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La scorribanda legale di Silvana Calabrese: Ironia

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giovedì 28 giugno 2018

Italia. Dalle origini ai giorni «mostri»

Italia Bel Paese in declino Silvana Calabrese Blog
     Non v’è ombra di errore in quanto scritto poiché sono giorni mostruosi, quelli odierni, in cui il paradosso è di casa. Esistono radici storiche in grado di spiegare il declino del nostro paese, ma noi le ignoriamo perché auto lobotomizzati dalla sempre più diffusa «sindrome del libro vergine o intonso». Questo spiega come mai siamo all’oscuro del fatto che all’alba dell’Unità il paese si presentava altamente frammentato sotto molteplici aspetti; così come non sappiamo che nei due conflitti mondiali l’Italia non era interventista per vocazione, ma dimostrò opportunismo sia quando abbandonò l’Alleanza, optò per la neutralità e poi si unì all’Intesa, che quando voltò le spalle all’Asse firmando l’armistizio con gli Alleati. Sia pur in maniera reticente, i manuali di storia concedono qualche indiscrezione sulla debolezza caratteriale dell’Italia.
     Viviamo una crisi economica fittizia, trattasi di crisi della mentalità: piagnucoliamo per il tetto di spesa dei libri di testo e ci mettiamo in coda nei negozi di capi griffati.
     Ci affligge un indice di vecchiaia in impennata sotto il quale soccombono i giovani, le pedine del ricambio generazionale, che mai giocheranno le loro mosse in condizioni di perenne immortalità degli anziani lavoratori. Negli States i giovani Scout vendono biscotti a chiunque con successo e i bambini allestiscono il caratteristico banchetto delle limonate cominciando a comprendere il valore del danaro e del lavoro. In Italia micro imprese simili non possono attecchire, è troppo ostico incontrare il favore o la comprensione di uno stormo di consumatori il cui amore sconfinato è rivolto verso gli abiti firmati o l’ennesimo cellulare intelligente.
     Con l’atteggiamento di un pargoletto dispettoso non ci proviamo nemmeno a fare la raccolta differenziata o a spegnere la luce superflua a casa e sul posto di lavoro, che il pianeta crepi! Siamo inguaribilmente incapaci di assumerci le nostre responsabilità e sicuramente affetti da una forma di atrofia mentale che paralizza ogni possibile tentativo di cambiare lo status quo a partire dalle singole azioni quotidiane. Abbiamo imparato ad assecondare il tormentone «I giovani devono lasciare l’Italia e cercare la realizzazione altrove» senza maturare la cognizione che queste parole rappresentano il sanguinoso fallimento dell’intero paese e dei suoi abitanti, tutti. Giunti ai giorni «mostri», la locuzione «Bel Paese» assume automaticamente un significato sarcastico. 
     Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 1 dicembre 2013, p. 20.

lunedì 25 giugno 2018

I libri nuocciono alla salute. È salvo chi non legge

L’ultima barzelletta: i libri nocivi alla salute
Un nuovo allarme globale è stato diramato. Riguarda i libri. Pare che nuocciano gravemente alla salute. La colpa ricade su: la carta su cui sono stampati, l’inchiostro dei loro caratteri, il filo di refe col quale sono brossurati e la colla a caldo che ne salda insieme i fogli sul dorso della copertina.
Il veicolo attraverso il quale il messaggio di un libro giunge al pubblico è la carta, nei cui invisibili pori si annida una specie di batteri molto rara, la «abbassus letturam». Si insinua nell’organismo umano mediante le respirazione e trova una sede permanente, nonché rampa d’attacco, negli alveoli polmonari.
I libri nuocciono gravemente alla salute Silvana Calabrese Blog
La rilegatura cucita a filo di refe/brossura, prestigiosa e resistente, è l’habitat del parassita «vade retro liber», noto per le irritazioni cutanee che provoca.
Se i fogli di carta usomano vengono fresati e incollati a caldo, il collante impiegato determina delle malsane esalazioni, inodore e incolore, di tossine che causano congiuntiviti ricorrenti e recidivanti indomabili anche a seguito dell’applicazione di potenti antibiotici.
Su quei gruppi di sedici pagine, detti in gergo tipografico–editoriale sedicesimi, cucite fra di loro viene impresso l’inchiostro (sostanza di varia natura e composizione chimica), vera e propria arma letale che attraverso il derma raggiunge la circolazione sanguigna.
Ecco spiegati scientificamente gli effetti descritti all’unisono dai lettori: calo della vista, rossore oculare, attacchi d’ansia e di panico e orticaria.
I lettori si interrogheranno sulla fondatezza delle mie affermazioni. Verità o menzogna? Trattasi di una burla, di uno scherzo, di un falso volto a mettere in moto il contorto meccanismo della proibizione che scatena la tentazione. È infatti noto che le persone desiderano ardentemente ciò che viene loro proibito, specialmente se ne ignoravano l’importanza prima dell’imposizione del divieto.
I libri non possono che avere proprietà benefiche per la mente che da quei rettangoli di carta trae nutrimento e linfa vitale per le facoltà intellettive. 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 1 settembre 2012, p. 20.

sabato 16 giugno 2018

Il vero cellulare smart è quello ipotecnologico

Silvana Calabrese blog La scorribanda legale
La prima telefonata con un cellulare risale al 1973. Dieci anni dopo si produsse un modello di telefonino dal costo proibitivo. In seguito la maggiore accessibilità dei prezzi e il desiderio dei consumatori di esternare uno status symbol hanno determinato l’evoluzione della telefonia mobile e la sua propagazione inarrestabile. Ogni cittadino fuori dalla propria abitazione poteva telefonare in autonomia senza dover cercare una cabina telefonica. L’invio degli SMS ha permesso comunicazioni brevi e meno esose di una telefonata. Parallelamente si sono sviluppati studi e ricerche sugli effetti nocivi delle onde elettromagnetiche sulla salute dell’uomo, ma i risultati sono ignorati come la scritta “il fumo uccide” sui pacchi di sigarette. Anche il codice della strada si è espresso sull’uso del cellulare. Eppure il segno di una società in progress era solo agli albori. Infatti nel Terzo millennio approda nelle nostre vite lo smartphone, il cellulare intelligente. È un telefonino multimediale con capacità di memoria, acquisizione dati e connessione. Le sue dimensioni ridotte permettono di tenerlo sul palmo della mano (anche di mani anagraficamente sempre più piccole) perennemente. Ha un sistema operativo, riproduce musica, scatta foto, gira video, naviga in rete, legge la posta elettronica, invia e-mail, scarica videogiochi e tante applicazioni ed è touchscreen. Con uno smartphone siamo sempre connessi ai social e non perdiamo una notifica. I nuovi modelli esordiscono sul mercato con prezzi elevati e non restano sugli scaffali, ma vengono acquistati con sollecitudine. Ci si lamenta dei tetti di spesa dei libri scolastici, ma non ci si priva dell’ultimo smartphone. Il successo di questi dispositivi mobili è la versatilità garantita dalle applicazioni e dalla connessione web, un antidoto alla noia o al vuoto nato dall’incapacità di occupare il nostro tempo altrimenti. Il loro pregio è l’infaticabilità perché non vengono mai spenti, né in carica, né di notte e nemmeno in volo (modalità aerea o volo). Poiché la vita è ben più ampia del display ultratecnologico, esistono ancora emergenze che inducono a inoltrare o ricevere telefonate o SMS urgenti. Messaggi e chiamate: i cardini di una telefonia cellulare sempre più stremata dall’utilizzo eccessivo. È così che quando serve per il suo scopo primario, lo smartphone va in tilt. Ambientalisti e detrattori degli smartphone, nonché possessori dei vecchi modelli di telefonini (sempre funzionanti), possono a gran voce affermare che il vero cellulare “smart” è ipotecnologico. 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 19 ottobre 2015, p. 12.

giovedì 14 giugno 2018

Una nuova malattia ci affligge, l’iperconnessionemia

Proviamo a guarire per un giorno dalla mania dell’iperconnessione 
Quando ci sottoponiamo ad un esame del sangue per monitorare le nostre funzioni vitali e l’esito del nostro stile alimentare e di vita, ci preoccupano spesso i valori che corrispondono alla nomenclatura sideremia, calcemia, bilirubinemia, glicemia, azotemia, ma in particolare colesterolemia. Quando quest’ultima propende verso alti livelli, si sposa con il prefisso iper: ipercolesterolemia. In questo caso si ricorre ad ulteriori controlli a carico dell’apparato cardiovascolare che potrebbe risultare compromesso. Cerchiamo di curarci o ci dimostriamo incuranti.
Silvana Calabrese bandiera italia blog La scorribanda legale
Al giorno d’oggi, sta per essere riconosciuta come malattia sociale l’iperconnessionemia. L’anamnesi di questo morbo ci rivela che inizialmente il web si è proposto come prodigio, come macchina perfetta (analogamente al corpo umano) poiché permetteva la divulgazione istantanea di notizie. Inoltre internet ha aperto ai giovani ed ai meno giovani fiorenti prospettive di lavoro e di collaborazioni a distanza. Con l’avvento dei social network il flusso è mutato: all’iniziale libertà d’espressione garantita dalla stessa Costituzione è subentrata una libertà cancerogena, ossia una perdita di limiti. I webnauti hanno cominciato ben presto ad abusare di quella forma di democrazia facendola sconfinare nell’anomia, o se volete nell’anarchia. I meccanismi di censura sono fittizi e tutti gli utenti possono agire restando impuniti ed usufruendo dell’anonimato. Gli impieghi della rete sono plurisfaccettati, ma riconducibili ad un unico motore: la nostra capacità di gestirci. Abbiamo deteriorato quell’enzima che ci consentiva di riconoscere il momento in cui l’adsl doveva essere spenta affinché potessimo metabolizzare la vita virtuale condotta. Di conseguenza soffriamo di una patologia nota come dipendenza dal web. L’ingresso di palmari e smartphone nel quotidiano ha accelerato la dipendenza rendendola irremeabile. Se il vostro primo pensiero al mattino è quello di collegarvi al profilo social e ripetete la stessa operazione la sera prima di andare a letto, sappiate che non si tratta di amore, bensì di dipendenza. Se a motivarvi è la paura di rimanere esclusi dalle attività sociali, in realtà vi siete isolati automaticamente dietro quel display. Abbiamo stretto un patto col diavolo nel momento in cui abbiamo impugnato un joystick, acquistato un tablet e adagiato sul palmo della mano uno smartphone. Potrei sbagliarmi, ma proviamo a vivere un giorno senza questi gingilli! 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 20 novembre 2014, p. 24.

venerdì 8 giugno 2018

Le prodezze della telematica non ci fanno vivere meglio

È come se il cavernicolo avesse il pc 
Silvana Calabrese Blog La Scorribanda Legale
Per telematica si intende l’insieme delle applicazioni derivate dall’integrazione dell’informatica con le telecomunicazioni, basate sullo scambio di dati o sull’accesso ad archivi attraverso la rete telefonica. Fare qualcosa per via telematica vuol dire facilitarsi la vita. Eppure… è come se il cavernicolo avesse il pc, perché non ne abbiamo mai sfruttato al massimo le capacità oppure perché sfruttandole le abbiamo rese nocive. Il primo capo d’accusa riguarda la rete wireless (letteralmente senza fili), mediante la quale i computer sono connessi tramite segnali radio anziché tramite cavi. Tra i vantaggi sono incluse la mobilità e l’assenza di antiestetici cavi. Non staremo forse invadendo l’etere con tutte queste onde e microonde? Non erano già stati condotti degli studi sugli effetti cancerogeni cagionati dal cellulare?
Pensato per sopravvivere a una guerra atomica, Arpanet nacque nel ’69 collegando quattro computer statunitensi. Ma il World Wide Web come lo conosciamo sorse negli anni ’90 nel Cern di Ginevra. Oggi è alla portata dei bambini ancor prima che degli adulti, cela dei rischi e saperlo usare intelligentemente è una virtù. Basta un clic per inviare un messaggio quasi istantaneo all’altro capo del globo, ma basta lo stesso clic per caricare su YouTube un video di natura violenta.
Le rubriche telefoniche hanno perso alcuni contatti di abbonati e così andiamo a cercare una vecchia conoscenza sul social network Facebook. Si preferisce inviare un’e-mail piuttosto che udire una voce al telefono, invenzione che agli esordi sembrava mettesse in contatto con l’aldilà.
Enti locali A.Di.S.U. e Asl, nonostante le prodezze della telematica, non riescono a mettersi in contatto con le segreterie universitarie o con gli uffici Caf per ottenere una verifica istantanea dei dati dichiarati. Le iscrizioni ai corsi di formazione si effettuano on-line, ma resta sempre una parte cartacea da stampare e consegnare di persona. Libri e giornali si estingueranno per lasciare posto alle edizioni elettroniche? I dati Istat e i risultati di uno studio della Commissione europea sono più che eloquenti: l’uso del pc e la navigazione coinvolge maggiormente i giovani tra i 15 e i 19 anni e questo stesso segmento di popolazione fa fatica a leggere e a scrivere come dimostra la drastica riduzione di temi e lettere, il tutto accompagnato da una lingua sempre più contratta. 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 27 settembre 2012, p. 40.

sabato 2 giugno 2018

L’egemonia culturale della tecnica. Ci mette spalle al muro

Quando è nata la carta di credito, in molti se ne sono immediatamente muniti. Non hanno pensato che erano in procinto di assecondare un meccanismo perverso, la loro mente era concentrata sull’idea che possederla avrebbe consentito loro un vanto sociale. Lo stesso discorso vale per gli strumenti tecnologici. La loro incessante e continua evoluzione conduce a problemi di incompatibilità di software, che tradotto in parole semplici indica l’impossibilità di utilizzare uno strumento acquistato l’anno prima. O ci si aggiorna, spendendo denaro, o ci si iscrive nella lista nera del divario digitale. 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 25 maggio 2014, p. 14.
Silvana Calabrese Blog La Scorribanda legale  San Francisco


giovedì 24 maggio 2018

Crisi? Debito pubblico? Riproponiamo la tassa sul celibato?

Tassa sul celibato. Matrimonio Sposi Silvana Calabrese Blog
Nel regno animale una specie viene dichiarata in via di estinzione quando decresce il numero di femmine atte, per antonomasia e per biologia, alla riproduzione. Tra gli umani la cosa viene data per scontata. La popolazione mondiale è aumentata, ma non grazie al numero di bambini poiché ne nascono sempre meno. Vi è una forte incidenza di anziani. E i giovani? Sono allergici ai «fiori d’arancio» ed esperti nell’uso dei contraccettivi. Gli uomini hanno problemi alle giunture e non riescono ad inginocchiarsi per chiedere la mano della loro fidanzata. A dire il vero il celibato si configura come una scelta consapevole e non dettata da un contesto sociale instabile che rende faticoso creare nuovi nuclei. Siamo entrati nell’epoca dell’amore libero e del sesso facile in cui urge la necessità di bruciare le tappe e vivere la vita nella dissolutezza più totale. Ricordate il regime fascista? È oggetto di critiche, ma vanta anche dei pregi quali il desiderio di ordine sociale ed un particolare riguardo verso il concetto di famiglia. Essa rappresentava l’elemento fondamentale, subordinato ai valori politici, per rafforzare il disegno totalitario, per creare una società ordinata, per accrescere il numero di soldati, per raggiungere l’obiettivo di grandezza nazionale. Ma qualcosa non andò come previsto: si registrò una diminuzione della fecondità femminile proprio quando il regime fascista conduceva una impetuosa propaganda demografica. Il consenso vacillava così come l’accettazione di un modello intimo imposto dal regime. I motivi? Le dinamiche spontanee non possono essere influenzate e la modernità incombeva. Fu così che accanto alle blande misure per incentivare la natalità si accostò prepotentemente la tassa sul celibato, un’imposta istituita nel 1927 e diretta ai celibi tra i 25 e i 65 anni. Il tributo variava in base all’età e al reddito.
[Il fascismo ebbe un’idea innovativa mossa però da una motivazione sbagliata. Nell’Italia contemporanea è desueta l’idea che la popolazione giovane costituisca una risorsa e stranamente non si agisce affinché la gerontocrazia muti in iuventucrazia (proporrei il neologismo per la prossima edizione dello Zingarelli).] Una simile imposta scuoterebbe il paese alle fondamenta e credo che lo risolleverebbe definitivamente dai debiti accumulati. Cosa ne pensate, ne proponiamo l’introduzione? 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 6 agosto 2014, p. 16.

martedì 15 maggio 2018

Con le tasse in regola soffrirai. Con i conti offshore riderai

Se un onesto cittadino sarai, all’ufficio recapito postale patirai 
Il postino suona sempre due volte. Un film interessante dal titolo fuorviante. È opinione comune che le sue citofonate siano così delicate da non avvenire. In altri casi il destinatario non è in casa e la prassi vuole che gli si notifichi la presenza di una raccomandata da ritirare presso l’ufficio di recapito postale a partire dal dì seguente. Mai prenderla comoda! Perché dal 5° o dal 10° giorno di giacenza è prevista una esigua tassa pari a 0,52 euro al dì.
Silvana Calabrese fumetto
Partire alla volta di questo ufficio postale è un’avventura come Salgari non sarebbe mai riuscito a descrivere… L’ufficio è angusto, con soli 3 posti a sedere, e ben presto si appresta a veder superata la sua capienza massima. Sembra la tana di un lupo, in cui molte sono le orme di animali che entrano e poche quelle delle creature uscenti. Si procede lentamente per via di guasti telematici e presunte carenze di personale, in realtà ammassato dietro le quinte intento a svolgere altre pratiche. Alcuni dei destinatari ogni mattina salpano al fine di procacciarsi un’occupazione, e in casa non ci sono. Altri sono onesti lavoratori costretti a chiedere un permesso di lavoro solo per ritirare una raccomandata. Raramente l’oggetto del ritiro è un utile vaglia o un pacco frutto di una spedizione che giunge da molto lontano. Il più delle volte si tratta di semplici grane.
I mittenti sono sempre gli stessi, simili a degli incalliti stalker. Per evitare l’ulcera da stress, proviamo a comicizzare il tutto passando in rassegna le diverse missive.
L’Agenzia delle Entrate è lieta di invitare la Signoria Vostra al gran galà dei pagamenti.
L’ufficio Ripartizione Tributi del Comune di Bari vi invita ad espletare i pagamenti, anche quelli non dovuti per accertati motivi. Equitalia ha il piacere di annunciare l’inaugurazione del club dei maxi pagamenti in stile ultima spiaggia. L’anziana Rai col fiuto di un giovane mastino ti scrive gentilmente al fine di scuoterti sonoramente al pagamento del canone.
I centri turistici inviano regolarmente cartoline di auguri per mantener desto il ricordo della vacanza. Questi enti, invece, ci scrivono a loro modo per augurarci buone feste o per farci la festa.
Se Fedro avesse scritto in prosa, ci avrebbe ugualmente donato una morale: se sei un onesto cittadino patirai. Se i conti offshore aprirai, solo allora ti salverai. 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 23 maggio 2016, p. 16.

domenica 6 maggio 2018

Il sacrosanto diritto di tutelare la propria salute

È lecito arrogarsi il diritto di tutelare la propria salute in prima persona. Specialmente se demandare la questione a medici o farmacisti si rivela spesso un’incerta lungaggine. Vorrei riferire i rari episodi di persone che hanno contattato direttamente le case farmaceutiche o le aziende che producono materiale sanitario. Pochi pazienti hanno seguito questa procedura per comprendere a fondo la personale compatibilità con un determinato farmaco o con la sperimentazione di un trattamento innovativo. Grazie alla rete, il più democratico dei mezzi di comunicazione ed informazione, c’è la possibilità di raccogliere informazioni su strumenti, trattamenti, composizione chimica dei farmaci e sulle aziende stesse che si occupano della loro produzione e commercializzazione. È semplice reperire i dati delle case farmaceutiche e non è vietato che un comune cittadino instauri un contatto.
Silvana Calabrese Direttore
Ma le aziende sembrano non apprezzare l’interessamento dei privati cittadini, nonché potenziali fruitori di farmaci o trattamenti. Infatti finché il paziente non li mette in riga, gli impiegati tendono a mostrarsi stizziti. 1) Sostengono che solo il medico o il farmacista può avere l’ardire di contattarli e che il comune paziente non dovrebbe impicciarsi. 2) Aggiungono che è molto strano che un banalissimo cittadino sia così bene informato sui trattamenti usuali o all’avanguardia e che padroneggi un gergo tecnico pur non esercitando una professione in campo sanitario. 3) Chiedono, con stupore, come faccia una persona comune (il tipico paziente meticoloso) a sapere così tante cose sui loro prodotti se non è del settore. 4) Danno per scontato che chi si presenta col titolo di dottore sia un medico o un farmacista. 5) Restano di stucco quando scoprono che il dott. Rossi è solo un laureato, ma non in medicina o farmacia. Ho elencato i cinque comportamenti assurdi analoghi alle cinque dita della metaforica mano che può dare loro una sferzata decisiva. A questa gente si risponde così: 1) il paziente non si impiccia d’altro che della propria salute; medici o farmacisti se sprovvisti di informazioni non sono celeri o motivati nel reperirle; 2) una persona colta padroneggia qualsiasi linguaggio e si mostra sempre informata; 3) le ricerche in rete accrescono la conoscenza; 4) ogni laureato ha il titolo di dottore, ma non è detto che sia un medico.
Concluderei con una nuova massima: oh voi delle case farmaceutiche, siate umili con i pazienti come fossero vostri capi, poiché essi (e non i medici o i farmacisti) acquistano i vostri prodotti. 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 3 febbraio 2016, p. 16.

giovedì 3 maggio 2018

Tra medico e paziente chi è il dottore vero?

Tra noi due il dottore sono io!
Dott.ssa Silvana Calabrese La scorribanda legale
Ce lo siamo sentiti dire una volta di troppo. È la frase che fa perdere stima nel medico che si ha di fronte. Il rapporto tra medico e paziente infrange spesso la soglia di civiltà e conduce il dottore a perdere la faccia. Il contesto cui mi sto riferendo è quello in cui ci si reca dal medico, sia esso generico o specialista, per un consulto o per sottoporsi a una cura. Esistono tante categorie di pazienti: quelli che paiono estranei rispetto alla propria salute; quelli che temono l’instaurarsi di un dialogo col medico; quelli che si informano quanto basta e quelli che hanno un’inclinazione particolare verso l’informazione. Quest’ultimo è il paziente zelante, ritenuto fastidioso dalla maggior parte dei medici. C’è da precisare che il paziente scrupoloso non si mostra saccente, presuntuoso o arrogante. Ha solo il desiderio di sapere ed informarsi sulla propria situazione clinica e sulla prassi del trattamento cui è in procinto di sottoporsi. Il corpo è suo come suo è il dovere di conoscerne lo stato di salute al fine di preservarlo. Presentata così la situazione pare seguire il rettilineo del buon senso. Inoltre alcuni casi di malasanità possono essere evitati proprio con un’adeguata informazione. Il dialogo col dottore, ben lungi dall’essere una chiacchierata tra amici, serve a far emergere particolari situazioni anatomiche o fisiologiche del paziente che possono orientare al meglio l’esecuzione del trattamento terapeutico.
Ma oggigiorno vi sono troppi medici che non tollerano la meticolosità dei propri pazienti e vivono così male il fatto che essi si siano informati, e che desiderino saperne di più, da dare sfogo a esplosioni di una rabbia che sembra repressa da anni. È in quel momento che ci si sente dire a pieni polmoni e con un mutamento cromatico, tendente al rosso acceso, che interessa il viso: «Tra noi due il medico sono io. Vuole insegnarmi come fare il mio lavoro? Vuole prendere il mio posto?». Può variare il lessico, ma non il significato. Non è un buon segno udire tali affermazioni da qualcuno che indossa il camice bianco. È l’espressione della perdita del controllo, ma anche il sintomo di un male oscuro e profondo. È segno di maleducazione, ma anche di forte insicurezza e scarsa autostima. Non c’è ragione di lasciarsi andare in un modo tanto sgradevole. E non è fondato il timore che un paziente prenda il vostro posto, in primo luogo perché gli occorrerebbero anni di studio per giungere a ottenere titolo e abilitazione. Si è rivolto a voi perché voleva tutelare la propria salute sulla quale esercita piena titolarità di diritto, non dimenticatelo! 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 14 luglio 2016, p. 24. 

lunedì 30 aprile 2018

Crisi di identità per i medici di famiglia

Dal 23.12.1978, con la legge n. 833 (riforma sanitaria), in Italia è stata introdotta la figura del medico di famiglia. Lo si sceglie presso gli uffici dell’A.S.L del comune di residenza, consultando la lista dei medici disponibili. Fin dal principio tali medici sono stati referenti indiscussi dai quali recarsi per motivi di cura o semplice consulenza. Pare debbano promuovere la salute, prevenire le malattie e fornire cure e terapie. In questo consiste la loro assistenza ai pazienti. Un ingranaggio troppo bello per mantenersi integro! Come molti, anche il medico di fiducia tende a prescrivere con sollecitudine integratori alimentari piuttosto che consigliare un’alimentazione sana. In questo si prospetta una comune colpevolezza di medico e paziente poiché quest’ultimo affolla le farmacie alla ricerca dell’integratore “giorno da leoni” mentre diserta il mercato ortofrutticolo.
Silvana Calabrese italia crepata blog La scorribanda legale
In un clima di tagli e revisioni di spesa si sa che il paradosso è d’obbligo: si risparmia sul necessario e si sperpera sul superfluo. L’assurdo si applica all’elenco delle analisi ematochimiche indispensabili a condurre un check-up completo che per definizione serve a verificare lo stato generale di salute del paziente e a rivelare disfunzioni latenti. Capita che il medico curante ometta esami fondamentali come le transaminasi. A volte accade che un paziente zelante ed erudito fornisca un promemoria al medico di base, il quale sfoltirà molte voci dalla lista. Sosterrà l’ipotesi che ogni disfunzione si annuncia palesemente. Si domanderà più volte quale sia il suo ruolo di medico. Ribadirà che nelle analisi di routine, la cui cadenza non deve essere annuale, non è necessario spingersi oltre emocromo, sideremia, ferritina e fosfatasi alcalina. Obiezione! Gli esami sono scarsi, ne occorrono altri. La glicemia ci indica il glucosio presente nel sangue; trigliceridi e colesterolo ci parlano dei grassi; bilirubina e transaminasi sono sentinelle della funzionalità epatica; azotemia e creatininemia sono guardiane della funzionalità renale; tra gli ormoni pancreatici annoveriamo insulina, amilasi e lipasi; calcemia e vitamina D (carente a tutte le età) sono l’immagine della salute delle ossa; la tiroide non ama restare nell’ombra, ma vuole parlarci tramite FT3, TSH, FT4, anticorpi anti-tireoglobulina ed anti-tireoperossidasi. Da non trascurare è il valore della vitamina B come anche l’esame delle urine e delle feci. Nessuno desidera scadere nell’ovvio, ma prevenire è meglio che curare! 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 1 dicembre 2014, p. 12.

venerdì 27 aprile 2018

Tripadvisor degli ospedali? Ne vedremo delle belle!

Mutuando il portale web di viaggi che pubblica le recensioni (in realtà sono commenti) degli utenti su hotel, ristoranti e attrazioni turistiche, nasce il Tripadvisor degli ospedali. L’idea proviene dalla mente creativa del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, la quale ha inaugurato il portale www.dovesalute.gov.it che gradualmente si arricchirà di dati. Partendo dalle informazioni utili ad individuare la struttura idonea al trattamento di specifiche patologie il sito approderà ai giudizi espressi dai pazienti in merito al trattamento ricevuto. Pare che la concessione della libertà d’espressione delle opinioni dei pazienti sia stata motivo di travaglio da parte del sistema sanitario. Si vedrà in che modo configurare la sezione in maniera da placare il risentimento che potrebbe lambire alte temperature. In effetti in condizioni di totale libertà espressiva gli utenti, chiamati a deporre sugli argomenti «gentilezza del personale» e «qualità dell’assistenza» potrebbero dipingerli con cupe pennellate. Dopo essere stati «pazienti» per tanto tempo, ne scriverebbero delle belle!
Silvana Calabrese Direttore de La scorribanda legale
Il peggio si può evitare con l’autocontrollo. Non è raro che i medici si scaldino con estrema facilità dinanzi ai pazienti. Si respira spesso l’acre odore del nervosismo nelle corsie dei nosocomi. A volte si inaugurano scioperi non annunciati da opportuni avvisi e il potenziale paziente avverte un senso di smarrimento interiore a fronte della desolazione al suo cospetto. Negli anni scorsi la notizia di due medici che si sono presi a pugni in reparto è stata a dir poco esecrabile. Gli impiegati minori non sono in grado di fornire indicazioni a chi varca la soglia ospedaliera sugli orari delle visite ambulatoriali. Eviterò riferimenti precisi, mi limiterò a scrivere in astratto poiché le critiche non vengono accolte e utilizzate come propellente per migliorare situazioni precarie. Così come i dizionari accolgono neologismi, dovrebbero abolire i lemmi di cui non si conosce il significato o non lo si mette in pratica: umiltà, calma, gentilezza, cortesia, ascolto, entusiasmo nel lavoro, dedizione.
Mi accingo a concludere con una preghiera affinché si faccia onore alla professione medica. Tornate ad essere un riferimento e un nobile esempio per i vostri pazienti. La vostra formazione prevede lunghi anni di studio, metteteli a frutto. Non avversate mai un paziente, nemmeno se si dimostra risentito per un disguido ospedaliero. È in gioco la salute fisica e mentale, vostra e di quanti avete in cura. Sono cure quelle che dovete dispensare. Il male è semplice da rinvenire, mentre il bene è un germoglio rigoglioso, ma solo se lo vorrete. 
 Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 10 giugno 2016, p. 20.

martedì 24 aprile 2018

Lo strano caso dei puntini sulle I maiuscole

Non esageriamo a mettere i puntini sulle «i» 
No puntini sulle i maiuscole Silvana Calabrese -Blog
L’aspetto più intrigante delle accezioni è che, lungi dall’essere statiche, col tempo mutano rinnovandosi e non invecchiando. Un tempo l’espressione «mettere i puntini sulle i» aveva un significato univoco che non lasciava spazio ad altre sfumature. Stava ad indicare l’atteggiamento del chiarire con puntigliosità i particolari di qualcosa o del precisare minuziosamente un concetto. Pertanto si trattava di una locuzione, indubbiamente, dal senso figurato. Poi è avvenuta una metamorfosi che ne ha mutato il senso figurato in un senso letterale. Tale cambiamento ha investito anche le persone dotate di un elevato titolo di studio ed ha immancabilmente «contaminato» i ragazzini in età scolare che hanno seguito l’esempio sbagliato come fosse una moda, senza pensarci e senza ragionare. Oggi si è infatti diffusa la tendenza a mettere i puntini sulle i maiuscole quando si scrive a mano. Questi punti di inchiostro, secondo il parere di alcune persone, sono assimilabili ai segni di croce che gli analfabeti ponevano al posto della loro firma. Ma le critiche poco edificanti non conducono ad alcun approdo, dunque spieghiamo perché l’italiano corretto non vuole i puntini sulle i maiuscole.
L’alfabeto italiano presenta 21 lettere o caratteri, ciascuno dei quali può essere riprodotto in tre modi: stampatello maiuscolo, stampatello minuscolo e corsivo. Nello stampatello maiuscolo i segni alfabetici, simili ad aste composte, sono compresi entro un riquadro. Lo stampatello minuscolo è il carattere che state leggendo tra queste righe. Il corsivo è quella grafia o calligrafia che si riproduce manualmente nelle lettere da spedire. Se stampatello maiuscolo e minuscolo prevedono la scrittura di caratteri separati, nel corsivo essi sono elegantemente legati insieme a comporre le parole.
Provate a fare un balzo temporale fino alla prima elementare, ci siete? Seduti sul vostro piccolo banco immaginate di sollevare il capo e scorgerete, appesi alla parete, dei cartoncini rappresentanti tutte le lettere dell’alfabeto riprodotte nelle tre modalità suddette e corredate dall’immagine di un oggetto o animale il cui nome inizia con quella precisa lettera. Ricordate ora? La vocale maiuscola I non aveva un puntino sospeso sulla sua testa. Se non siete ancora convinti dell’assunto proposto, provate a strimpellare la tastiera del vostro cellulare, smartphone o personal computer optando per il carattere maiuscolo. Si materializzano forse dei puntini sulle vostre I? Mi sa proprio di no. 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 17 giugno 2016, p. 20.

mercoledì 18 aprile 2018

Una taglia sulla testa degli hacker anzi dei cracker

Silvana Calabrese Direttore
È un’idea regalo molto gradita. Trovatemi una ricorrenza a carattere festivo, un budget sufficientemente elevato ed io vi dirò che potete confezionare un personal computer. Per qualcuno è un giocattolo per altri uno strumento di studio o di lavoro. Ma c’è sempre qualcosa pronta a rovinare l’idillio instauratosi tra uomo e macchina. In effetti in ogni storia di fantasia ad un eroico protagonista si contrappone un antagonista. Si tratta del virus. Secondo la definizione che la stessa guida del pc offre, è un programma che si autoreplica infettando sistemi operativi, danneggiando file ed influendo sulle prestazioni e sulla stabilità del sistema. Il caro computer al quale avevate affidato appunti di studio, file di salvataggio di un gioco o magari la stesura di un libro da pubblicare, ora è malato. A seconda della sua letalità un virus si può rimuovere grazie all’intervento del programma antivirus, a garanzia del corretto funzionamento del quale, è opportuno effettuare periodicamente e frequentemente un aggiornamento ed una scansione. Questo perché vengono messi in circolazione sempre nuovi virus. Esistono anche virus capaci di impedire il lavoro dell’antivirus. I canali di propagazione sono il web e i dispositivi come pen drive o Cd. Ne consegue una specie di battaglia navale a suon di parolacce informatiche: virus, malware, worm, trojan horse, spesso nascosti in programmi legittimi. Nella squadra dei buoni abbiamo il firewall, letteralmente muro di fuoco, una barriera–maggiordomo che segnala–annuncia la presenza liminale di un ospite non particolarmente gradito.
Se colpiti e affondati da un potente virus dovrete ricorrere all’aiuto del medico dei computer, il tecnico, talvolta costretto a formattare il calcolatore. Tale operazione vi costringerà poi a reinstallare tutti i programmi e a reinserire ogni documento perché sarà come ricominciare tutto dal principio. Di tutto questo è doveroso ringraziare… Qui sorge un errore terminologico. L’hacker è colui che affronta sfide intellettuali inerenti l’informatica o l’ingegneria elettronica. Quindi lo assolviamo. Mentre il cracker è il criminale informatico che aggira programmi e pensa a metodi per danneggiare software altrui. È sul loro capo che intendo porre una taglia, senza limiti, come i danni che causano. 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 13 marzo 2016, p. 20. 

domenica 25 marzo 2018

Della fortuna dovremmo essere gli infaticabili artefici

Sacrificio e impegno, gli ingredienti di una vita soddisfacente
Silvana Calabrese Blog La scorribanda legale
Cosa ci rende forti e tenaci? Le circostanze per diventarlo. E queste circostanze coincidono con il sacrificio del cui spirito dovremmo munirci già in tenera età. Fin dall’infanzia intraprendiamo un percorso formativo che non ha fine o meglio termina con il capolinea della vita terrena. La formazione umana comprende l’educazione, un concetto ampio di cui fanno parte il rispetto verso se stessi, nei confronti del prossimo ed in relazione agli oggetti. Educare la prole è il difficile compito (difficile è un eufemismo) che spetta al genitore, ma che si estende anche a nonni, zii e baby-sitter. Un esempio è legato al cibo: per evitare inutili sprechi si sente spesso dire ai bambini che nel Terzo mondo si muore di fame, ma il pargolo non ha idea di cosa significhino queste parole e nemmeno di quanto sia preziosa la pietanza che ha nel piatto. Alla stessa stregua non può capire l’immensa fortuna che gli è toccata poiché vive in un comodo appartamento ed ha una famiglia, dei giochi e delle diavolerie tecnologiche. Mente e corpo umano costituiscono una macchina perfetta con un grave deficit, l’incapacità di ragionare per immedesimazione. Per questo motivo Dio creò la pedagogia! È quella disciplina che si propone di guidare il fanciullo rendendolo l’adulto moralmente integro del domani. Nel lungo e tortuoso iter di educazione non può mancare un elemento (mai facoltativo): la severità. Spesso il genitore deve saper opporre un determinato “no” alla richiesta del figlio. Non si può assecondare ogni istanza. Segue l’importanza dell’esempio: i membri della famiglia devono ostentare cortesia, rispetto, amore per la cultura, parsimonia, sobrietà, impegno e spirito di sacrificio. Vivere in un contesto temporaneo o permanente in cui si richiede il sacrificio e in cui ci si rende conto che nulla è dovuto ci tempra in maniera inossidabile. La maturità intellettuale (diversa da quella anagrafica) si lega a questo processo. Sacrificio ed impegno sono fedeli compagni di viaggio. Si generano da un obiettivo da raggiungere in breve, medio o lungo termine con un lavoro costante. Se la vita di un essere umano è sempre troppo semplice, alla prima difficoltà crollerà o commetterà un imperdonabile errore (o una serie di sbagli) crogiolandosi nella beatitudine che sempre lo ha accompagnato. Capita spesso che persone che non hanno provato una vera gavetta ed hanno ottenuto con facilità occasioni ed opportunità, sciupino irreparabilmente tale fortuna. Mentre invece della fortuna noi dovremmo essere gli infaticabili artefici.  
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 8 agosto 2015, p. 24.

martedì 13 marzo 2018

L’avvento dell’italiano moderno ha stravolto le regole grammaticali

Vi va una grammatica? È come un drink shakerato con la vita quotidiana e rigorosamente servito «on the rocks» come il Whisky. Di certo non si può servire liscio, visti i recenti e crescenti strafalcioni pronunciati dal popolo italiano!
Silvana Calabrese Blog La scorribanda legale
Parliamo di congiunzioni, parti invariabili e fondamentali di un discorso perché stabiliscono coesione e coerenza nelle frasi… bèh, non per molto ancora! Che il cataclisma si compia, dunque!
Ne è un esempio il «ma», un tempo congiunzione avversativa che collegava le frasi contrapponendole ad es. «Il politico che preferisco è andato al mare, ma non è annegato». L’italiano moderno nasce tra i banchi di scuola e viene inciso, anzi ucciso, sui e nei social network.
Quando saluto qualcuno con un «ciao» ottengo in risposta un «ma ciao!». E se ritento con un cordiale «buongiorno» mi rispondono «ma buongiorno!». Ovviamente ogni lingua che si rispetti presenta delle varianti come «ciao a te» e «buongiorno a te» che somiglia tanto ad una dichiarazione di guerra fatta con il sorriso.
Esiste poi una formula che ha la valenza di una sfumatura elegante per aggirare qualunque richiesta. Nasce dall’unione di tre elementi: una congiunzione avversativa, una congiunzione semplice ed un avverbio di quelli che nuocciono alla teoria dello Yes man. In genere questa formula funge da auto salvataggio sul gong e viene utilizzata ampiamente nelle situazioni dove è richiesto lo svolgimento di un compito o di un dovere ed anche quanto si richiede collaborazione. Esemplifichiamo: «Andresti a buttare la spazzatura?» oppure «Vai a fare i compiti?» e la risposta è «Ma anche no!». È un’espressione sgrammaticata, affilata come un rasoio, ma assolutamente diretta. Coglie nel segno, e soprattutto si è diffusa come una moda.
La grammatica appena presentata è degna di un’anti Accademia della Crusca. Con la sua irriverenza e sfrontatezza si è imposta tra i banchi di scuola e nelle università. Presto i dizionari saranno costretti a contemplarla e a spiegarne l’origine. E prima o poi i manuali di grammatica si dovranno arrendere a questa nuova specie di lingua vernacolare, territorialmente omogenea, o di eccezione che conferma la regola o… che la soppianta!
Questa è l’essenza del mutamento sociale, più simile ad una rivoluzione che tutto investe e stravolge conducendo la signora grammatica nei bassifondi dell’ebbrezza e della sregolatezza per essere servita puntualmente on the rocks e mai liscia. È una grammatica proibita, ma proprio per questo più ambita. 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 11 dicembre 2015, p. 16.

sabato 10 marzo 2018

La Legge Bacchelli svela gli incauti stili di vita dei vip

Nel Bel Paese v’è una legge che più delle altre semina discordia tra i cittadini. È la legge Bacchelli. È simile a un virus, innocua se posta in quarantena, ma letale non appena la si invoca per ottenerne i benefici. Deve il nome allo scrittore Riccardo che venne a mancare prima di poterne usufruire. La legge n. 440, approvata l’8.8.1985, prevede l’istituzione di un fondo a favore di cittadini illustri in stato di necessità economica. È un vitalizio non modesto utile al sostentamento di gente un tempo assai famosa e danarosa. I requisiti per usufruire dell’assegno sono: cittadinanza italiana, fedina penale pulita e notorietà (in campo artistico, letterario, scientifico e sportivo). Ogni volta che un aspirante beneficiario ne fa richiesta, essa viene accolta tra le polemiche collettive. La certa concessione scopre il velo degli sperperi dei divi ed anche delle loro pensioni misere pari alle pensioni minime dei comuni mortali. Il testo della legge afferma l’«istituzione di un assegno vitalizio a favore di cittadini che abbiano illustrato la Patria e che versino in stato di particolare necessità» (Art. 1, comma 1). «L’importo è commisurato alle esigenze dell’interessato e  non  può,  in  ogni  caso,  essere superiore a lire 100 milioni annui» (Art. 1, comma 3). Oggi L’importo massimo annuo ammonta a 24.000 €.
Silvana Calabrese Blog La Scorribanda Legale
La normativa, insieme al lungo elenco di famosi beneficiari, ci rende moralisti. Nella vita vale il carpe diem tanto quanto l’impegno nell’accantonare denaro per la vecchiaia o per i periodi di carestia lavorativa. Se personaggi famosi sono ridotti alla pensione minima significa che i contributi non sono stati versati negli anni in cui gli ingaggi abbondavano e i compensi straripavano. Siamo stati spettatori delle loro performance artistiche e anche dei loro lussi. Case, ville, auto, vacanze, un folto entourage e… debiti. La strada del successo ha tanti sbocchi sul burrone della rovina. Hanno avuto il dono dell’avvenenza, particolari doti canore o nel campo della recitazione e la fortuna di ricoprire un ruolo di rilievo nella società italiana per molto tempo e fin dalla giovanissima età. La legge li dichiara cittadini che hanno illustrato la Patria, un’espressione cerimoniale! In realtà è stata promulgata una normativa che trascura un elemento fondamentale: chi si candida a divenire un esempio internazionale deve essere portatore di sobrietà e parsimonia. Ma soprattutto declinando essi stessi la legge Bacchelli dimostrerebbero rispetto verso quegli umili cittadini-spettatori-ammiratori che con le loro estenuanti tasse contribuiscono alla costituzione del fondo. 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 1 luglio 2015, p. 16.

giovedì 1 marzo 2018

Meteo ironico. Quando la meteorologia si fonde con la sociologia

Se avete frequentato il liceo classico o lo scientifico, avrete sentito dire che il latino va a braccetto con la matematica. Quanto di vero ci sia in questo assunto è da scoprire. Tuttavia questa associazione di materie ha dato il via ad un filone di assemblaggi disciplinari quali ingegneria genetica e biotecnologia, ma ve ne sono molte altre sviluppate ed in fase embrionale. E se per burla prendessimo in prestito il gergo meteorologico per stilare le previsioni del tempo nella nostra penisola sul versante sociale? Perché no! Saremmo pionieri indiscussi della meteorologia sociale!
Silvana Calabrese Blog La scorribanda legale
Sulla nostra penisola si annuncia ancora un clima decisamente variabile da quando è scoppiata la crisi finanziaria e le raffiche di vento da essa generate non accennano una diminuzione. Temperature e temperamenti massimi in generale sono al di sopra della norma a causa della penuria di educazione e savoir–faire.
Negli stadi d’Italia si avverte un fronte freddo che determina rovesci e temporali in campo, nelle curve e nelle zone limitrofe. Solo la rinascita del Bari Calcio, quasi fosse un’araba fenice, ha reso splendente la tifoseria e mite il clima calcistico.
Un vortice di alta pressione viaggia da nord verso sud veicolando atteggiamenti mafiosi, illeciti, prepotenze e disonestà provocando un calo delle temperature umane quasi del tutto prive di sani ideali e principi, pertanto ci attendiamo un ritorno di ghiaccio e neve sulle Alpi e sugli Appennini della mentalità.
Un clima spiccatamente instabile, dunque, in cui le ampie schiarite sono ancora lontane, fortemente desiderate, ma scarsamente perseguite.
Un poderoso ciclone atlantico minaccia i residuali valori e le istanze morali degli uomini ed è ancora troppo lontano e debole l’anticlone delle Azzorre che vi si opporrà. Perturbazioni e acquazzoni di forte intensità rendono melmosi i terreni della fiducia nel prossimo, nel governo e nel futuro.
[I violenti fenomeni atmosferici sembrano opera di Zeus in persona: non semplici piovaschi, ma fulmini e saette, e soffiano venti di maestrale molto forti che si abbattono sulle nostre coste.]
Questo accade quando la meteorologia si fonde con la sociologia. 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 12 agosto 2014, p. 16.

lunedì 26 febbraio 2018

Le bizzarre previsioni del tempo ora digitali

C’è chi le segue sullo smartphone e chi le considera un appuntamento quotidiano in tv. Si tratta delle previsioni meteorologiche. Sono indispensabili per pianificare il lavaggio del bucato o per organizzare una gita fuori porta o semplicemente per sapere se è il caso di inforcare l’ombrello. Il meteo è anche qualcosa di più scientifico, ovvero uno studio delle condizioni atmosferiche mediante l’ausilio di sonde, strumenti e calcoli.
Ma le previsioni, si sa, possono sbagliare e molto presto il sole potrebbe sorgere più splendente che mai. Quanto alle previsioni sociali, dipende da noi fa subire sostanziali variazioni al tempo rendendo sporadici i rovesci. 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 9 giugno 2014, p. 14.
Silvana Calabrese Blog La Scorribanda Legale

giovedì 8 febbraio 2018

Battere l’evasione fiscale: un suggerimento dal XV secolo

Mi è rimasto impresso uno dei discorsi del Presidente del Consiglio Mario Monti quando ancora si stava riflettendo su come porre rimedio alla difficile situazione del nostro paese. La curva dell’attenzione del pubblico a casa stava precipitando inesorabilmente, colpa dei lunghi discorsi, ma subì un’impennata al suono delle parole «l’ultimo punto, ma enormemente importante». L’ultimo aspetto che l’onorevole avrebbe affrontato riguardava la funesta questione dell’evasione fiscale, il nostro ottavo peccato capitale.
Evasione fiscale rimedio Silvana Calabrese - Blog
Forse si è trattato di una strategia comunicativa del premier, dato che è stato dimostrato che la nostra mente elabora un percorso periferico che induce a ricordare meglio la prima o l’ultima parte di un discorso. Rispettivamente si parla di effetti primacy e recency.
L’evasione sottrae alle casse dell’erario forse alcuni miliardi di Euro. I miei dati sono assolutamente vaghi, ma le certezze subentrano nel caso della lotta all’evasione fiscale. Con tante manovre riusciremo a sopraffare l’evasione? Siamo mai riusciti realmente ad attuarla (la lotta intendo)?
Io ricordo un sistema. Fu adottato nel remotissimo Catasto fiorentino del 1427. Lo si ricorda come un catasto completo e laborioso. Si tratta di un censimento dell’intera popolazione sottoposta alla giurisdizione della Repubblica. Oltre Firenze, le principali città incluse nella rilevazione furono Pistoia, Prato, Arezzo, Pisa, per un totale di circa 260.000 persone. Registra meticolosamente beni mobili ed immobili dei quali fornisce una stima. L’obiettivo è avere una base per stabilire le tasse, l’imponibile. Si verificava la sincerità delle dichiarazioni per mezzo di opportuni sopralluoghi presso i contribuenti sospetti. Coloro che non ottemperavano agli obblighi fiscali venivano colpiti con pesanti pene e perdevano ogni diritto di fronte alla giustizia civile e penale.
Al fine di scoprire gli evasori, gli amministratori del catasto invitarono ogni cittadino a denunciare il prossimo. Fecero collocare delle cassette o tamburi nelle piazze e nelle chiese per raccogliervi le denunce. Se il notificator (la persona che dichiarava esserci stata una frode fiscale) rivelava la propria identità, riceveva un quarto del valore del bene che era stato nascosto al fisco. La pratica fu così incentivata e il sistema risultò efficace. Nel XXI secolo potremmo riprovarci? Per ora lasciamo che ci pensino Serpico e la Spending Review. 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 21 febbraio 2014, p. 18.