Kibbutz

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Kfar Masaryk
Mishmar HaEmek

Il kibbutz, talvolta kibbuz o kibuz in italiano (dall’ebraico: קִבּוּץ, letteralmente: riunione, comune) è una forma associativa volontaria di lavoratori dello Stato di Israele, basata su regole rigidamente egualitarie e sul concetto di proprietà collettiva.[1] Comunità agricole a gestione collettiva, sono sorte in Palestina per opera del movimento sionista a partire dal 1909-10 e affermatesi poi nello Stato di Israele. In senso più concreto, il terreno su cui ciascuna comunità è stanziata e l’insieme di beni e strutture che ne fanno parte e che sono proprietà collettiva dei suoi membri.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il kibbutz è nato come ideale socialista di eguaglianza e di lavoro a favore della comunità; questo comporta, per ogni singolo individuo appartenente al kibbutz, l'obbligatorietà di lavorare per tutti gli altri; ricevendo in cambio, al posto di denaro, solo i frutti del lavoro comune, evitando così alla collettività di cadere nelle mani di quello che viene considerato il consumismo di stampo occidentale. L'associazionismo in forma di kibbutz risale all'inizio del XX secolo con la fondazione di Degania a sud del Monte Ehilam, nei pressi del lago di Tiberiade, avvenuta nel 1909. Il kibbutz è stato uno degli elementi fondamentali nello sviluppo di Israele, sia per la forte carica ideologica socialista sia per il fattore innovativo che portava in un'area in cui l'agricoltura era a puri livelli di sussistenza.

Dopo la fondazione dello Stato, i kibbutz (il plurale in ebraico è קִבּוּצִים, kibbutzim) israeliani hanno conosciuto un periodo di declino, dovuto sia a compromessi ideologici, quali la necessità di impiegare lavoro salariato esterno, sia alla concorrenza delle imprese a carattere privato, sia infine a una cattiva gestione in periodi di crisi economica. Se inizialmente i kibbutz si occupavano solo di attività agricole, si sono poi sviluppati seguendo anche progetti manifatturieri e lavorazioni di materie plastiche e di elettronica.[2] Nel 2010 c'erano in Israele 270 kibbutz. Le loro fabbriche e le loro aziende agricole arrivavano a costituire il 9% del prodotto industriale (8 miliardi di dollari) e il 40% del prodotto agricolo (oltre 1,7 miliardi di dollari).

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Panorama del Kibbutz Barkai nella regione di Wadi Ara

Ordinamento ed organizzazione[modifica | modifica wikitesto]

La direzione del kibbutz è formata da un numero ristretto di persone, e le decisioni vengono prese nell'assemblea generale. L'ordinamento interno riguardante l'educazione dei bambini era fino a non molti anni fa piuttosto ferreo, in quanto non potevano nemmeno vivere assieme alla famiglia ma in una struttura chiamata La casa dei bambini, il nome dato nei kibbutz israeliani al luogo dove i figli dei membri della comunità venivano allevati fin dai primi mesi di vita e in cui abitavano più o meno fino all'adolescenza.[1][3]

Dal punto di vista della distribuzione degli utili si possono distinguere tre modelli di kibbutz: Il kibbutz collettivo (kibbutzshidufi), in cui i membri vengono compensati equamente, indipendentemente dal lavoro svolto da ciascun membro; il kibbutz misto (kibbutz meshulav), in cui a ciascun membro viene assegnata una piccola percentuale del suo stipendio insieme a una componente base data equamente a tutti i membri del kibbutz; il kibbutz rinnovato (kibbutz mithadesh), in cui il reddito di un membro è costituito esclusivamente dal reddito individuale derivante dal suo lavoro e talvolta include il reddito da altre fonti del kibbutz.[4]

Principali kibbutz[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Vivere con meno è possibile. La storia dei kibbutz ce lo insegna., su THE VISION, 15 novembre 2019. URL consultato il 1º maggio 2022.
  2. ^ Il mondo arabo e islamico, di Piero Dagradi & Franco Farinelli, Utet, Torino, 1992, pp. 143-144
  3. ^ La Casa dei bambini: un'esperienza conclusa?, su didaweb.net. URL consultato il 1º maggio 2022.
  4. ^ Kibbutz changes, su web.archive.org, 13 luglio 2011. URL consultato il 2 gennaio 2024 (archiviato dall'url originale il 13 luglio 2011).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Baratz, Joseph. A Village by the Jordan: The Story of Degania. Tel Aviv: Ichud Habonim, 1956.
  • (EN) Bettelheim, Bruno. The Children of the Dream, Simon & Schuster, 2001, p. 243. ISBN 0-7432-1795-0
  • (EN) Dubnow, S.M. History of the Jews in Russia and Poland. Philadelphia, Jewish Publication Society of America, 1920. ISBN 1-886223-11-4
  • (EN) Fox, N. A. "Attachment of Kibbutz Infants to Mother and Metapelet", Child Development, 1977, 48, 1228-1239.
  • (EN) Gavron, Daniel. The Kibbutz: Awakening from Utopia, Rowman & Littlefield, Lanham, 2000, p. 166, 168.
  • (EN) Laqueur, Walter Z. A History of Zionism. New York: MJF Books, 1972. ISBN 0-8052-1149-7
  • (EN) Mort, Jo-Ann and Brenner, Gary. "Our Hearts Invented a Place: Can Kibbutzim Survive in Today's Israel?" New York and London: Cornell University Press, 2003.
  • (EN) Rosenberg, Elliot "But Were They Good for the Jews?", Birch Lane Press, novembre 1997, p. 182
  • (EN) Scharf M. "A Natural Experiment in Childrearing Ecologies and Adolescents Attachment and Separation Representations", Child Development, January 2001, vol. 72, no. 1, pp. 236–251(16).
  • (EN) Scher A.; Hershkovitz R.; Harel J. "Maternal Separation Anxiety in Infancy: Precursors and Outcomes", Child Psychiatry and Human Development, 1998, vol. 29, no. 2, pp. 103–111(9).
  • (EN) Segev, Tom. One Palestine, Complete: Jews and Arabs under the British Mandate. Metropolitan Books, 2000, p. 252, 254-255.
  • (EN) Silver-Brody, Vivienne. Documentors of the Dream: Pioneer Jewish Photographers in the Land of Israel 1890–1933. Magnes Press of the Hebrew University, 1998. ISBN 0-8276-0657-5
  • Enrico Catassi, Alfredo De Girolamo. Kibbutz 3000. Compleanno di un sogno, attualità di un'idea. Fotografie, racconti, interviste. Edizioni ETS, 2011. ISBN 978-88-467-2815-9

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