'IL NOME NON SI TOCCA'

FERRARA - Primo: non prenderle, perciò il miglior attacco è la difesa, quindi il Pci attacca con discreta energia, cioè difende e presidia tutte le trincee. Difende il suo nome, con la storia, la ragione, la speranza, l' ironia e la rabbia. E' un gioco inutile, se non sciocco, tentare un referendum tra i militanti all' insegna del "comunisti o altro?". L' uomo che ha montato l' impianto elettrico, la ragazza che sta al microfono, il guardiano della libreria, la famigliola venuta in visita di svago, il trentenne che aspetta Lucio Dalla e sorride nella ricostruita casa di Bobo, perfino il giovane che declina il vocabolario dei "bisogni", tutti vorrebbero risponderti che sei un provocatore e poi ti liquidano senza imbarazzo e con compassione: "Il nome lo cambiano quelli che si vergognano e si devono nascondere, noi no. Perchè non va a chiedere ai capitalisti se non è tempo che cambino nome?". Il referendum finisce prima di cominciare: "Comunisti" al 99 per cento. Il resto al dubbio moderato. Miglior fortuna si ha con il funzionario, il "quadro intermedio", quello che ha imparato che bisogna parlare con tutti. Ci spiegano che questa storia del nome è una panzana, che all' Est i partiti più filo-sovietici non si chiamano "comunisti" ma caso mai "del lavoro", ci ricordano, pungenti, che di partiti pragmatici, che amministrano lo Stato e lo statu quo, in Italia ce n' è in abbondanza. Se ne resta uno che pecca di "idealismo" non sarà poi tanto male. E ti rimbeccano: "Quelli che spingono a cambiar nome vogliono un' altra politica. Ma se ce l' hanno, la tirino fuori, aspettiamo serenamente". Sali un po' su nella gerarchia e trovi la stizza: il professor Vacca liquida il tutto come "paccottiglia", si trincera dietro la vacuità del dibattito sul nome del partito. Ma è nervoso, duro, tagliente e adirato quando racconta alla prima folta platea del festival come i giornali stiano rubando il congresso al Pci. Nessuno vuole cambiare nome, da Natta al compagno dell' ultima sezione, ma di quella "paccottiglia" discute il Pci e soprattutto da quella "paccottiglia" si sente assediato. Un assedio cominciato, tra sorpresa e incredulità, il 12 maggio e che si è chiuso sulle frontiere comuniste il 9 giugno, col referendum. Nella prima sera di autocoscienza collettiva, dopo i rituali omaggi all' autocritica, va sotto processo l' informazione: insomma il Pci ha perso anche, o forse soprattutto, perchè tutti gli altri stavano più o meno fraudolentemente dall' altra parte. Segue la cartesiana dimostrazione di come la stampa e la Rai abbiano tirato la volata al "No", arriva il convincente contorno di esempi di come giornali e telegiornali siano lo specchio del pensiero pentapartito. Già, ma questo è successo dopo che il pentapartito ha messo nell' angolo il Pci. Eppure effetto e causa si confondono e si mescolano, vanno a braccetto orgoglio ("facciamo da soli con l' Unità"), pietismo ("equità nel servizio pubblico, nei giornali pubblici"), autoassoluzione ("vincevamo senza quotidiani e Tv") e la ricerca, se non proprio di alleanze, almeno di convergenze di interesse ("cari giornalisti, ma non vi ricordate di come vi ha trattato Craxi?"). C' è un copione abbastanza consolidato, ma non è finzione preparata in anticipo, è realtà recitata a soggetto: dalla base si incalza: "Occupiamo le sedi della Rai quando dice le bugie", il giornalista-sindacalista-comunista seleziona gli obiettivi e offre il dialogo ai democratici, il democratico non comunista qualcosa nega e qualcosa ammette. Osservatori esterni, delusi, già bisbigliano: "Roba vecchia, dov' è il congresso? Dov' è lo scontro tra le linee? Che vogliono fare dopo la batosta, parlare con Craxi o aspettare De Mita?". Calma, il congresso c' è, è sotto traccia: è nello scagliarsi contro i giornali che parlano di "fuoriuscita dal capitalismo", è nella meticolosa promessa di una dimostrazione a venire che questo capitalismo non funziona e che il suo tutore elettivo, il pentapartito, è una macchina adatta a trasformarne i difetti in sciagure. Chi ha orecchie per intendere intende che già si tratta di schieramenti congressuali, che la sinistra del partito è nervosa, il centro ingrossa e che la destra è per ora silenziosa, o perchè spaventata di se stessa o perchè aspetta siano i fatti a darle ragione. Ma il congresso e la festa non sono solo il libro del futuro, sono anche l' archivio del presente. E a Ferrara il Pci, per dimostrare di non essere oggi un partito vecchio, ha allestito una fiera campionaria della società. E' una festa di partito e, come può accadere a una festa di compleanno, hanno scelto, per essere gentili e moderni, di invitare tutti. Non solo gli altri partiti, ma la femminista e l' ecologo, l' industria, il rock, la pubblicità che fa progresso e quella che fa profitto, il cibo da palato fine e quello da tavolata. Non c' è modello di vita che non abbia qui un suo spazio. Volete leggere? Potere trovare dai manuali sul Bonsai al catalogo dei vini di Francia, passando per le meraviglie illustrate del Bravo Simac, scendendo per le mirabilie delle piante medicinali, dello yoga e dell' equitazione. E non vi sarà negato il testo "Come far l' amore l' un l' altro" nè la scienza de "L' idraulico" o dell' "Acquario in casa". Nessun ostracismo: libri per mistici anche sospetti quali: "Magia delle Rune" e "Manualone delle Giovani Marmotte" e storia, a fumetti e in libri, oroscopi, carceri ed etruschi, egiziani e Resistenza, Pazzaglia accanto alla Fallaci, fantascienza, gialli, sesso ed Editori Riuniti. A sinistra i trattori della Fiat, appena più in là un vagone ferroviario che sponsorizza i servizi sociali, giù in fondo la platea per chi sente solo la musica, qui a destra videogiochi e a fianco "spazio farfalla donna" dove una soprano in bianco gorgheggia al suono del piano tra foto di bambole che un manifesto spiega essere l' antitesi alla "razionalità civile" e infine, in fondo, il parco giochi dei bimbi perchè anche il comunista tiene e porta famiglia. Venghino signori, la cultura del Pci è oggi tutte le culture, è un' offensiva pianificata per non dimenticare nessuna moda, nessuna tradizione, nessun bisogno. E la diversità? Non risiede nei padiglioni firmati dall' Est, la diversità si è ridotta, il suo raggio d' azione non investe più il mondo, si ferma a Roma. Diversi dai democristiani, dai socialisti e dagli altri perchè più lavoratori, più onesti, più vicini al popolo: così si presentano, e se c' è un mito che ancora onorano esso è questo, non quello dell' Ottobre. In questa spianata ferrarese che di giorno ha l' aspetto di una polverosa, invivibile città abbandonata e fantasma e che di notte si anima fino a diventare piacevole, il Pci misura e dimostra quanto per lui sia ancora facile esistere e quanto sia arduo divenire. Una volta la festa dei comunisti era "off limits" per il resto della società, ora qui si riversano tutti: massaie, giovani e bella gente. Del Pci sono amici o comunque non nemici. E sono tanti. Anche se vengono a divertirsi, vengono a farlo in casa del Pci e un occhio lo gettano sulla politica, un orecchio lo prestano ai dibattiti fin dall' inizio già di massa. Se c' è declino, in termini quantitativi, del consenso al Pci, sarà un processo assai lungo: il tronco e la corteccia dell' albero comunista sono ancora insieme e la seconda è ancora spessa. Ma il problema è diventare: partito di governo come gli altri non si deve, partito della rivoluzione non si può, amministratori condominiali del palazzo del capitale non si vuole, resta l' idea di diventare il partito delle riforme. Ora però bisogna trovarle, le riforme, stasera si va a cercarle discutendo di salario, dei verdi e dell' eros in cucina.

dal nostro inviato MINO FUCCILLO