Uno dei più grandi giocatori
mai espressi dal nostro calcio, l'uomo squadra per eccellenza. Nasce
calcisticamente in una squadretta aziendale, l'Alfa Romeo e attira sulla sua
persona le attenzioni del Bari. Quando però i galletti sembrano ormai aver
chiuso per il suo ingaggio, spunta il Venezia. Il primo torneo coi lagunari,
non è felicissimo. E' un giocatore in anticipo sui tempi, non la classica
mezzala dotata di grande tecnica, ma scarsa propensione alla corsa che
caratterizza quella epoca del calcio, ma un interno capace di spaziare su
tutto il campo e di abbinare la quantità in dosi industriali alla qualità.
Quando comincia a scaricare il contachilometri, è estremamente difficile
stargli dietro. A Venezia, fa coppia con un altro grande incompreso, Ezio
Loik, appena scaricato dal Milan e insieme fanno la fortuna dei neroverdi.
Quando la Juventus sembra ormai aver proceduto al loro acquisto, Novo opera
un vero e proprio colpo di teatro e mette in mano a Bennati, presidente
veneziano, l'assegno che dirime la controversia. E con questo atto, comincia
la costruzione del mito del Grande Torino. Gli inizi non sono esaltanti,
anche perchè la squadra granata gioca ancora col Metodo, ma quando Novo ed
Erbstein optano per il Sistema, i due diventano una vera e propria ira di
Dio. Valentino, in particolare, diventa il simbolo di una squadra senza
eguali. La sua debordante e straripante vigoria fisica, colpisce
l'immaginario collettivo. Difende e attacca con eguale efficacia, quando
salta di testa è praticamente impossibile prendere il pallone e se gli
avversari lo fanno arrabbiare, chiama i compagni al forcing, il famoso
quarto d'ora con cui il Grande Torino ribalta gare che sembravano perse. A
Roma, dopo aver chiuso il primo tempo in svantaggio di una rete, sente
qualcuno dire che il giallorosso Valle gli sta impartendo una lezione di
calcio. Chiama i compagni e gli dice che è arrivato il momento di giocare:
il risultato finale sarà un catastrofico, per la Roma, sette ad uno per il
Torino. Qualche problema lo ha invece con la Nazionale. In maglia azzurra,
il nervosismo indotto dalle grandi attese, gli impedisce nei primi tempi di
esprimere tutta la sua classe, anche se poi comincia a calarsi nella parte.
E' uno dei giocatori più attesi in vista del Mondiale del 1950, in Brasile,
ma non farà in tempo ad andarci. Il 4 maggio del 1949, infatti, l'aereo che
stava riportandolo a casa, insieme ai compagni del Grande Torino, va a
schiantarsi contro il muraglione della Basilica di Superga. Nella sciagura,
la più grave di tutti i tempi per il calcio italiano, perisce tutta la
squadra che aveva fatto sognare gli italiani e che era diventata il simbolo
dell'Italia che stava per ricostruirsi dopo le distruzioni della Seconda
Guerra Mondiale. Comincia la lunga notte del calcio italiano... |