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Islam sciita. Il grande ayatollah Sistani vuole Najaf come capitale
Le bombe di Karbala riaccendono lo scontro tra sunniti e sciiti. E, all´interno di questi, tra il modello teocratico di Khomeini e quello "quietista" preferito in Iraq

di Sandro Magister                                    



ROMA - I sanguinosi attentati del 2 marzo a Karbala, a Baghdad e a Quetta hanno colpito i musulmani sciiti nel cuore della loro identità religiosa, nel momento culminante, l´ashura, della liturgia che attualizza il martirio del loro imam Hussein, nipote di Maometto, avvenuto proprio a Karbala il 10 di muharram dell´anno 61 dell´egira, corrispondente all´anno 680 del calendario cristiano.

Le centinaia di vittime degli attentati, donne, bambini, semplici fedeli, hanno riaperto nell´islam una doppia linea di frattura.

La prima, la più profonda, è quella tra sciiti e sunniti.

La seconda è interna agli sciiti. E riguarda la dottrina e la leadership.

* * *

La prima frattura risale alle origini dell´islam. Alla morte di Maometto si aprì la disputa su chi dovesse assumere il comando della comunità. Per gli uni il potere doveva essere affidato a un discendente del profeta: ed erano quelli del partito - la shia - di Alì, lo sposo della figlia di Maometto, Fatima. Per gli altri il califfo doveva essere eletto.

A prevalere furono questi ultimi, in seguito chiamati sunniti, quelli della sunna, la tradizione. Ma gli sciiti, da allora, hanno sempre giudicato il potere califfale usurpato e illegittimo. E hanno letto la propria storia come una storia di passione e martirio, annualmente celebrata con un dramma sacro collettivo, il taziyeh, nei primi dieci giorni del mese di muharram.

Oggi gli sciiti sono il 15 per cento dei musulmani nel mondo, 180 milioni in un centinaio di paesi. Sono maggioranza in Iran e in Iraq. In quest´ultimo paese sono tornati alla libertà con la caduta del regime di Saddam Hussein, che li aveva duramente repressi. E si candidano come la componente più forte del nuovo stato.

Ma proprio per questo sono i primi a essere presi di mira da attacchi terroristici. Dopo la cattura di Saddam Hussein, più della metà degli attentati in Iraq hanno colpito la popolazione e i luoghi sacri sciiti.

L´ideologia di Al Qaeda e di altri gruppi islamisti si nutre della frattura tra islam legittimo e illegittimo. Il wahhabismo che domina in Arabia Saudita e che ispira larga parte del terrorismo musulmano respinge come eretico e scismatico l´islam sciita. E fa di tutto per annientare la sua risorgenza in Iraq.

I mutamenti in Iraq, infatti, mettono in moto processi di cambiamento in tutto il Medio Oriente e il mondo musulmano, dovunque esistono importanti minoranze sciite: dal Pakistan all´Arabia Saudita, dalla Siria al Libano al Maghreb.

Anche l´Europa è passata attraverso guerre di religione intracristiane, e ne è uscita dandosi un ordine interstatuale e un pensiero ecumenico capaci di governare pacificamente le diversità.

L´islam invece non ha ancora elaborato un analogo ecumenismo per far pace tra sunniti e sciiti. Anche per questo il nation building in Iraq è cruciale terreno di prova.

* * *

La seconda frattura aperta dagli attentati del 2 marzo ha per epicentro i luoghi sacri sciiti.

Il maggior numero di vittime è caduto a Karbala, dove è sepolto l´imam Hussein. E altri attentati, questi scoperti in anticipo e sventati, avevano per obiettivo la vicina Najaf, luogo della tomba di Alì.

Karbala e Najaf sono le due città sante dell´islam sciita. Fino agli anni Ottanta, quando Saddam Hussein intensificò la repressione, vietò i riti del taziyeh e restrinse drasticamente la venuta dei pellegrini, Najaf era il massimo centro di formazione mondiale dell´islam sciita. Lì hanno studiato e insegnato i più rispettati ayatollah.

Negli ultimi decenni il centro mondiale di formazione sciita si è spostato a Qom, in Iran. Ma dopo la liberazione dell´Iraq il progetto di restituire il primato a Najaf ha trovato nuova vita e ha il suo leader riconosciuto nel grande ayatollah Sayyid Ali Husaini Sistani (nella foto).

Sistani è nato 73 anni fa in Iran, in un villaggio nei pressi di Mashad. A 5 anni imparò l´intero Corano a memoria, a 11 entrò in seminario, a 20 proseguì gli studi a Qom, nel 1952 emigrò a Najaf e divenne rapidamente il discepolo prediletto del grande ayatollah Abul Qassim Khoei, per quarant´anni la più alta autorità mondiale dell´islam sciita.

Khoei morì nel 1992, dopo che Saddam Hussein l´aveva messo agli arresti domiciliari, e Sistani fu riconosciuto come suo successore e amministratore della sua fondazione. Ma intanto il regime di Baghdad aveva chiuso le scuole, uccisi e arrestati molti insegnanti e decimato gli studenti, da 7000 a meno di 1000. Anche Sistani finì agli arresti e gli fu impedito di spendere in Iraq i denari offerti dai seguaci, fino al 20 per cento delle entrate, per la formazione dei chierici.

Sistani dirottò allora questi fondi all´estero. La fioritura di Qom, in Iran, come nuovo centro mondiale di formazione sciita dipese anche da lui. Arrivò a erogare a studenti e insegnanti di Qom, per borse di studio e stipendi, una media di 5 milioni di dollari al mese. E altrettanti ne fornì a scuole religiose sciite della Siria, del Pakistan, dell´India, dell´Azerbaigian.

Ma Sistani non era solo un grande imprenditore della formazione. Sosteneva - e sostiene tuttora - anche una precisa corrente di pensiero, la stessa del suo maestro Khoei e dei suoi predecessori degli ultimi due secoli: una corrente di tipo "quietista", secondo la quale il maestro insegna teologia, diritto e morale, chiede che i principi dell´islam siano rispettati nella vita pubblica, ma non reclama per sé il potere politico, né pretende di esercitare su di esso un controllo.

Questa corrente di pensiero è sempre stata preponderante a Najaf. L´ayatollah iraniano Khomeini, che visse in questa città dal 1965 al 1978 e sosteneva una tesi opposta, era del tutto isolato.

La tesi di Khomeini, alla quale poi diede corpo nel 1979 con la sua rivoluzione teocratica in Iran, era che "solo una buona società può creare buoni credenti". E conferiva ai chierici il potere politico necessario per instaurare la società perfetta.

Khoei e Sistani, al contrario, sostenevano che "solo buoni cittadini possono creare una buona società". E respingevano ogni idea di teocrazia. La dottrina sciita insegnata a Najaf negli ultimi due secoli ha sempre distinto lo spazio della politica da quello della religione. Se dei trasgressori della tradizione vi sono stati, questi sono piuttosto Khomeini e i suoi seguaci in Iran.

Ora che la libertà è tornata in Iraq, Sistani sta dando un fortissimo impulso alla rinascita di Najaf come capitale spirituale dell´islam sciita di tutto il mondo. Agli studenti di teologia garantisce un bonus di 25 dollari al mese. A poveri e bisognosi in tutto l´Iraq devolve decine di migliaia di dollari della sua fondazione. Ha creato una casa editrice che pubblica il mensile "Najaf Santa", voce dell´Hawza, che è il nome col quale si designa il complesso delle scuole e delle moschee della città. Ha in progetto la costruzione di nuove scuole, di case del pellegrino, di una università islamica e di una televisione satellitare.

Sayed Mohammed Ali Alwaez, imam del santuario sciita di Kazemiya, a Baghdad, ha detto d´aver ricevuto da Sistani 25.000 dollari alla fine dell´ultimo ramadan, grazie ai quali ha distribuito ai fedeli riso, carne e vestiti.

Ed è proprio davanti alla moschea di Kazemiya, a Baghdad, che il 2 marzo quattro esplosioni hanno fatto decine di vittime, nella stessa ora delle bombe di Karbala e del mancato attentato a Najaf.

Il 10 aprile era stato assassinato a Najaf l´imam Abdel Majid Khoei, figlio del grande ayatollah che fu maestro di Sistani.

Il 29 agosto, a Najaf, un´autobomba uccise più di 100 fedeli che stavano uscendo dalla moschea che custodisce la tomba di Alì. Con loro morì un altro imam moderato, Mohammad Baqr al-Hakim.

Lo scorso mese circolò la voce di un fallito attentato contro lo stesso Sistani, nella sua casa di Najaf.

E tutto questo proprio mentre un numero crescente di studiosi sciiti si prepara a lasciare Qom alla volta di Najaf. Un´emigrazione che non è solo geografica. Sayed Montazeri, figlio del grande ayatollah iraniano d´orientamento quietista Hossein Ali Montazeri, agli arresti a Qom, ha detto al "Wall Street Journal": "Entro un anno o due, Najaf diventerà un ambiente libero e aperto nel quale emigreranno i chierici dissidenti, e dal quale criticheranno la teocrazia clericale in vigore in Iran".

Tra Najaf e Qom, sono due visioni politiche e teologiche che si contendono il primato nell´islam sciita. La rinascita di Najaf influirà sugli equilibrii interni all´islam iraniano, indebolendo la corrente teocratica.

Una terza corrente sciita, estremista, è quella rappresentata da Muhammad Hussein Fadlallah, capo del ramo libanese di Hezbollah. Anch´egli ha fatto i suoi studi a Najaf, e durante la dittatura di Saddam Hussein ha tentato di creare in Libano una centrale per gli sciiti arabi, appoggiata dall´Iran. Ma Fadlallah è considerato dall´élite dei chierici un semplice politico, privo d´autorità spirituale. La rinascita di Najaf lo mette fuori gioco.

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Il sito ufficiale, in inglese, del grande ayatollah Sistani:

> sistani.org

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Sui legami tra Al Qaeda e le correnti wahhabite dell´Arabia Saudita, radicalmente ostili all´islam sciita, vedi questo saggio apparso su "Foreign Affairs". L´autore è professore di studi mediorientali a Princeton. Su "Il Regno" del 15 febbraio 2004 trovi la traduzione italiana:

> "The Saudi Paradox", by Michael Scott Doran, "Foreign Affairs", January/February 2004

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Un´analisi del politologo iraniano Amir Taheri sulla rinascita di Najaf come centro mondiale dell´islam sciita:

> "Shiite Schism", by Amir Taheri

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In questo sito, l´islam sciita e i suoi sviluppi a partire dal caso iracheno analizzati da Khaled Fouad Allam:

> Islam e democrazia in Iraq. Il martirio dei musulmani sciiti (1.9.2003)

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> SETTIMO CIELO. IL BLOG DI SANDRO MAGISTER

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4.3.2004 





 

 


 
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