Il Fontanone di ponte Sisto che fu difeso dal 'Times'

Quella grande fontana che appare incastrata nel muro, su un lato di piazza Trilussa, a Trastevere, fino a 126 anni fa se n' è stata in fondo a via Giulia, appoggiata all' ospizio dei Mendicanti in piazza san Vincenzo Pallotti. Ai fini della denominazione nulla è cambiato, perché allora come oggi è chiamata il Fontanone di Ponte Sisto, e se prima si trovava presso la sinistra del Tevere, ora è alla sua destra. Voluto da Paolo V Borghese, nasce come una «mostra» dell' Acqua Paola nel rione Regola, diramazione della principale che è sul Gianicolo, ed è disegnato nel 1613 da Giovanni Vasanzio, che per realizzarlo si giova della collaborazione di Giovanni Fantana; l' inaugurazione è il 23 dicembre. Costo dell' opera, 3992 scudi e 39 baiocchi, corrispondenti grosso modo a quattro milioni di euro. Occorre un complesso lavoro di ingegneria idraulica per il trasporto dell' acqua dal Gianicolo tramite condotti addossati alle arcate del ponte, fino a farla sgorgare nella grande nicchia con volta a botte. Da qui cola in una vaschetta e ricade nella vasca a livello stradale, mentre getti incrociati sono emessi da due draghi, simbolo araldico dei Borghese, ai basamenti delle colonne laterali, e due teste di leone, negli stilobati sotto le bugne, fanno cadere altri due fiotti d' acqua. Circondano il fontanone sei colonnine di granito rosso, collegate da spranghe di ferro orizzontali. Ed è una festa per la sete dei Regolanti. Ma la fontana non serve solo per bere. Viene infatti utilizzata, e prima di quella piazza Navona, per allagare la piazzetta antistante nelle sere d' estate, in modo che, come scrive Romolo Artioli, «l' acqua, riboccando dalla vasca e ricoprendo la strada, serviva di grato sollazzo al popolo», in un incendio di girandole dal ponte. Tutto va bene fino al 1798, quando i Francesi occupano Roma e, tra i vari soprusi che compiono, assestano un primo colpo all' architettura del fontanone; per spezzare lo stemma papale che corona la mostra, ne sradicano gran parte della zona superiore. Il danno definitivo arriva dopo il 1870 con la creazione dei lungotevere; la sua vicinanza al ponte ne determina la distruzione. A nulla valgono le proteste di uomini di cultura, anche stranieri: «Abbattere questo superbo ornamento - scrive il «Times» - è uno dei più esecrabili oltraggi fatti all' arte e alla storia». Ma è una demolizione selvaggia. Molti pezzi si rompono o vengono dispersi nei magazzini comunali. Tanto che, quando nel 1898 si decide di rimontare il fontanone in piazza Trilussa, solo metà del materiale originario può essere utilizzato dall' architetto Angelo Vescovali.

CLAUDIO RENDINA