area nel territorio polacco, al confine con la Bielorussia, foresta primordiale, paludosa, fredda e senza ripari, dichiarata off limit per tutta la popolazione civile dove le guardie hanno mano libera nei confronti degli immigrati che vengono presi con la forza, come si prenderebbe un animale scappato dal recinto e letteralmente gettati con bagagli e neonati al collo e anziani attraverso il filo spinato nel confine opposto, pochi metri più in là, dove vengono prelevati dalle guardie bielorusse e rigettati nuovamente dall’altra parte. Qualcuno ha dovuto sopportare questo ping pong con il proprio corpo anche per decine di volte e ogni volta in questo “lancio” disumano si perde una parte di sé, un frammento di speranza, un pezzo di dignità, un componente della propria famiglia, oltre che le scarpe, una valigia, un thermos, un maglione di lana.
E’ un pugno nello stomaco dell’Europa (e di noi spettatori) questo film, girato quasi in clandestinità con grande coraggio da Agnieszka Holland, che non ha esitato nel mostrare anche la faccia odiosa e cattiva dei suoi concittadini, alcuni dei quali la insultano ancora nei social
“In seguito alla presentazione del film alla Mostra, il Ministro della giustizia polacco Zbigniew Ziobro ha accusato la regista di fornire un'immagine falsa e inguriosa della Polonia, scrivendo su Twitter: «Nel Terzo Reich, i tedeschi producevano film di propaganda che mostravano i polacchi come banditi e assassini. Oggi per questo c'è Agnieszka Holland».In risposta la regista ha richiesto delle pubbliche scuse da parte di Ziobro e una donazione all'Associazione dei Bambini Vittime dell'Olocausto, sostenendo che queste dichiarazioni violassero i suoi "diritti personali", in quanto nipote di vittime dell'Olocausto e figlia di una partecipante alla rivolta di Varsavia. In caso contrario avrebbe intrapreso vie legali.” (da Wikipedia)
[-]
|
|
[+] lascia un commento a cinzia »
[ - ] lascia un commento a cinzia »
|
|
d'accordo? |
|
|