Rieti originario (grano)
Il Rieti originario è una cultivar di grano tenero autunnale,[1] originaria della Piana Reatina e diffusa in tutta Italia specialmente tra l'Ottocento e il Novecento.
Molto apprezzata per l'alta resistenza alla ruggine, la varietà fu studiata dal genetista Nazareno Strampelli che la utilizzò come punto di partenza dei suoi esperimenti. È pertanto diretta progenitrice delle sementi elette che ebbero grande diffusione in Italia e all'estero a partire dagli anni Trenta.
Storia
modificaOrigini
modificaLa coltivazione del frumento nella Piana di Rieti ha origini molto antiche e si perde nella notte dei tempi.
La Piana Reatina, originata dal prosciugamento di un antico lago, e ancora parzialmente paludosa fino all'epoca moderna, ha un ambiente e un clima particolarmente favorevole allo sviluppo delle ruggini (freddo in inverno, caldo-umido in estate). Pertanto, per effetto della selezione naturale, il grano coltivato a Rieti ha acquisito nel corso dei secoli una notevole resistenza agli attacchi dei parassiti che provocano la ruggine.[2]
Esportazione
modificaNon è ben chiaro in quale epoca sia iniziata l'esportazione della varietà verso altri territori.[3] È però certo che, già all'inizio dell'Ottocento, il seme Rieti originario era diffuso nell'Umbria e anche in qualche zona delle Marche e dell'Emilia (specialmente nelle campagne di Bologna, Modena e Ferrara).[3]
Questo modesto commercio subì una netta accelerazione nella seconda metà del secolo, quando i miglioramenti nelle vie di comunicazione provocarono un forte aumento della richiesta del seme, che si diffuse in tutto il centro Italia spingendosi fino alla Pianura Padana e al meridione.[3]
L'aumento della richiesta provocò un vertiginoso aumento del prezzo del seme, che in breve tempo arrivò a superare del 25-30% quello del grano per uso alimentare, e portò alla nascita di frodi e contraffazioni (con semi meno pregiati che venivano spacciati per Rieti originario).[3] Inoltre alcuni agricoltori reatini spacciavano per Rieti originario il grano raccolto in collina o in altre zone del circondario, che però non presentava le stesse qualità di quello coltivato nella piana alluvionale di Rieti, contribuendo ad alimentare la confusione.[1]
Per contrastare le frodi il 23 luglio 1871 il Comizio Agrario Sabino deliberò di farsi carico della mediazione tra produttori e acquirenti, garantendo così l'autenticità del seme.[4] Il comizio si occupò inoltre di pubblicizzare i vantaggi del Rieti originario e promosse il miglioramento della procedura di selezione del seme tramite l'acquisto di macchinari meccanici.[4]
Negli anni seguenti la varietà andò incontro ad un successo sempre maggiore: le vendite, favorite dall'apertura al traffico della ferrovia Terni-Rieti-L'Aquila, arrivarono a 20 000 ettolitri l'anno nel 1878 e a 30 000 nel 1884,[4] mentre il prezzo del prodotto passò dalle 35 lire al quintale del 1875, a 41 nel 1876, a 45 nel 1877 per arrivare alle 50 lire del 1879[1] finché nel 1884 superava del 40-50% quello degli altri grani.[4]
Il consistente aumento di prezzo del grano fu conseguenza della scarsa capacità imprenditoriale degli agricoltori reatini, che riuscivano a soddisfare le richieste solo in parte.[1] Si distingueva per lungimiranza solo il principe Giovanni Potenziani, grande proprietario terriero della zona, che aprì un centro di smercio direttamente a Bologna (con il quale piazzava sul mercato emiliano dai 1000 ai 2000 quintali di semi l'anno), e che impiantò campi sperimentali nella zona di San Pastore per studiare la possibilità di aumento della produzione utilizzando fertilizzanti chimici.[1]
In tale periodo il Rieti originario divenne un vero e proprio fenomeno della granicoltura italiana, tanto che sulla rivista Agricoltura Italiana si leggeva che «in tutta Italia vi è una gara, una ressa indicibile per avere il grano di Rieti; non si ha fede, non si confida che in esso» e se ne criticava il suo uso esageratamente generalizzato e indiscriminato.[1]
Alla fine del secolo il ministero dell'Agricoltura lo indicava come uno dei grani più diffusi in Italia.[1]
Nel 1905 una temporanea battuta d'arresto nelle esportazioni e il permanere del problema delle contraffazioni portarono alla costituzione dell'Unione Produttori Grano da Seme, che sostituì il Comizio Agrario Sabino.[4]
Gli esperimenti di Strampelli
modificaLe qualità del Rieti originario spinsero l'agronomo e genetista Nazareno Strampelli a trasferirsi a Rieti per studiarlo da vicino, accettando la cattedra ambulante di granicoltura che fu istituita nel 1903.[1] Strampelli utilizzò il Rieti come base dei suoi esperimenti e iniziò a incrociarlo con altri grani allo scopo di eliminare la sua tendenza all'allettamento.[1][5]
Tuttavia ben presto venne alla luce la divergenza tra gli obiettivi di Strampelli (che intendeva dare vita a nuove specie, prendendo il meglio del Rieti originario e di altri grani provenienti da tutto il mondo) e quelli dell'ambiente agrario reatino (che voleva limitarsi a migliorare la specie autoctona per imporla maggiormente in Italia).[1] I produttori reatini pertanto iniziarono a guardare con sospetto i grani di Strampelli e a ritenerli lesivi dei loro interessi, al punto che nel 1923 l'Unione Produttori Grano da Seme decise di cambiare nome in Unione Produttori Grano da Seme Rieti Originario e di espellere chi coltivava le specie di Strampelli.[5]
Il successo delle nuove sementi elette, comunque, stava ormai superando quello della specie originaria; con il lancio della battaglia del grano da parte del regime fascista furono superate le ultime resistenze degli agricoltori locali, e in tutta Italia la diffusione a tappe forzate delle sementi di Strampelli portò al definitivo tramonto del Rieti Originario.
Ad ogni modo il patrimonio genetico del Rieti fu tutt'altro che perduto, anzi ebbe diffusione ancora maggiore: infatti quasi tutte le sementi elette ottenute da Strampelli erano state originate direttamente o indirettamente dall'incrocio con il Rieti. Tali varietà ebbero enorme diffusione sia in Italia che all'estero, e rimasero tra i grani più coltivati fino agli anni Sessanta.
A partire dagli anni 2010, in seguito ad un ritorno di interesse verso i cosiddetti "grani antichi" e la biodiversità, alcune aziende agricole hanno ripreso la coltivazione del Rieti Originario.[6]
Caratteristiche
modificaIl Rieti Originario rientra nella categoria dei grani teneri autunnali aristati.[1]
La sua qualità principale, che lo rendeva particolarmente apprezzato, era la straordinaria resistenza alle ruggini, una della cause di maggiore danno alle colture.[1] Ad essa, il Rieti aggiungeva una produttività altissima per l'epoca, che a livello sperimentale superava molto spesso i 30 quintali per ettaro e che appariva straordinaria specialmente nelle annate caratterizzate da forti attacchi delle ruggini.[1] Dagli studi condotti negli anni 1910 dai francesi Foëx, Vidal e Garola risultò che nessun altro frumento dell'epoca raggiungeva produttività medie così alte,[1] così come anche in quello condotto nel 1876 a Parma dal Giornale di Agricoltura, Industria e Commercio del Regno d'Italia.[1]
Il suo principale punto debole era la facilità con cui soffriva dell'allettamento.[1] Inoltre, se coltivato all'esterno del suo habitat naturale reatino, perdeva le sue caratteristiche nel giro di 3-4 anni, cosa che costringeva le aziende agrarie ad acquistare periodicamente nuovi semi provenienti da Rieti con costo non trascurabile.[1]
Note
modifica- ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q Archivio di Stato di Rieti, Il grano a Rieti prima di Strampelli: il Rieti Originario, su Museo della scienza del grano "Nazareno Strampelli". URL consultato il 19 novembre 2017., tratto dal libro di Roberto Lorenzetti, La scienza del grano. Nazareno Strampelli e la granicoltura italiana dall'età giolittiana al fascismo, Roma, Ufficio Centrale per i Beni Archivistici, 2000.
- ^ Dario Bressanini, Il Senatore Cappelli e gli altri grani di Nazareno Strampelli, su bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it, 22 marzo 2010. URL consultato il 17 novembre 2017.
- ^ a b c d Palmegiani (1932), pag. 730.
- ^ a b c d e Palmegiani (1932), pag. 731.
- ^ a b Palmegiani (1932), pag. 732.
- ^ Manuela Renzi, Geo: I grani di Rieti, stagione 2017/18, Rai 3, 9 novembre 2017, a 0 h 56 min 30 s.
Bibliografia
modifica- Pietro Odoardo Vincentini, Cenni monografici sul grano da seme della valle di Rieti, Rieti, tipografia Trinchi, 1876.
- Giuseppe Palmegiani, Monografia del grano da seme originario, Rieti, tipografia Trinchi, 1884.
- Francesco Palmegiani, Il commercio del grano da seme della Piana Reatina, in Rieti e la Regione Sabina. Storia, arte, vita, usi e costumi del secolare popolo Sabino: la ricostituita Provincia nelle sue attività, Roma, edizioni della rivista Latina Gens, 1932, pp. 730-733.