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Spidlik e Caffarra, la strana coppia uscita dalla mente del papa


Spidlik e Caffarra, la strana coppia uscita dalla mente del papa

Il primo è un grande ecumenista, ponte tra la teologia e l´arte d´Oriente e d´Occidente. Il secondo è un implacabile cacciatore di eretici. Ma Giovanni Paolo II li predilige entrambi. E li ha promossi

di Sandro Magister                                    




ROMA -ÊTra le recenti nomine di spicco, ve ne sono un paio che sono opera di Giovanni Paolo II in tutto e per tutto. Lui in persona le ha ideate, volute, attuate. E sembrano l´una il contrario dell´altra.

La prima nomina è di un cardinale. Il suo nome è Tomas Spidlik, ha 84 anni, è moravo, è gesuita, e per una vita ha studiato e insegnato teologia e spiritualità dell´oriente cristiano. Nel 1995 Giovanni Paolo II lo chiamò a predicare la Quaresima in Vaticano, indice di grande predilezione. E nel 1996 gli affidò di ricreare a modo suo la più grande delle cappelle papali private. Ne venne un capolavoro d´arte cristiana (nella foto un particolare) con forte impronta d´oriente, nel cuore del patriarcato di Roma e d´occidente. Forse il più grande atto ecumenico del pontificato di Karol Wojtyla.

La seconda nomina è di un arcivescovo, Carlo Caffarra, promosso il 16 dicembre da Ferrara a Bologna, al posto di un cardinale di prima grandezza, Giacomo Biffi, ritiratosi per età. Anche Caffarra è un prediletto del papa, che l´ha utilizzato più volte come suo ghostwriter. Anche Caffarra è teologo, come Spidlik e come lo stesso Biffi. Ma quanto diverso da entrambi! I suoi temi prediletti sono la famiglia, la procreazione, il sesso. Il suo argomentare è geometrico, contrappositivo. Se Biffi fa venire in mente sant´Ambrogio e Spidlik il Monte Athos, Caffarra ricorda piuttosto monsignor Umberto Benigni, nemico implacabile dei modernisti d´inizio Novecento.

Ma anche di questi contrasti si nutre il pontificato di Giovanni Paolo II. E altrettanto contrastata sarà la sua eredità. Ecco qui di seguito i profili paralleli dei due neopromossi. Il primo, Spidlik, letto alla luce dei mosaici da lui ideati per la nuova cappella papale. Il secondo, Caffarra, messo a confronto con il suo grande predecessore a Bologna, Biffi. I due articoli sono entrambi usciti su "L´espresso", il primo quando la cappella fu inaugurata, il secondo pochi giorni fa:


1. Tomas Spidlik, la teologia che si fa arte ecumenica


C´è un Vaticano segreto e il più segreto di tutti solo il papa te lo può mostrare. È nella seconda loggia dei Palazzi Apostolici, pochi passi lontano dalla cappella Sistina e dagli affreschi di Raffaello. Lì c´è una porta con scritto sopra "Redemptoris Mater", madre del Redentore. E per chi vi entra è come l´ottava beatitudine.

Anche Giovanni Paolo II ne è stato incantato, la prima volta che l´ha vista, il 14 novembre 1999. Ha esclamato: "Ma queste sono visioni d´Apocalisse".

Questa meraviglia è accessibile solo agli ospiti personalissimi del papa, quelli che invita alla sua messa mattutina. Perché "Redemptoris Mater" è il nome della seconda cappella privata del papa, la più grandicella delle due, quella in cui dice la messa una, due volte la settimana, quando i suoi ospiti sono qualche decina e nell´altra non riescono a starci.

Fino al 1996 la cappella era una stanza quadrata anonima, coi damaschi alle pareti. Ma ecco la fulminea metamorfosi. I cardinali avevano donato una somma al papa per il suo cinquantesimo di sacerdozio e il papa decise di spenderli per il rifacimento integrale della cappella. Lui un sogno in testa l´aveva: creare un monumento d´arte e di fede, in Vaticano, che fosse simbolo dell´unione tra l´Oriente e l´Occidente, tra Bisanzio e Roma. E a chi affidò la realizzazione del sogno? A due gesuiti che avevano fatto non poco per accenderlo.

Il primo, Tomas Spidlik, moravo, gli aveva predicato la quaresima nel 1995, ed è studioso di prima grandezza della teologia d´oriente. Il secondo, Marko Ivan Rupnik, sloveno di Zadlog, è anche lui teologo che guarda a levante, ma prima ancora artista. Dirige a Roma, in un palazzetto liberty vicino alla basilica di Santa Maria Maggiore, il Centro Ezio Aletti, luogo d´incontro tra studiosi ed artisti dell´est e dell´ovest d´Europa. E di lui, Giovanni Paolo II aveva ammirato nel 1993 proprio alcuni dipinti: in creativo equilibrio tra iconografia bizantina e arte occidentale antica e moderna.

Rupnik era già allora pittore di genio. Ma mai s´era cimentato con l´impresa di decorare a mosaico 600 metri quadri d´una chiesa. Trasferì il suo atelier dentro le quattro mura della cappella vaticana. Creò come una bottega medievale, con gli assistenti, uomini e donne, venuti da mezza Europa e affinatisi nel Centro Aletti. Chiamò altri artisti a fare opera corale: un russo ortodosso, Alexander Kornoukhov, a raffigurare sulla parete dietro l´altare la Gerusalemme celeste in puro stile d´oriente, ieratico, sognante; un mosaicista di Spilimbergo, Rino Pastorutti, a eseguire la volta arcuata, col Cristo Pantocratore; sempre però sulla traccia di una visione unitaria, concepita da Rupnik e dal suo maestro Spidlik.

E della bottega antica era anche il loro modo di lavorare. Con le pietre tagliate a mano una a una, milioni, fatte venire anche da lontano, dalla Val Camonica, dalle Alpi Giulie, da fiumi, da spiagge, compresi ciottoli e conchiglie. Con gli smalti creati a Spilimbergo, con gli ori fusi a Venezia, a sfoglia, a pasta. E con l´idea di far parlare le pietre anche nella loro venatura e tonalità naturale, nella loro dimensione variegata, da 2 millimetri a 25 centimetri.

E quale esplosione visionaria, nelle tre pareti a mosaico che Rupnik ha non solo disegnato ma eseguito di persona! Niente interrompe il "continuum" delle figure e dei colori, rossi, blu, oro, bianco avorio, tutti a far da tramatura di un racconto che è quello del Figlio di Dio che discende tra gli uomini perché gli uomini risalgano al Padre, fino al trasfigurante compimento del tutto nella seconda venuta del Cristo e nella risurrezione finale dei corpi. La visione è teologia pura, rarefatta. Ma non c´è come la storia biblica a renderla concreta, vibrante, narrante.

Sulla parete della discesa di Dio, il Natale è delicata sepoltura del divino infante in fasce che sono sindone e in culla che è sarcofago, profezia della sua sepoltura. E anche il battesimo nel Giordano vede Gesù, in gesto di croce, sprofondare nell´abisso acqueo dell´uomo peccatore. Fino alla discesa negli inferi, che è però anche la risurrezione di Gesù, e con lui di Adamo, di Eva, dei progenitori, tirati fuori dal regno dei morti, con le tombe di tutti scoperchiate dal terremoto del risorto. Eva ha la stessa movenza di quando nell´Eden colse il frutto di morte, ma ora le sue mani si protendono ad accarezzare la mano di Cristo.

Attorno a questa discesa di Dio nel mondo è tutto un vorticare di petali fiammeggianti, del fiore cosmico che il risorto fa sbocciare. E di immagini della salvezza che raggiunge ogni peccatore. Gesù siede a tavola con loro, proteso sulla peccatrice che gli versa il profumo sui piedi. Lava egli stesso i piedi ai discepoli. Imbandisce la mensa alla pagana che chiedeva solo le briciole. Si fa riconoscere figlio di Dio, sulla croce, dal centurione, anche lui straniero, senza volto come tutti i lontani, però guardato e riconosciuto e amato da Maria.

La parete di fronte raffigura la risalita dell´uomo a Dio. Ed è anch´essa un gran fiammeggiare di luci e figure, pioggia di fuoco di Pentecoste che avvolge e fa fiorire la terra. Anna e Gioacchino quasi ballano attratti da Dio in un vortice di amore nuziale. Il buon samaritano e il ferito (vedi foto) hanno ormai lo stesso volto, e una sola aureola li avvolge. Le gocce di fuoco tornano a Dio come martirio: quello di san Paolo come quello dell´ebrea Edith Stein, col filo spinato di Auschwitz che avvolge il roveto ardente, simbolo di Mosé e del monachesimo.

Ma la più strabiliante è la parete d´ingresso, quella degli ultimi tempi. Il Cristo giudice balza vivido dal divino vortice vermiglio, sacerdote della liturgia eterna del paradiso, con Adamo ed Eva che ritrovano l´albero della vita - perduto nell´Eden primigenio - proprio nella croce che decora l´altare celeste. E attorno al Cristo degli ultimi tempi è il fluire dei tempi penultimi, tutti ricapitolati in lui. Mosé che apre il Mar Rosso. Noè che salva dal diluvio le creature nell´arca. Giona con l´immane balena che si tuffa nei flutti, dopo averlo rigettato alla vita. Le schiere dei martiri, coi loro nomi scritti nella lingua di ciascuno, cattolici e di altre confessioni: come la luterana Elizabeth von Tadden, uccisa dai nazisti, o l´ortodosso Pavel Florenskij, vittima dei sovietici. E poi i risorti senza nome né fama, ma ora tutti segnati dal "tau" della salvezza, su una terra lucente di sole: il bambino con la palla, il pittore con la tavolozza, il tecnico col computer. In un angolo sbuca Giovanni Paolo II con in mano il modello della chiesa: da bravo committente.

E nell´angolo basso opposto a quello del diluvio, c´è il giudizio finale. Ma dove sono i dannati? L´arcangelo Michele appoggia la mano sulla bilancia per dare più peso alle opere buone. E nella macchia rossa dell´abisso precipita solo un demone nero. Più giù c´è una tenda. Nessuno vede chi c´è dietro. Centomila? Uno? Nessuno? Il Cristo è giudice in quanto Cristo che salva: quelli che afferrano l´offerta della sua mano. Su chi la rifiuta è silenzio, mistero. Oltre che pietra miliare dell´arte, questo stupefacente mosaico è capolavoro di grande teologia.


[Da "L´espresso" n. 49 del 9 dicembre 1999]


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2. Carlo Caffarra, la teologia che si fa martello degli eretici


Una volta, a Bologna, quando lo Stato della Chiesa arrivava fin lì, il papa mandava il suo cardinal legato. E oggi è lo stesso. Il nuovo arcivescovo e futuro cardinale Carlo Caffarra, promosso a Bologna il 16 dicembre, è in tutto un uomo del papa. È Giovanni Paolo II in persona che lì l´ha voluto, fortissimamente. Tra gli applausi dei movimenti cattolici che sia il papa, sia Caffarra più amano: Comunione e liberazione e Opus Dei.

Il predecessore, Giacomo Biffi, era tutt´altra tempra. Aveva fama di conservatore irriducibile, ma non di papalino. I grandi cardinali ambrosiani - e Biffi era milanese purissimo - non sono stati mai succubi alla sede di Roma. Obbedienti nella fede al successore di Pietro, ma decisi a dire la loro nelle materie opinabili. Biffi è stato l´unico, tra tutti i cardinali d´Italia e del mondo, a scrivere nero su bianco le sue critiche alle decisioni più ardite di Giovanni Paolo II: i meeting interreligiosi di Assisi e i mea culpa per i misfatti passati della cristianità. E su un´altra cosa Biffi non ha mai collimato con papa Karol Wojtyla: sul matrimonio, sul corpo e sul sesso martellati come fossero la misura dell´intera fede cristiana.

Per Caffarra, invece, è proprio lì che l´ortodossia o cade o sta in piedi. Quando nel 1995 arrivò a Ferrara come vescovo fresco di nomina, e tra i vari ceti e categorie incontrò i professionisti del foro, disse loro che c´è una cosa e una sola che fa la differenza tra gli uomini e le bestie: il matrimonio. Incurante che tra i presenti vi fossero fior di divorziati, e che tutti lavorassero a separare le coppie.

Il non guardare in faccia, anche alla lettera, l´interlocutore è un´altro dei distintivi del nuovo arcivescovo di Bologna. Biffi temperava d´umorismo manzoniano le sue staffilate antimoderne. Caffarra le esaspera, convinto che "secondo l´Apocalisse in Babilonia resteranno solo due profeti e anche questi verranno uccisi. Siamo incamminati verso questa situazione". Una volta paragonò se stesso a sant´Atanasio, il difensore della fede che nel IV secolo combatté in solitudine l´eresia ariana, che aveva conquistato quasi tutta la Chiesa, e la vinse. "Le mie tesi sono opposte a quelle del 99 per cento degli altri? E allora dico che il 99 per cento sbaglia".

La sua carriera ecclesiastica cominciò infatti proprio con l´enciclica più criticata e disobbedita del Novecento, l´"Humanae Vitae" pubblicata da Paolo VI nel 1968. Tra i difensori, già pochi, del nocciolo dell´enciclica - la condanna dei contraccettivi non naturali - Caffarra fu il più estremista: arrivò ad equiparare l´uso della pillola e del preservativo a un omicidio ripetuto. Anzi, a più che un omicidio, perché, a differenza di questo, per la contraccezione non ci sarebbe deroga che tenga, neppure per legittima difesa.

Il papa, che intanto era diventato Giovanni Paolo II, gli diede ragione e prese a utilizzare il giovane professore di morale Caffarra come proprio ghostwriter per i discorsi e le encicliche che riguardavano la famiglia e la procreazione. Dalla natia Fidenza, Caffarra si trasferì a Roma, si installò come consultore nella congregazione per la dottrina della fede (nonostante le riserve del cardinale Joseph Ratzinger su certi suoi eccessi) ed ebbe in dote dal papa un intero pontificio istituto, intitolato a Giovanni Paolo II e tutto dedicato agli studi su matrimonio e famiglia.

Apogeo di Caffarra come esperto di fiducia del papa fu un convegno da lui organizzato in Vaticano nel novembre 1988, nel ventennale dell´"Humanae Vitae". Dalla tribuna, accusò di "antiteismo" i teologi dissenzienti e reclamò provvedimenti disciplinari contro i vescovi che li autorizzavano a insegnare nelle rispettive diocesi. Di qualcuno degli eretici fece anche il nome, in particolare di Bernhard Haering, il più celebre e universalmente stimato dei teologi moralisti del dopoconcilio. E questi reagì con una lettera aperta al papa, una specie di appello al disarmo: il papa metta un freno ai suoi moralisti di fiducia e li faccia smettere dall´accusare d´eresia i dissenzienti; a cominciare da Caffarra, che Haering giudicava in preda a "delirio teologico".

Ma, tra Haering e Caffarra, Giovanni Paolo II non aveva dubbi, optava per il secondo. Continuò ad avvalersi di lui come suo scrivano e nel 1995 lo fece vescovo, a Ferrara. E poi, un quinquennio più tardi, gli garantì la promozione a una sede cardinalizia nell´Italia del nord. Tra i vescovi italiani Caffarra rimaneva un isolato e infatti, quando man mano si liberarono le sedi di Torino, di Firenze, di Venezia, di Milano, di Genova, nessuno si mobilitò a sostenerne la candidatura. Restava a quel punto solo Bologna, messa a disposizione nel 2003 da un Biffi in piena salute ma decisissimo a tornare ai suoi studi, una volta compiuti i 75 anni canonici. E papa Wojtyla fece scattare la sua opzione. Da teologo e da parroco Biffi - parola sua - ebbe successori "che disfecero tutto quello che avevo fatto". Da vescovo chissà.

[Da "L´espresso", n. 1 del 2-8 gennaio 2004]


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Sui mosaici della cappella papale "Redemptoris Mater", che hanno avuto tra gli ideatori Tomas Spidlik, oggi cardinale, la Libreria Editrice Vaticana (telefono +39.0 669885003) ha pubblicato nel 1999 un grosso volume con splendide foto di Aurelio Amendola e con saggi di Mariano Apa, Olivier Clément, Crispino Valenziano.

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Il link al centro di studi sull´Europa cristiana d´occidente e d´oriente, di cui il neocardinale Spidlik è membro fondatore:

> Centro studi e ricerche Ezio Aletti

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In questo sito sul cardinale Biffi, predecessore di Carlo Caffarra come arcivescovo di Bologna:

> Giacomo Biffi vescovo, l´ultimo dei grandi Ambrosiani (28.10.2002)

E sulla genesi dell´"Humanae Vitae", enciclica faro del neoarcivescovo di Bologna, Caffarra:

> "Humanae Vitae". La vera storia della sua gestazione (9.7.2003)

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5.1.2004 

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