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Il vizietto - Wikipedia

Il vizietto

film del 1978 diretto da Edouard Molinaro
Disambiguazione – "La Cage aux folles" rimanda qui. Se stai cercando altri significati, vedi La Cage aux Folles.

Il vizietto (La Cage aux folles) è un film del 1978 diretto da Édouard Molinaro.

Il vizietto
Michel Serrault e Ugo Tognazzi in una scena
Titolo originaleLa Cage aux folles
Paese di produzioneItalia, Francia
Anno1978
Durata100 min e 88 min
Rapporto1,66:1
Generecommedia
RegiaÉdouard Molinaro
SoggettoJean Poiret
SceneggiaturaÉdouard Molinaro, Francis Veber, Marcello Danon e Jean Poiret
ProduttoreMarcello Danon
Casa di produzioneLes Artistes Associés, Da Ma Produzione
FotografiaArmando Nannuzzi
MontaggioMonique Isnardon, Robert Isnardon
MusicheEnnio Morricone
ScenografiaMario Garbuglia, Carlo Gervasi
CostumiPiero Tosi
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

Si tratta dell'adattamento cinematografico della commedia La Cage aux Folles di Jean Poiret, messa in scena nel 1973 e replicata per cinque anni consecutivi al Palais-Royal di Parigi. L'attore Michel Serrault conserva il proprio ruolo nel film, mentre il personaggio di Jean Poiret viene interpretato da Ugo Tognazzi.

Renato e Albin sono una coppia omosessuale che gestisce da vent'anni un locale a Saint-Tropez, "La Cage aux folles" (letteralmente "La gabbia delle matte", con bisenso allusivo in lingua francese) dove si esibiscono principalmente drag queen, artisti travestiti, e del quale Albin, con il nome d'arte "Zazà Napoli", è la stella di punta. Una sera irrompe nella loro casa Laurent, figlio di Renato e frutto della sua unica relazione eterosessuale, ad informare il genitore del suo imminente matrimonio con la figlia di un deputato e segretario di un partito ultraconservatore. Lei, per ottenere l'approvazione del padre, deve quindi mentire sulla natura dei suoi futuri suoceri, riportando ai genitori come Renato sia uno stimato diplomatico presso l'ambasciata italiana.

 
Serrault e Tognazzi in una scena

Un grave scandalo che colpisce il partito spinge il padre di lei ad un incontro con i futuri consuoceri, perché il matrimonio possa salvare il prestigio politico. L'incontro tra le due famiglie avverrà in casa di Renato e Albin, con quest'ultimo travestito da donna per fingersi la madre naturale di Laurent. Tra equivoci e doppi sensi, la cena si rivela un totale fiasco e i genitori della ragazza, per sfuggire a giornalisti e paparazzi, accorsi per demolire la figura del politico, saranno costretti a truccarsi e travestirsi. Nonostante tutto il matrimonio avrà luogo regolarmente, tra le lacrime di commozione di Albin, "madre" acquisita del giovane Laurent.

Produzione

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Gli interni del film furono girati negli stabilimenti Dear International[1] a Roma. Le riprese esterne furono realizzate tra Roma e alcuni comuni francesi: la villa della famiglia Charrier è Villa Giovanelli Fogaccia, mentre la chiesa in cui si sposano Laurent e Adrienne è la chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini; la stazione ferroviaria dove Albin sta per prendere il treno prima che Renato gli faccia cambiare idea (primo fotogramma in questa voce) è la stazione di Èze-sur-Mer, nei pressi del comune di Èze; altre scene sul suolo francese furono girate a Saint-Tropez e Nizza.[2]

Distribuzione

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Accoglienza

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Incassi

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Secondo dati aggiornati al 2023, Il vizietto detiene l'undicesimo posto tra i film in lingua straniera di maggior successo negli Stati Uniti.[3]

In Italia si classificò al 2º posto tra i primi 100 film di maggior incasso della stagione cinematografica 1978-79.[4]

Critica

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«Il vizietto non si presta a un discorso sullo scandalo o sulla tolleranza. È un film commerciale che, salvo nel controfinale, allinea con garbo i migliori effetti comici. Da non perdere l'interpretazione di Michel Serrault, protagonista perfetto in teatro e in cinema, così padrone della parte da parodiare non solo i travestiti querimoniosi ma le donne preziose. Più controllato del solito il Tognazzi buffamente conteso da uomini e donne di mezza età.»

«Diretto con mano svelta da Molinaro [...] il film non ha le finezze psicologiche di altri aventi come protagonisti dei «diversi» (Quei due di Stanley Donen con Rex Harrison e Richard Burton), ma nemmeno si concede speculazioni morbose. È un film soprattutto ameno, con qualche ironica finezza e senza malinconici indugi. Tognazzi deve gareggiare con uno straordinario Michel Serrault [...].»

«[...] Girato con molta disinvoltura e mantenendo costante il tono di pochade, il film si basa soprattutto sul mestiere di Tognazzi e di Serrault. Ma nella trasposizione dalla scena allo schermo [...] perde brio, diventa prolisso e, in qualche momento, noiosetto. [...] [Tognazzi] dimostra, come il suo collega francese, di conoscere il mestiere, aggiungeremo che egli sa la maniera di far sorridere; anche se qui utilizza modi risaputi e un tantino stantii: Michel Serrault è, in fondo, più bravo di lui.»

«[...] Dunque una storiella allegra sui "diversi". Niente di trascendentale, e soprattutto niente di particolarmente incisivo, né per quanto riguarda il problema del terzo sesso né per quanto riguarda lo stile comico. Ci si ride su con degnazione, inutile spendere parole per mettere in rilievo aspetti che non ci sono. Mi riferisco all'alzata di testa di Tognazzi che convoca una conferenza stampa per polemizzare conto i distributori italiani, rei di far circolare il film col titolo "Il vizietto", a suo dire fuorviante. [...] A mio sommesso parere, lo spettatore coglie benissimo il riferimento del titolo, ed anzi il rovesciamento di prospettiva mi sembra spiritoso. La voce grossa di Tognazzi mi sembra inadeguata soprattutto quando arriva a dire che "nel film è stato fatto un profondo studio dei personaggi, che hanno dei rapporti curiosi, anche comici. Ma dietro la comicità c'è tutto un mondo amaro da scoprire". Dice davvero? All'inizio del film, già subito sotto i titoli di testa, ecco un tango ballato da alcune signore le quali, sull'accordo finale, si tolgono le parrucche e appaiono per quel che sono, dei giovanotti travestiti. Il giochetto dell'equivoco uomo-donna è ripreso diverse volte, e sempre in chiave umoristica. Albin è presentato come una prima donna che fa i capricci; non vuol andare in scena, è in camera sua, davanti alla specchiera, con un lenzuolo sulla testa, Renato lo blandisce ("Adesso Zazà fa la brava, si toglie quel lenzuolo") e solo quando si vede la faccia lo spettatore si accorge che si tratta di un uomo. [...] Tutto è calibrato sul divertimento a spese dei "diversi". Tognazzi-Renato è ossigenato, porta il fondotinta, fazzolettoni colorati nel taschino, collane d'oro al collo. Serrault-Albin alla camminata "soft" e al gesticolare delle manine aggiunge delle "mises" impossibili, vestiti color panna, cappelli a larghe tese, un borsetto enorme, gli occhiali da sole tenuti da una catenella, stivaletti di cuoio chiaro, polsini della camicia rivoltati in fuori, anelli. Il cameriere negro gira per la casa in slip e si rivolge ad Albin chiamandolo "Signora". Renato comunica ad Albin che il figlio intende sposarsi con una ragazza-donna. E Albin, con un brividino: "Uh, che orrore!". Al travestito che durante lo spettacolo ha commesso una mancanza, Renato minaccia: "Ti punisco. Domani ti vesti da uomo". [...] Gli unici accenni "seri" alla situazione sono due. Uno quando il figlio tenta di "normalizzare" il padre almeno nell'aspetto, per prepararsi a riceve i genitori della fidanzata, e Renato sbotta spazientito: "Sì, porto il fondotinta, convivo con un uomo e sono una vecchia checca. Ma ho raggiunto il mio equilibrio, ci ho messo vent'anni per raggiungerlo"; l'altro quando Renato raggiunge Albin sulla panchina della stazione per convincerlo a non andarsene, e smetterla di fare l'offeso, e gli dice: "Sei diventato ridicolo ed è per questo che resto con te, perché ti ridono dietro". [...] Il film di Molinaro ha una certa delicatezza nel trattare l'argomento. Particolare importante, il film è classificato "per tutti" dall'apposita commissione di tutela (mentre il Centro Cattolico Cinematografico lo valuta "Film moralmente discutibile o ambiguo", ossia della categoria III). Del facile approccio di certi momenti si è detto, omaggi di rito a schemi razzisti ben radicati; ma occorre riconoscere che dopo tutto la mano è piuttosto leggera. Del resto la situazione è pretesto per imbastirci sopra una macchina comica dagli effetti sicuri. Anche qui, il buono si mescola al meno buono. La sequenza del ricevimento in casa di Albin e di Renato dei genitori della fidanzata costituisce il "clou" del racconto ed è ben ritmata dall'infernale gioco degli equivoci. [...] Il giochetto è divertente e discende pari pari dai meccanismi della "pochade", con cui la commedia originale si imparenta. Il meno buono riguarda cose come il deputato che incide su nastro le istruzioni alla segretaria mentre fa colazione e intinge il microfono nel caffelatte, o la seduzione operata incredibilmente, dopo diciotto anni, dalla moglie di Renato sul marito che va a trovarla in ufficio. Comunque insisto sul fatto che la dimensione comica "mangia" la situazione dei "capovolti", come mi pare evidente nella sequenza chiusa della lezione di comportamento virile impartita nel bar da Renato ad Albin [...] che parte dalla situazione specifica per risolversi in farsa pura (Renato che per difendere Albin, cui danno del frocio, affronta l'omino piccolo, ma il rivale è invece l'omone grosso, eccetera). Dunque se non è l'argomento, se non è il modo di trattarlo (sarebbe bello pensare che il successo deriva dalla delicatezza con cui è affrontata l'omosessualità, con conseguente preferenza da parte del pubblico per i toni intelligenti rispetto alle becerate casarecce), se non è un particolare stile di comicità cos'è che fa accorrere lo spettatore? Non la circostanza che la storia è tratta da una commedia largamente rappresentata, perché spesso questo tipo di derivazione non ha contato un bel nulla nei risultati finali; non il nome di Tognazzi (altre volte il comico cremonese si è trovato al centro di modesti esiti commerciali, magari anche quando le ambizioni erano maggiori), no di certo il nome del regista. [...] Tutto sommato Il vizietto è un divertimento leggero ma evidentemente racchiude elementi che, messi insieme, hanno fatto deflagrare la carica del successo popolare. [...] Pensare ad esempio all'elemento spregiudicato e pruriginoso, trattato però con mano elegante, senza volgarità (e questa è davvero una caratteristica del film); il rifuggire da ogni connotazione di costume o sociologica o politica, di cui lo spettatore ha subito una ubriacatura e che purtroppo ancora per un pezzo farà sentire le sue qualunquistiche conseguenze; il corretto dosaggio degli ingredienti e la fattura professionalmente efficiente; lo sviluppo semplice ed efficace della dimensione faceta; il pizzico di sfottò nei confronti dei moralismi di bassa lega e dei politicanti che cianciano dei grandi principi anche quando sono alle prese con certi piccolissimi o meno piccoli peccati; l'accettazione pacata di una situazione, il considerare in modo abbastanza maturo, dopo tutto, gli appartenenti al terzo sesso, visti come "diversi ma uguali". [...]»

Riconoscimenti

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Seguiti, rifacimenti e citazioni

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  1. ^ Dai titoli di coda della pellicola
  2. ^ Il vizietto (1978). Location verificate, su davinotti.com. URL consultato il 24 luglio 2024.
  3. ^ (EN) Foreign Language Movies at the Box Office, su Box Office Mojo. URL consultato il 16 gennaio 2023.
  4. ^ Stagione 1978-79: i 100 film di maggior incasso, su hitparadeitalia.it. URL consultato il 20 settembre 2015.
  5. ^ p. per. [Piero Perona], Che bel divertimento la cena dei travestiti!, in Stampa Sera, 20 ottobre 1978, p. 21.
  6. ^ a.v. [Achille Valdata], Incredibili equivoci d'uno strano ménage, in La Stampa, 21 ottobre 1978, p. 8.
  7. ^ m. ac. [Mirella Acconciamessa, Il guaio di guardare le donne (PDF), in l'Unità, 26 ottobre 1978, p. 11.
  8. ^ Ermanno Comuzio, Quale congiuntura d'astri ha posto «Il vizietto» in cima agli incassi?, in Cineforum, n. 181, Federazione italiana cineforum, 1979, pp. 31-38.
  9. ^ Peppard O'Neil in sei film inediti su Retequattro, in la Repubblica, 1º febbraio 1987.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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