Anno | 2023 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Spagna |
Durata | 113 minuti |
Regia di | Lois Patiño |
Attori | Amid Keomany, Simone Milavanh, Mariam Vuaa Mtego, Juwairiya Idrisa Uwesu Toumor Xiong. |
Uscita | giovedì 23 maggio 2024 |
Tag | Da vedere 2023 |
Distribuzione | ExitMedia |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,34 su 4 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 21 maggio 2024
Un'anima affronta il suo viaggio per la reincarnazione. In Italia al Box Office Samsara ha incassato nelle prime 3 settimane di programmazione 22,9 mila euro e 21,1 mila euro nel primo weekend.
CONSIGLIATO SÌ
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Un viaggio documentario dal Laos alla Tanzania alla ricerca del senso più profondo del ciclo vitale secondo la filosofia buddista. Dall'osservazione dei giovani monaci che pregano, lavorano e imparano i sacri libri alle donne africane musulmane che raccolgono e conservano le alghe, mentre insegnano alle proprie figlie che vegetali e animali sono sacri, perché potrebbero racchiudere le anime di vite precedenti. Tutto può essere buddista secondo il terzo lungometraggio del galiziano Lois Patiño, a prescindere dalla religione professata.
Estatico, paziente, a tratti sublime ma anche aritmico, Samsara è un viaggio verso territori lontani che, in realtà, si rivelano delle esplorazioni intime e profonde della nostra anima.
"Un film da vedere con gli occhi chiusi". L'ossimoro alquanto paradossale si presta invece perfettamente alla fruizione di Samsara di Lois Patiño, giovane regista galiziano dallo sguardo già personale e riconoscibile. Premiato dalla giuria della sezione Encounters di Berlinale 73, come si evince dal titolo, si tratta di un film documentario che mette al centro il ciclo vitale secondo il buddismo ma invece di ragionarvi tematicamente, ne incorpora visivamente e drammaturgicamente la sostanza. In altre parole, Samsara è un film buddista sul buddismo, da esperire più che da guardare, e in tal senso appunto si può "vedere a occhi chiusi".
Girato in
Le parole diventano immagini, e al momento della dipartita della donna, ecco che il film cambia di segno e "trasmuta" da documentario di osservazione a documentario di partecipazione, di esperienza appunto. Una voice over invita a chiudere gli occhi e a riaprirli quando smetteranno musica e rumori. Il richiamo è alla fiducia del filmmaker che desidera la condivisione meditativa della sala di proiezione. Fidarsi, non fidarsi: la scelta è del singolo spettatore, il film è quello che lui o lei vorranno che sia, il testo perde di oggettività assoluta per farsi pirandellianamente relativo.
In quel lasso di spazio/tempo tutto o niente può accadere, ma sbirciando si scorgono i colori di cui lo schermo viene invaso accompagnati da suoni di ogni intensità. Una esperienza ipnotica cha aiuta di fatto a trascendere la visione e conforta la ragione dell'ossimoro di cui sopra. Ma Patiño non ha concluso di sorprenderci, giacché alla riapertura del senso della vista, il film è già altrove. È migrato in Tanzania, in quell'Africa non buddista bensì musulmana che tuttavia conosce e rispetta vegetali e animali. È possibile dunque che l'anziana signora del Laos si sia reincarnata in una capretta africana o addirittura in un'alga accuratamente raccolta, pulita, conservata e trasformata dalle lavoratrici locali. O perché no, in una medusa, il cui invecchiamento coincide al ringiovanimento, così da chiudere il ciclo.
Dire che la sequenza migliore di un film è quella in cui il pubblico è esplicitamente invitato a chiudere gli occhi pare un commento poco lusinghiero, ma non nel caso di Samsara. Al suo terzo lungometraggio Lois Patiño lascia i natii paesaggi galiziani dei precedenti documentari sperimentali e approccia i moduli più narrativi di un cinema slow e girovago, che attraversa e connette punti disparati del [...] Vai alla recensione »
Amid è un ragazzo che frequenta i templi buddisti del Laos. Tra le vesti arancioni la sua maglietta grigia si confonde con il paesaggio sottostante, un luogo di natura e bellezza. Con sé porta il "libro tibetano dei morti" e ogni giorno si reca da una signora anziana e malata, stretta al letto, che tra una pagina e la successiva sussurra: Voglio reincarnarmi in un animale.
Ci sono ancora registi che si ostinano a usare la pellicola, in