Der Spiegel

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Der Spiegel
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StatoBandiera della Germania Germania
Linguatedesco
Periodicitàsettimanale
FondatoreRudolf Augstein
Fondazione4 gennaio 1947
SedeAmburgo
EditoreSpiegel-Verlag
Tiratura916.800 (2016[1])
DirettoreRudolf Augstein, Hans Detlev Becker, Johannes K. Engel, Claus Jacobi, Leo Brawand, Günter Gaus, Erich Böhme, Werner Funk, Hans Werner Kilz e Steffen Klusmann
Redattore capoSteffen Klusmann
ISSN0038-7452 (WC · ACNP) e 2195-1349 (WC · ACNP)
Sito webspiegel.de
 
La sede di Der Spiegel ad Amburgo

Der Spiegel /deɐ̯ ˈʃpiːgəl/ (in italiano Lo Specchio) è la rivista settimanale tedesca con la maggior tiratura in Germania. Viene pubblicata ad Amburgo con una media di un milione di copie alla settimana. Uscì per la prima volta ad Hannover il 4 gennaio 1947.

Il settimanale Der Spiegel è conosciuto in Germania principalmente per il suo stile, detto giornalismo investigativo. La rivista ha svolto un ruolo chiave nella scoperta di numerosi scandali politici come lo Scandalo Spiegel nel 1962 e l'Affare Flick negli anni ottanta. Secondo The Economist, Der Spiegel è una delle riviste europee più influenti.[2]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La vecchia sede di Der Spiegel, Amburgo
La nuova sede di Der Spiegel a partire dal 2011, Amburgo

La rivista venne fondata nel 1947 dall'ufficiale britannico John Seymour Chaloner, e da Rudolf Augstein, ex operatore radio della Wehrmacht.[3]

La prima edizione di Der Spiegel uscì a Hannover sabato 4 gennaio 1947.[4] Inizialmente la rivista era "sponsorizzata" dalle forze di occupazione britanniche,[4] ma dopo vari disaccordi con gli inglesi la guida della rivista passò a Rudolf Augstein, che detenne la carica di direttore dal gennaio 1947 al 7 novembre 2002, data della sua morte.

Dopo il 1950 la rivista divenne proprietà di Rudolf Augstein e John Jahr; nel 1965 Jahr divise la sua quota con Richard Gruner dando vita alla casa editrice Gruner + Jahr. Nel 1969 Augstein acquistò le quote detenute dalla Gruner + Jahr per 42 milioni di marchi diventando l'unico proprietario di Der Spiegel. Nel 1971 la Gruner + Jahr riacquistò il 25% del giornale. Nel 1974 Augstein ristrutturò l'azienda dando la possibilità agli impiegati con più di tre anni di anzianità nel giornale di diventare azionisti, partecipando quindi alla direzione della compagnia e agli utili della stessa.

Dal 1952 Der Spiegel stabilì la propria redazione nello storica sede del giornale nella parte vecchia di Amburgo. Nel 2011 la redazione si trasferì nei nuovi uffici.

La circolazione della rivista crebbe in maniera veloce. Dalle iniziali 15.000 copie del 1947 si passò alle 65.000 del 1948 e alle 437.000 del 1961. Nel 1962 il giornale stampava circa 500.000 copie.[5] Negli anni Settanta la tiratura arrivò a circa 900.000 copie. A seguito della riunificazione della Germania nel 1990, Der Spiegel si diffuse anche nella ex Repubblica Democratica Tedesca e la tiratura oltrepassò il milione di copie.

Il successo dello Spiegel si basa su due fattori principali: le numerose inchieste fatte nel corso degli anni ottanta e che grazie a vari scoop portarono all'attenzione del pubblico diversi scandali; secondariamente la potenza economica della casa editrice. Sin dal 1988 essa produce il programma televisivo Spiegel TV.

Nel 1994 fu lanciato il sito web Spiegel Online.[6][7] Il sito ha uno staff di giornalisti separato da quello della rivista. Nel 1999 la tiratura di Der Spiegel raggiunse 1.061.000 copie.[8]

Direttori[modifica | modifica wikitesto]

Caporedattori storici:

Collaboratori[modifica | modifica wikitesto]

Dal 1969, per trent'anni, il giornalista italiano Tiziano Terzani è stato corrispondente estero in Asia per il settimanale tedesco. Durante la sua collaborazione ha documentato la guerra in Vietnam, la rivoluzione dei khmer rossi in Cambogia, la Cina ed il Putsch di Mosca in Unione Sovietica.[9]

Controversie[modifica | modifica wikitesto]

Una delle critiche più frequenti che sono state mosse a Der Spiegel riguarda l'uso del linguaggio. Nel 1957 lo scrittore Hans Magnus Enzensberger pubblicò il saggio Die Sprache des Spiegels ("Il linguaggio dello Spiegel"), in cui criticava aspramente quello che egli definiva la "pretesa obiettività" del giornale. Wolf Schneider, eminente giornalista, definì Der Spiegel "il maggior distruttore della lingua tedesca" e utilizzò citazioni da articoli della rivista come esempio di tedesco scorretto nei suoi manuali di stile. Le critiche non erano tanto sul lato lessicale, ma sulla maniera in cui Der Spiegel argomentava le proprie affermazioni "nascondendo e distorcendo i fatti a proprio vantaggio manipolando la semantica e la retorica, piuttosto che supportando le tesi con fonti e analisi approfondite".

Alcuni critici, in particolare lo storico Lutz Hachmeister e Otto Köhler, biografo di Augstein ed ex autore di Der Spiegel, protestarono contro la collaborazione della rivista con ex nazisti, anche membri delle famigerate SS. Notoriamente Der Spiegel, che in alcuni casi non esitò a svelare il passato nazista di uomini pubblici, non si fece scrupoli quando alcuni criminali nazisti scrissero per il giornale articoli storici sul Terzo Reich. I resoconti scritti dell'incendio del Reichstag a opera dell'ex ufficiale delle SS Paul Carell (che era stato anche portavoce del ministro degli esteri del Reich Joachim von Ribbentrop) e di Fritz Tobias, sono considerati testi autorevoli e influenti nella storiografia del periodo, confermati dallo storico Hans Mommsen.

Negli anni ottanta un articolo della rivista sulla diffusione dell'AIDS è stato in parte criticato come "inappropriato".[10][11] La sessuologa Volkmar Sigusch definì questo tipo di giornalismo "scioccante" e un "fallimento di quella stampa che una volta si definiva liberale".[12] Altri hanno accusato Der Spiegel di diffondere il panico[13][14][15] e, dalle dichiarazioni editoriali, di trasmettere il falso messaggio "che solo i bambini e gli omosessuali stanno morendo di AIDS", senza nessun rispetto per malati e infetti. Tuttavia nel 1987 Der Spiegel ha ricevuto una menzione speciale di encomio e un premio dalla Fondazione AIDS tedesca, premio che viene assegnato per il lavoro svolto nell'informazione e nella prevenzione circa l'HIV/AIDS, contribuendo così alla solidarietà con le popolazioni colpite.

Il 22 dicembre 2006 Der Spiegel pubblicò un articolo di copertina a firma Matthias Schulz dal titolo Das Testament des Pharao ("Il testamento del faraone") in cui veniva esposta la presunta tesi dell'egittologo tedesco Jan Assmann che affermava, tra le altre cose, come gli ebrei avessero "rubato" l'idea del monoteismo dal faraone Akhenaton e dal suo culto adoratore del dio Aton.[16] Assmann protestò vivamente smentendo il tutto in una lettera aperta alla redazione dello Spiegel, e successivamente in un'intervista a Die Welt, protestando "nella maniera più assoluta contro l'uso del suo nome nell'articolo incriminato, descritto come una immangiabile zuppa antisemita".[17] Il pedagogo ebreo Micha Brumlik espresse la sua indignazione circa l'articolo antisemita di Der Spiegel in Jewish General del 4 gennaio 2007.

Der Spiegel è stato accusato più volte di anti-italianismo. Nel 1977, durante gli anni di piombo, sulla copertina del giornale apparve un'immagine raffigurante una rivoltella sopra un piatto di spaghetti e la scritta Urlaubsland Italien – Entführung, Erpressung, Straßenraub ("Vacanze in Italia – sequestro di persona, estorsione, rapina a mano armata"). Nel 2006, prima della partita Italia-Germania della semifinale dei Mondiali di Calcio, Der Spiegel offese pesantemente gli italiani definendoli parassiti, mammoni e viscidi.[18] Nel 2011, mentre l'Italia era governata da Silvio Berlusconi, la rivista pubblicò un numero con la copertina che raffigurava Berlusconi su una gondola sopra la Penisola italiana con a fianco due escort.[19] Nel 2012, dopo il naufragio della Costa Concordia, un articolo del giornalista Jan Fleischhauer sosteneva che la fuga di Schettino non doveva meravigliare, essendo il capitano italiano, e proseguiva asserendo che un tedesco o un inglese non avrebbe mai messo in atto un comportamento simile .[20] L'articolo sulla Costa Concordia è stato criticato dai quotidiani italiani La Repubblica, Libero e Il Giornale. Alessandro Sallusti, il direttore di quest'ultimo, rispose all'offesa pubblicando un articolo in cui insultava i tedeschi parlando di Auschwitz.[21] Michele Valensise, l'ambasciatore italiano a Berlino, protestò inviando alla redazione di Der Spiegel una lettera in cui accusava il settimanale di aver dato la colpa del naufragio a tutti gli italiani.[22] Beppe Grillo criticò Der Spiegel nel suo blog definendolo un settimanale che disonora il suo stesso popolo.[23]

L'edizione speciale di Der Spiegel del 25 marzo 2008 sull'Islam è stata vietata in Egitto su indicazione delle autorità per vilipendio della religione islamica e del profeta Maometto.[24][25]

Linea politica-editoriale[modifica | modifica wikitesto]

Tendenzialmente orientato, dal punto di vista politico, verso il centro-sinistra, Der Spiegel non ha tuttavia risparmiato critiche a nessuno schieramento politico europeo e non solo. Infatti il settimanale vuole "scandalizzare", proponendo quasi sempre copertine ironiche o molto pungenti, con solo due articoli presentati, di cui uno è la storia/inchiesta di copertina.[senza fonte]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Premio Quadriga - nastrino per uniforme ordinaria
— 2007

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Der Spiegel | eurotopics.net, su www.eurotopics.net. URL consultato il 22 settembre 2017.
  2. ^ Der Spiegel and Germany's press: His country's mirror, in The Economist, 16 novembre 2002. URL consultato il 30 giugno 2013.
    «Mr Augstein's success in making Der Spiegel one of continental Europe's most influential magazines...»
  3. ^ Laudatory submission for Hero of World Press Freedom Award: Rudolf Augstein Archiviato l'8 giugno 2011 in Internet Archive.
  4. ^ a b Six Decades of Quality Journalism: The History of DER SPIEGEL, in Der Spiegel, 5 ottobre 2011. URL consultato il 23 marzo 2015.
  5. ^ Frank Esser e Uwe Hartung, Nazis, Pollution, and no Sex: Political Scandals as a Reflection of Political Culture in Germany, in American Behavioral Scientist, vol. 47, n. 1040, 2004, pp. 1040–1071, DOI:10.1177/0002764203262277. URL consultato il 4 ottobre 2013 (archiviato dall'url originale il 13 dicembre 2019).
  6. ^ Christina Schäffner, Bringing a German Voice to English-speaking Readers: Spiegel International, in Language and Intercultural Communication, vol. 5, n. 2, 2005, pp. 154–167, DOI:10.1080/14708470508668891. URL consultato il 4 ottobre 2013.
  7. ^ Anne Penketh, Philip Oltermann e Stephen Burgen, European newspapers search for ways to survive digital revolution, in The Guardian, Paris, Berlin, Barcelona, 12 giugno 2014. URL consultato il 7 gennaio 2015.
  8. ^ Ingomar Kloss e M. Abe, Advertising Worldwide: Advertising Conditions in Selected Countries, Springer Science & Business Media, 1º gennaio 2001, p. 130, ISBN 978-3-540-67713-0. URL consultato il 29 marzo 2015.
  9. ^ Biografia di Tiziano Terzani, corrispondente del settimanale Der Spiegel, su tizianoterzani.com. URL consultato il 1º maggio 2014 (archiviato dall'url originale il 5 dicembre 2019).
  10. ^ Herbert Bock: Eine sprachpsychologische Untersuchung zur Berichterstattung über die Krankheit AIDS in Print-Medien. Roderer, Regensburg 1992, ISBN 3-89073-603-3, S. 92.
  11. ^ Herbert Bock: Zur sprachlichen Darstellung von AIDS in Print-Medien. In: Bernd Ulrich Biere, Wolf-Andreas Liebert (Hrsg.): Metaphern, Medien, Wissenschaft. Zur Vermittlung der AIDS-Forschung in Presse und Rundfunk. Westdeutscher Verlag, Opladen 1997, ISBN 3-531-12902-3, S. 81–101.
  12. ^ Volkmar Sigusch: Aids als Risiko: Über den gesellschaftlichen Umgang mit einer Krankheit. Konkret-Literatur-Verlag, Amburgo, 1987, ISBN 3-922144-67-5, S. 8.
  13. ^ Susanne Köneke: AIDS in der Presse: Der schreibende Umgang mit dem Ungewissen. Univ., Freiburg im Breisgau 1990, S. 24.
  14. ^ Frank Rühmann: AIDS: Eine Krankheit und ihre Folgen. Edition Qumran im Campus-Verlag, Frankfurt am Main / New York 1985, ISBN 3-88655-208-X, S. 75.
  15. ^ Ulrich Clement: Höhenrausch. In: Aids als Risiko: Über den gesellschaftlichen Umgang mit einer Krankheit. Konkret-Literatur-Verlag, Hamburg 1987, ISBN 3-922144-67-5, S. 212.
  16. ^ Matthias Schulz. Das Testament des Pharao, Der Spiegel n. 52, 2006, pag. 112
  17. ^ Jan Assmann im Gespräch. Ist eine „Spiegel“-Titelgeschichte massiv antisemitisch? in Die Welt n. 13, gennaio 2007
  18. ^ "Italiani, i soliti parassiti", Spiegel prepara la semifinale, su repubblica.it, 27 giugno 2006. URL consultato il 1º maggio 2014.
  19. ^ Ciao Bella, una copertina impietosa del tedesco "Der Spiegel", su candidonews.wordpress.com, 17 agosto 2011. URL consultato il 1º maggio 2014.
  20. ^ S.P.O.N. - Der Schwarze Kanal: Italienische Fahrerflucht, su spiegel.de, 23 gennaio 2012. URL consultato il 1º maggio 2014.
  21. ^ A noi Schiettino, a voi Auschwitz, su ilgiornale.it, 27 gennaio 2012. URL consultato il 1º maggio 2014.
  22. ^ E il Der Spiegel fa infuriare l'ambasciatore a Berlino, su ilgiornale.it, 27 gennaio 2012. URL consultato il 1º maggio 2014.
  23. ^ Der Stronzen, su beppegrillo.it, 27 giugno 2006. URL consultato il 1º maggio 2014 (archiviato dall'url originale il 22 maggio 2012).
  24. ^ Der Spiegel issue on Islam banned in Egypt, in France24, 2 aprile 2008. URL consultato il 29 settembre 2013.
  25. ^ Leading German Magazine Banned in Egypt, su arabpressnetwork.org, The Arab Press Network, 3 aprile 2008. URL consultato il 9 settembre 2014 (archiviato dall'url originale il 10 settembre 2014).

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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