Coordinate: 46°08′37.27″N 9°22′53.73″E

Forte Montecchio Nord: differenze tra le versioni

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{{Infobox struttura militare
{{F|guerra|dicembre 2010}}
|Nome = Forte Montecchio-Lusardi
{{w|guerra|dicembre 2009}}
|Nome originale = Forte Montecchio nord
[[File:Forte Montecchio (Colico) 57.jpg|thumb|right|200px|Batteria corazzata principale al Forte Montecchio]]
|Parte di = [[Linea Cadorna]]
Il '''Forte Montecchio-Lusardi''' è un forte militare che si trova a [[Colico]], in [[provincia di Lecco]].
|Posizione geografica =
|Struttura = Installazione protetta
|Immagine = Forte Montecchio (Colico) 57.jpg
|Didascalia = Batteria corazzata principale di forte Montecchio
|Stato = {{ITA 1861-1946}}
|Stato attuale = {{ITA}}
|Suddivisione = {{IT-LOM}}
|Città = [[Colico]]
|LatGradi = 46
|LatPrimi = 08
|LatSecondi = 37.27
|LatNS = N
|LongGradi = 9
|LongPrimi = 22
|LongSecondi = 53.73
|LongEW = E
|Tipologia = Batteria corazzata
|Utilizzatore = [[Regno d'Italia]] <small>fino al 1943</small><br>
[[Italia]] <small>fino al 1991</small>
|Primo proprietario =
|Stile =
|Funzione strategica = Difendere l'accesso alla Lombardia da eventuali attacchi provenienti dalla [[Valchiavenna]] e dalla [[Valtellina]]
|Termine funzione strategica = post-seconda guerra mondiale
|Inizio costruzione = 1913
|Termine costruzione = 1914
|Costruttore =
|Materiale =
|Armamento = 4 cannoni [[149/35 Mod. 1917]] in cupola corazzata
|Altezza = 275 [[m.s.l.m.]]
|Demolizione =
|Condizione attuale = Visitabile, in buona parte restaurato
|Proprietario attuale = Associazione Museo della Guerra Bianca in Adamello<ref>{{cita web|url=http://www.museoguerrabianca.it/index.php?option=com_content&task=view&id=207&Itemid=395|titolo=Forte Montecchio nord - "Museo della Guerra Bianca"|accesso=03 maggio 2011}}</ref>
|Visitabile = Si
|Presidio =
|Comandante attuale =
|Comandanti storici =
|Occupanti =
|Azioni di guerra =
|Eventi =
|Note =
|Sito web = http://www.fortemontecchionord.it
|Ref = ''note presenti nel testo''
}}
Il '''forte Montecchio-Lusardi''' è una struttura militare fortificata edificata sull'altura di Montecchio nord situata a nord-est della stazione ferroviaria di [[Colico]], su una collina rocciosa che domina la foce dell'[[Adda]] che si immette nel [[lago di Como]]<ref name="S.Cassinelli|p. 18">{{cita|S. Cassinelli|p. 18}}</ref>. Posizionato strategicamente a controllo degli sbocchi delle valli che avrebbero permesso l'accesso alla [[Lombardia]] da parte di eventuali invasori svizzeri dalla Valchiavenna e austriaci dalla Valtellina, il forte venne edificato tra il 1913 e il 1914, nell'ambito della linea difensiva chiamata "Occupazione Avanzata Frontiera Nord" (OAFN) o più semplicemente [[Linea Cadorna]], con la funzione di difendere la porta d'accesso alla penisola lungo la direttrice di Colico e [[Lecco]], bloccando gli accessi della Valtellina e della Valchiavenna<ref>{{cita|S. Cassinelli|p. 15}}</ref>.


Per quanto riguarda la Valtellina è opportuno ricordare che fino al 1918 il [[passo dello Stelvio]], ha segnato la linea di confine tra Italia e [[Austria-Ungheria]] e fin da inizio secolo si temeva una possibile invasione autro-ungarica proprio in quella zona<ref name="S.Cassinelli|p. 15"/>. Mentre per quanto riguarda la Valchiavenna, la [[Confederazione Elvetica]] seppur mantenendo sempre la sua neutralità, costrinse i vertici militari italiani a non sottovalutare una possibile alleanza svizzera con i nemici dell'Italia o un semplice tacito consenso per il transito di un esercito<ref name="S.Cassinelli|p. 16">{{cita|S. Cassinelli|p. 16}}</ref>.
La posizione geografica di Colico, allo sbocco di due vallate alpine che attraverso i passi dello [[Passo dello Spluga|Spluga]], del [[Passo del Maloja|Maloja]] e dello [[Passo dello Stelvio|Stelvio]] mettono in comunicazione la [[Lombardia]] con il centro dell'[[Europa]], ha portato nei secoli alla costruzione di diverse opere di sorveglianza e sbarramento, fra le quali, oltre al celebre [[forte di Fuentes]], le due torrette che sorgono sulla sinistra prima di raggiungere il forte Montecchio.


Al momento della sua costruzione il forte venne chiamato Montecchio nord, in corrispondenza della località in cui venne edificato. Solo in seguito, nel 1939, il forte fu dedicato, come era in uso comune in quel periodo, alla [[medaglia d'oro al valor militare]] [[Aldo Lusardi]], caduto il 5 novembre 1935 durante un scontro a fuoco nei pressi di Addi Gundi, mentre col suo plotone si dirigeva a [[Macallè]], durante le operazioni militari italiane nell'ambito della [[Guerra d'Etiopia|campagna d'Etiopia]]<ref>{{cita|S. Cassinelli|p. 20}}</ref>.
Il forte Montecchio è l'unico forte italiano ad aver conservato intatto il suo armamento originario, costituito da quattro cannoni Schneider calibro 149, capaci di una gittata di precisione fino a 14 km.
Il forte, realizzato fra il [[1911]] e il [[1914]], in previsione di un attacco che violasse la neutralità della [[Svizzera]], è analogo per struttura e per armamento a quelli che difendevano i confini lungo tutto l'arco delle Alpi. Data l'evoluzione degli eventi il forte rimase inattivo durante la [[Prima guerra mondiale]] e non trovò grande impiego nella seconda. Dopo la liberazione fu utilizzato come polveriera e definitivamente dismesso nel [[1981]].
La visita al forte consente oggi di osservare le soluzioni architettoniche, tecniche ed organizzative (alcune delle quali davvero innovative per l'epoca) adottate all'inizio del secolo nell'edificazione dei forti militari: la grande camerata, il locale per l'ufficiale, la polveriera scavata nella viva roccia e il camminamento che sale verso la batteria dei cannoni. Sono proprio questi, protetti dalle cupole pesanti circa 100 tonnellate ciascuna, a costituire l'attrattiva principale del forte. I meccanismi di funzionamento sono pressoché intatti: è possibile sollevare le bocche da fuoco senza fatica.


== La situazione politico-militare ==
{{portale|guerra}}
Nell'ottica di garantire la massima sicurezza possibile al suo territorio, lo Stato maggiore italiano fin dalla nascita del Regno, decise di fortificare i confini italiani [[Confine tra l'Italia e la Svizzera|italo-elvetici]] e successivamente anche [[Confine tra l'Austria e l'Italia|italo-austriaci]], con una serie di [[fortificazioni]] munite di [[batteria (militare)|batterie]] per bloccare eventuali tentativi di invasione<ref>{{cita|R. Corbella|p. 13}}</ref>.
Nonostante l'[[Triplice Alleanza|alleanza]] italiana con Germania e Austria del 1882, i rapporti tra queste tre nazioni si deteriorarono rapidamente, e a seguito del riavvicinamento tra Italia e Francia i lavori di fortificazione dei confini elvetici divennero di primaria importanza. Il pericolo che la Svizzera rappresentasse una via d'accesso per un'invasione tedesca o austriaca del nord Italia era decisamente forte, e si diede il via a poderosi interventi che interessarono il [[Comunità Montana del Lario Intelvese|territorio Lariano]] e la Valtellina<ref name="S.Cassinelli|p. 8">{{cita|S. Cassinelli|p. 8}}</ref>.

Tutto fu predisposto per fermare un'eventuale tentativo di invasione che avrebbe potuto portare gli ex-alleati della Triplice Intesa a scegliere di passare attraverso la Svizzera, il [[passo del Tonale]] o quello dello [[passo dello Stelvio|Stelvio]]. Alla fine i timori si dimostrarono infondati; e anche se lo Stelvio fu teatro di violenti scontri, l'Austria non tentò mai un attacco definitivo in quel passo<ref name="S.Cassinelli|p. 8"/>.

== La costruzione del forte ==
I progetti per la costruzione di una linea difensiva nel settore di confine elvetico si alternarono e susseguirono sin da fine '800 a causa dei seri problemi di bilancio che affliggevano il Regno<ref name "truppealpine" >{{cita web|url=http://www.truppealpine.it/Forte%20Montecchio.htm|titolo=Forte Montecchio Lusardi|editore=truppealpine.it|accesso=17 agosto 2011}}</ref>. Questi problemi portarono i finanziamenti alle forze armate a calare vistosamente tra il 1897 e il 1906 per poi avere una logica risalita tra il 1907 e il 1912 quando l'aria di guerra iniziava a farsi sentire in Europa. Ma la vera svolta nella realizzazione di una possente linea difensiva al confine svizzero si ebbe con la legge del 23 giugno 1912.
Con questa legge partirono realmente i lavori quell'imponente struttura difensiva che fino ad allora aveva avuto più che altro delle prove generali, e con la legge 710 pubblicata sulla [[Gazzetta Ufficiale]] del 10 luglio 1912 venne<ref name="S.Cassinelli|p. 10">{{cita|S. Cassinelli|p. 10}}</ref>:
{{quote|approvata una maggiore assegnazione di L. 60.000.000 a favore del Ministero della guerra da ripartirsi negli esercizi 1912-'18<ref name="S.Cassinelli|p. 10"/>}}

Forte Montecchio venne costruito in poco più di un anno, e anche se fin dal 1871 si prevedeva di costruire un nuovo forte sulla sommità del Montecchio per sostituire il vecchio e distrutto [[Forte di Fuentes|Fuentes]], i lavori non presero mai concretamente il via, e nel 1882 il Comitato di Stato Maggiore Generale si espresse decisamente contro la costruzione dell'opera proposta ritenendo poco probabile una violazione da parte austriaca del territorio svizzero, anche se da parte tedesca, un'invasione, era facilmente prevedibile<ref name="S.Cassinelli|p. 13">{{cita|S. Cassinelli|p. 13}}</ref>.
Si giunge così al 1901 quando il Ministro della guerra progetta la realizzazione di alcune batterie in barbetta. Due formate da quattro pezzi da 149G e protette da un parapetto in cemento da piazzare a Fuentes mentre una terza con due cannoni da 57&nbsp;mm e uno da 120&nbsp;mmda mimetizzare in una caverna della penisola di Piona.
Le incertezze sulla posizione militare italiana e quindi l'individuazione di un nemico in un periodo di grossi movimenti diplomatici, fece ritardare gli interventi fino alla sospensione dei lavori<ref name "truppealpine"/>.

Più volte la realizzazione di queste opere sembrò vicina, ma solo nel 1911 lo Stato Maggiore si pronunciò sulla [[Linea Cadorna#Settori e postazioni di batteria|linea di operazione Mera-Adda]]. Oltre a varie opere accessorie si prevedeva la realizzazione di un'opera sul Montecchio sud che sarebbe stata armata con [[149/35 Mod. 1917|cannoni da 149A]] installati in pozzi protetti da copertura metallica, la cui direttrice di fuoco sarebbe stata verso la sponda occidentale del lago di Como in direzione [[Domasio]]<ref name="S.Cassinelli|p. 14">{{cita|S. Cassinelli|p. 14}}</ref>.
Altri quattro pezzi sarebbero stati piazzati a Piona per dare appoggio al Montecchio e controllare le interruzioni stradali, mentre restavano le postazioni al Fuentes che avrebbero dovuto dare copertura al Montecchio.
Nel mese di giugno 1911 però alcuni membri dello Stato Maggiore, dopo aver effettuato delle ispezioni in prossimità della frontiera svizzera, decretarono di dover costruire il forte sul Montecchio nord<ref name="S.Cassinelli|p. 14"/>.

I finanziamenti iniziali furono di 750.000 lire, attinti dalla legge 710, e l'ordine di esecuzione dei lavori risalgono all'8 aprile 1913, basati sui progetti esecutivi redatti dalla Direzione lavori del Genio Militare di Milano. Grazie ai parziali lavori degli anni precedenti, al 1913 la strada di accesso alla collina e i ricoveri per la truppa erano già quasi ultimati, cosicchè nel dicembre dello stesso anno le strade di accesso e gli alloggi furono completati.
Allo scoppio del [[prima guerra mondiale|primo conflitto mondiale]] i lavori erano ancora in corso benché procedessero a forte velocità, e lo scoppio della guerra diede un ulteriore impulso, tanto che il 6 dicembre 1914 il forte Montecchio nord risultava armato e operativo.
Vennero approntate anche diverse opere nel territorio circostante; una batteria da 75&nbsp;mm piazzata al di sotto del [[castello di Vezio]] sopra [[Varenna]] che avrebbe dovuto battere la zona sottostante e la riva occidentale del lago di Como, e vennero predisposte diverse postazioni su [[monte Legnone]] e [[monte Legnoncino|Legnoncino]]<ref name "truppealpine"/>.

L'alto Comando italiano decise di spostare i cannoni in luoghi più protetti e difficilmente identificabili dai nemici, cCosì, come in molti altri forti, nel luglio del 1915 l'armamento del Montecchio venne smantellato. Solo nel marzo del 1918 Badoglio, ritenendo imminente una calata da parte dell'esercito austriaco, ordinò di riarmare tra gravi difficoltà logistiche il forte<ref name "truppealpine"/>.

=== Funzione strategica ===
{{vedi anche|Linea Cadorna}}
[[File:149SchneiderMontecchioesterno.jpg|thumb|Una delle cupole del forte Montecchio, sullo sfondo la Valtellina]]
Nei secoli Colico ha avuto un ruolo di primaria importanza per la difesa del territorio, è stato una sorta di porta d'accesso sempre ben custodita. Esempio storico di questo ruolo è ben chiaro osservando il forte di Fuentes realizzato nel 1603 con lo scopo di controllare le incursioni dei [[Grigioni]] dalla Valchiavenna.
Il principio di forte Montecchio, benchè costruito 300 anni dopo, è il medesimo del Fuentes: lo sbarramento della porta che avrebbe consentito l'accesso al resto della penisola, infatti appena oltrepassata Colico, bastava giungere a Lecco per poi trovare una "lunga discesa" sino al [[fiume Po]]<ref name="S.Cassinelli|p. 15">{{cita|S. Cassinelli|p. 15}}</ref>.

La linea difensiva in questo settore, inserita nell'Occupazione Avanzata Frontiera Nord era ideata per bloccare le due principali vie d'accesso, la Valtellina e la Valchiavenna. Sopratutto dalla Valtellina si temeva un'invasione austriaca attraverso il passo dello Stelvio che all'epoca rappresentava la linea di confine tra Italia e Austria<ref name="S.Cassinelli|p. 15"/>.
Mentre la Valchiavenna era considerata una minaccia in quanto si temeva che le truppe sia austriache che tedesche potessero scendere attraverso la Svizzera per entrare in Italia<ref name="S.Cassinelli|p. 16"/>.

Il forte Montecchio controllava entrambi gli accessi, e l'area sotto controllo del Comando della Fortezza di Colico era ben definita dalla circolare datata 6 giugno 1915 a firma del comandante del forte, [[tenente colonnello]] Bonalti:
{{quote|In seguito ad ordine del Ministero della Guerra, la Fortezza di Colico è dichiarata in istato di resistenza. La zona di territorio compresa in detta dichiarazione è così delimitata: M.Legnone - M. La Tagliata - M. Pilatone - Talamona - culmine di Dazio - M. Spluga - Verceia - M. Berlinghera - Pizzo Sasso Canale - costone di Pizzo Rabbi - linea di confine Pizzo Martello - passo di San Jorio - pizzo di Gino - M. Bregagno - Rezzonico - Dervio - Sueglio - M. Legnone.<br>Salvo nuove disposizioni, nessuna variazione è necessaria al normale funzionamento delle autorità civili e politiche nel territorio della Fortezza<ref>{{cita|S. Cassinelli|pp. 16-17}}</ref>}}
Nonostante sia stata una linea di grande resistenza, il caposaldo di Colico rappresentava anche l'ultima barriera verso la penisola. Se un attacco nemico in forze avrebbe sfondato la prima linea e superato anche le postazioni di interruzione stradale (ponti, strade, gole strette erano state minate), l'invasore si sarebbe trovato innanzitutto rallentato nello slancio e ciò avrebbe consentito alle truppe italiane di potersi attestare sulle posizione della Linea Cadorna (quindi del settore Mera-Adda), e utilizzare i forti di Colico per bombardare strade e ferrovie, bloccando di fatto l'invasore sulle posizione prese grazie alla sorpresa dell'attacco<ref>{{cita|S. Cassinelli|p. 17}}</ref>.

== Struttura ==
Forte Montecchio è posizionato a 275&nbsp;[[m.s.l.m.]] a nord di Colico. La struttura è formata da due blocchi distinti, il piano batterie dove si trovano le quattro artiglierie, e il ricovero destinato agli alloggi della truppa. I due blocchi sono collegati da un camminamento coperto di circa 140&nbsp;m di lunghezza.
L'area destinata al ricovero si trova nella parte più bassa del forte a 258&nbsp;m.s.l.m.; in questo spazio, ricavato grazie al parziale sbancamento di una parte della collina, trovava posto la camerata destinata alla truppa, un unico locale riscaldato in grado di ospitare circa 40 uomini e altrettante brandine e armadietti per gli effetti personali<ref name="S.Cassinelli|p. 22">{{cita|S. Cassinelli|p. 22}}</ref>.

=== Il ricovero ===
[[File:RicoveriMontecchio.jpg|thumb|upright|Cortiletto interno che separa a sinistra i ricoveri veri e propri per la truppa e a destra la cucina e i magazzini. Sullo sfondo l'entrata per i bagni della truppa.]]
La seconda frazione della struttura è divisa in quattro diversi locali, il primo fu originariamente destinato alla fureria, nel secondo trovava posto il locale comando con una mappa murale rappresentante il territorio interessato da eventuali operazioni militari nel settore interessato (anche se per un periodo il locale divenne allo stesso tempo l'alloggio degli ufficiali). Il terzo locale venne utilizzato come infermeria e in seguito come alloggio dei comandanti del forte<ref>I comandanti non furono sempre degli ufficiali, in alcuni periodi l'incarico venne assunto da sottoufficiali che risiedevano stabilmente nel forte mentre gli ufficiali erano alloggiati a Colico. - vedi {{cita|S. Cassinelli|p. 22}}</ref>, dove trovava posto una pompa per l'acqua potabile che sarebbe servita per l'infermeria ma anche per gli [[ufficiali]] che potevano avere questo servizio in camera. Il quarto locale fu invece utilizzato come armeria come dimostra la rastrelliera ancora presente<ref name="S.Cassinelli|p. 22"/>.
Tutta questa struttura è fortificata con spessi muri di [[cemento armato]] e pietra che variano tra il metro e 50&nbsp;cm ai due metri di spessore; inoltre i lati nord, est e ovest sono protetti dalla collina stessa in cui la struttura si incastra. Queste pareti furono realizzate per resistere a colpi diretti di [[artiglieria]] di [[calibro (arma)|medio calibro]]<ref name="S.Cassinelli|p. 22"/>.

Il lato est del ricovero è appoggiato alla roccia con il tetto e con le fondamenta, ma su tutta la parete è presente un'intercapedine a vista di circa 70&nbsp;cm, realizzata per controllare l'umidità dell'ambiente. Ma tutta la struttura è realizzata in modo tale da controllare il livello di umidità e mantenerre i locali asciutti; in ogni locale è presente una grata incassata nel muro per il circolo dell'aria tra gli ambienti, mentre sul tetto vi sono una serie di camini con la medesima funzione<ref name="S.Cassinelli|p. 23">{{cita|S. Cassinelli|p. 23}}</ref>.

Antistante il ricovero è presente una struttura non fortificata su un solo piano dove trovavano spazio la cucina, alcuni magazzini e ripostigli utilizzati con gli scopi più diversi, i bagni per la truppa e quelli per gli ufficiali. Di fronte alle cucine è inoltre ancora presente l'originale pompa per l'acqua a depressione.
Ad ovest del ricovero è poi presente un ampio piazzale utilizzato come campo da calcio e svago, ancora oggi è possibile vedere il campo da bocce utilizzato dalla guarnigione, ma negli [[anni '50]] quando il forte era utilizzato solo come polveriera, sul campo è stato posizionata una rastrelliera metallica per le bocchette antincendio. Sempre in questo ampio piazzale trovava posto il ricovero dei muli o dei cavalli, ricovero che successivamente divenne deposito per la legna<ref name="S.Cassinelli|p. 23"/>.

=== Il camminamento coperto ===
[[File:InizioCamminamentoMontecchio.jpg|thumb|left|Parte iniziale curva del camminamento che dal ricovero porta ai locali delle [[artiglierie]]. Immagine presa dallo spiazzo d'ingresso.]]
Il ricovero è collegato alla batteria attraverso un camminamento coperto fortificato, con uno spessore di 150&nbsp;cm di cemento armato sul lato ovest e appoggiato alla montagna sul lato est. Il camminamento ha un'ampiezza di 250&nbsp;cm e un'altezza di 3 metri mentre la volta superiore ha uno spessore di circa un metro e venti cm ed è realizzata con pietre irregolari di granito<ref name="S.Cassinelli|p. 24">{{cita|S. Cassinelli|p. 24}}</ref>.
Nelle mura del camminamento sono state realizzate dieci [[feritoia|feritoie]] in granito lavorato a bocca di lupo, che permettono un ampio raggio per il tiro offrendo al nemico un bersaglio ridotto.
Queste feritoie erano inoltre protette da piastre metalliche con due spiragli che permettevano il tiro al fucile, piastre che potevano anche essere abbattute dall'interno verso l'esterno per posizionare [[mitragliatrici]] o gettare [[granata (arma)|ordigni esplosivi]]<ref name="S.Cassinelli|p. 24"/>.

Proseguendo lungo il camminamento, circa a metà, ci si imbatte sulla destra in un secondo corridoio interamente scavato nella roccia in direzione est, in cui trova spazio la polveriera costituita da una serie di sei riservette dove venivano depositati gli esplosivi.
Continuando il camminamento principale sulla sinistra si trovano due stanzine non fortificate appoggiate al camminamento. Il primo di questi spazi serviva per armare i petardi d'innesco o cannelli, mentre nel secondo venivano armati i proietti. Le mura esterne (quelle non appoggiate al camminamento), non erano fortificate per permettere a eventuali esplosioni accidentali durante le operazioni di innesco di sfociare al di fuori del camminamento fortificato, evitando in questo modo dei danni alla struttura e al personale che si trovasse nelle vicinanze. Verso la conclusione, il camminamento svolta due volte, prima a destra poi a sinistra dove ci si trova dinnanzi al lavatoio per la truppa; una vasca in pietra, con una pompa a depressione e una cisterna d'acqua in legno rivestita internamente in [[stagno]] appesa al muro<ref name="S.Cassinelli|p. 24"/>.

==== La polveriera ====
[[File:CorridoioPolverieraMontecchio.jpg|thumb|left|upright|Corridoio della [[polveriera]] con ai lati gli ingressi alle riservette.]]
Accessibile dal camminamento coperto, la [[polveriera]] del forte è interamente ricavata all'interno della montagna, ed è formata da un lungo corridoio sui lati del quale sono ricavate sei riservette.
Tutto il corridoio della polveriera è ricoperto da un sistema di deumidificazione per mantenere il più asciutto e fresco possibile l'ambiente in cui venivano conservate le polveri da sparo.
Questo sistema è realizzato tramite una [[lamiera]] [[zinco|zincata]] collocata su tutto il soffitto della polveriera di cui segue i movimenti, le curvature e le [[volta (architettura)|volte]]. La lamiera è posta ad alcuni centimetri dalle pareti permettendo il passaggio di aria nello spazio vuoto ottenuto, in modo tale che la stessa aria raffreddi la lamiera che a sua volta permette la condensazione dell'[[umidità relativa|umidità presente nell'aria]]. Le gocce che si venivano a formare, erano poi incanalate in apposite [[grondaia|grondaie]] che portavano a terra dove due scanalature ai lati del pavimento del corridoio permettevano il defluire dell'acqua lungo il corridoio fino ad appositi tombini collegati all'esterno<ref name="S.Cassinelli|p. 29">{{cita|S. Cassinelli|p. 29}}</ref>.

Le sei riservette sono posizionate in modo alternato lungo il corridoio, in modo tale da non avere due ingressi di fronte all'altro come precauzione per eventuali esplosioni. La prima riservetta che si incontra sulla sinistra è la più piccola e veniva usata per il deposito dei petardi d'innesco o cannelli. Le altre riservette sono di maggiori dimensioni (da 16 a 30 metri quadrati) ma strutturalmente identiche alla prima.
Il pavimento dei sei ambienti sono realizzati in legno con chiodatura in bronzo per evitare scintille e sopraelevati dal suolo di circa 30 cm in modo tale da creare un'intercapedine d'aria che garantisse il ricircolo d'aria<ref name="S.Cassinelli|p. 29"/>.
[[File:MeccanismoSollevamentoProiettiMontecchio.jpg|thumb|L'[[argano]] a mano con la manovella utilizzato per far salire al piano superiore i proietti.]]

=== L'edificio batteria ===
Alla fine del camminamento di collegamento, si entra definitivamente nell'edificio a due piani comprendente le quattro artiglierie del forte Montecchio. Inizialmente ci si imbatte subito in tre grandi depositi interamente scavati nella montagna utilizzati come depositi per le [[ogiva|ogive]] e le [[cartuccia|cartucce]]. Sempre in questa porzione di edificio si trovano tre [[montacarichi]] mossi da [[argano|argani]] manuali per trasportare al piano superiore gli ordigni per le artiglierie<ref name="S.Cassinelli|p. 25">{{cita|S. Cassinelli|p. 25}}</ref>.

Da questo spazio, tramite una scalinata si sale nel corridoio batteria, lungo 60 m e largo tre. Lungo questo corridoio si trovano due uscite, una all'inizio ed una alla fine, e quattro uscite posizionate dinanzi alle quattro scale di accesso alle torrette corazzate che ospitano le artiglierie. Lungo questo corridoio si trovano anche i locali per i bagni della truppa e ufficiali oltre che un ampio magazzino per le attrezzature necessarie alle artiglierie<ref name="S.Cassinelli|p. 25"/>.
Di fronte alla scala di accesso al corridoio batteria si trova anche l'importantissima sala comando con annessa [[torretta d'osservazione]] per il puntamento e gli [[interfono]] per le comunicazioni con le riservette. Lungo il corridoio si trovano le cinque riservette per la preparazione delle cariche di lancio e le quattro scale di accesso alle quattro torrette girevoli.
Questa parte del forte sovrasta il piazzale interno circondato da alte mura e controllato da una serie di feritoie per il tiro incrociato per proteggere l'accesso all'edificio.
Nel piano sottostante erano dislocati i locali per i [[Generatore di corrente|generatori]], le [[batteria stazionaria|batterie stazionarie]] e il motore principale d'aspirazione dei fumi, che metteva in modo il complesso meccanismo di aerazione<ref name="S.Cassinelli|p. 26">{{cita|S. Cassinelli|p. 26}}</ref>.
Il tetto dell'edificio è sovrastato dai quattro pezzi da 149/35 e sono visibili anche la cupola osservatorio, una piccola garitta per la sentinella e un punto trigonometrico collocato al di sopra di un piccolo pilastro di cemento, queste ultime realizzate nel 1939<ref name="S.Cassinelli|p. 26"/>.

==== Le artiglierie ====
[[File:149SchneiderMontecchio.jpg|thumb|[[Culatta]] e [[otturatore]] di un pezzo da 149/35 Scheneider in cupola corazzata]]
{{vedi anche|149/35 Mod. 1917}}
I quattro cannoni di forte Montecchio, due di costruzione [[Schneider Electric|Schneider]] e due di costruzione italiana su licenza francese, sono gli unici pezzi del genere in Italia ancora piazzati in istallazioni girevoli ancora funzionanti. I cannoni sono posizionati in cupole in grado di ruotare a 360°, con un alzo che va da -8° a +42°; il blocco cupola ha un peso di 99.830 chilogrammi, mentre la sola canna pesa 3.800 kg<ref>{{cita|S. Cassinelli|p. 37}}</ref><ref>Ogni cannone, dal peso di 3.800 Kg, poteva utilizzare proiettili di tipo diverso. Lo Sharapnel, da 52 Kg, raggiungeva obbiettivi posti a 11.6 Km, mentre le granate 149 S, pesanti 42 Kg, arrivavano fino a 12.1 Km. Più leggere, ma con portata decisamente superiore, le granate monoblocco da 37 Kg, capaci di raggiungere distanze di 14.2 Km. Vedi: {{cita web|url=http://www.truppealpine.it/Forte%20Montecchio.htm|titolo=Forte Montecchio Lusardi|editore=truppealpine.it|accesso=17 agosto 2011}}</ref>.
La cupola Schneider ruota su un'apposita rotaia grazie a 40 [[Rullo (trasporto)|rulli]] di [[bronzo]], e tutto il perimetro interno della cupola, proprio alla base dei rulli, è percorso da una [[scala graduata]] per la direzione del tiro. La cupola è formata da due segmenti in acciaio dello spessore di 14 cm, cementali nella parte esterna e temprati nella parte interna con sottocorazza formata da due lamiere sovrapposte di 12 mm ciascuna. Il blocco è composto da due piastre saldate fra loro, una anteriore con un peso di 12.700 kg e quella posteriore da 13.000 kg dove è presente uno sportello apribile che però non ha nessuna funzione in quanto predisposto per l'uso sulle navi. Le cupole erano realizzate per resistere ad un tiro diretto, purtroppo però gli obici austriaci colpivano dall'alto e non da lato, colpendo le strutture di questo tipo con effetti devastanti. Le cupole erano realizzate con profili bassi per deviare i proietti in arrivo con [[Angolo d'incidenza|angoli d'incidenza]] intorno ai 30°, ma il tiro da obice e mortaio avevano un angolo di caduta di norma superiore ai 45°, quindi devasante per le cupole di questo tipo<ref>{{cita|S. Cassinelli|pp. 42,43}}</ref>.

==== I generatori ====
[[File:PannelloControlloGeneratoreMontecchio.jpg|thumb|upright|Il [[quadro elettrico]] nella sala dei [[Generatore di corrente|generatori]].]]
La sala dei generatori, dove veniva prodotta l'energia elettrica necessaria al funzionamento degli impianti di aspirazione e di illuminazione, è il cuore del forte. Erano presenti due differenti motori che, alimentati da un olio combustibile simile alla [[benzina]], producevano l'energia elettrica utile al funzionamento degli apparati elettrici e parzialmente accumulata su batterie stazionarie che fornivano l'energia utile alle apparecchiature.
Tutti gli interruttori a coltello sono posizionati su quadri elettrici in marmo realizzati dalla "[[Ercole Marelli|Ercole Marelli & C. - Milano]]", mentre i motori per l'impianto di aspirazione dei fumi era composto da sei motori tutti realizzati dalla "[[Allgemeine Elektrizitäts-Gesellschaft|AEG]] [[Allgemeine Elektrizitäts-Gesellschaft#AEG in Italia|Thomson-Houston Società Italiana di Elettricità]]" , che permettevano di aspirare i fumi prodotti dai cannoni e in tutto il corridoio della batteria, nella sala comando, nelle cinque riservette per la preparazione delle cariche, nei bagni posti nel corridoio batteria e nei depositi delle ogive e delle cartucce a pian terreno<ref>{{cita|S. Cassinelli|pp. 31,32}}</ref>.

I fumi aspirati non venivano espulsi nella parte superiore del forte, ma incanalati dal motore principale in un cunicolo sotterraneo che portava i fumi a percorrere circa 50 m passando sotto il cortile interno del forte e i magazzini, per scaricarli all'esterno delle mura nella boscaglia che circondava il forte. Questa dispersione dei fumi garantiva la sicurezza del forte, infatti se i fumi fossero stati scaricati in alto, il nemico avrebbe avuto gioco facile nell'individuare del forte, consentendo tiri precisi sulla struttura. Un altro stratagemma utilizzato per diminuire l'individuazione del forte, fu l'uso di una sorta di "[[marmitta catalitica]]" che filtrava il fumo denso e scuro di scarico dei motori tramite una cisterna d'acqua che depurava il fumo, che diventava bianco e freddo e difficile da individuare<ref>{{cita|S. Cassinelli|pp. 32,33}}</ref>.

== Le azioni al Montecchio ==
Durante la [[prima guerra mondiale]], nonostante l'importante posizione strategica, il forte non fu mai coinvolto in azioni di guerra e la guarnigione del forte (circa 30-40 uomini) composta sopratutto da artiglieri, non furono mai chiamati in azione<ref>{{cita|S. Cassinelli|p. 63}}</ref>. Negli anni '30 la struttura venne sempre affidata a un reparto di artiglieri del 4° Reggimento di artiglieria, e l'unico episodio di rilievo che si ebbe prima dello scoppio della [[seconda guerra mondiale]], fu la cattura di due [[spie]] francesi nel 1938, bloccate dalle guardie in prossimità della struttura. Nel 1939 il controllo del forte passò al 40<small>imo</small> Gruppo artiglieria del dodicesimo settore della [[Guardia alla Frontiera]], dove gli artiglieri utilizzarono il forte per l'addestramento<ref>{{cita|S. Cassinelli|p. 64}}</ref>.

=== La seconda guerra mondiale ===
Allo scoppio della guerra il forte fu ancora utilizzato per l'esercitazione e l'addestramento della guarnigione, ma nonostante il duro esercizio, la tranquillità del settore concesse anche diversi momenti di svago, tanto che nel 1940 molti dei militari del forte furono scritturati come comparse nel film ''[[I promessi sposi (film 1941)|I promessi sposi]]'' di [[Mario Camerini]]<ref>{{cita|S. Cassinelli|p. 66}}</ref>.

==== L'8 settembre 1943 ====
All'interno del forte la vita proseguì tranquilla fino al settembre 1943, quando dopo [[Armistizio di Cassibile|l'armistizio]] e la [[Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943|resa dell'Italia agli Alleati]], un reparto tedesco entrò all'interno del forte con l'intento iniziare di deportare la guarnigione in Germania. Ciò non avvenne, e gli artiglieri furono riportati al forte per continuare a il presidio<ref>{{cita|S. Cassinelli|p. 68}}</ref>.
Successivamente, con la costituzione della [[Repubblica Sociale Italiana]], il forte si trovò in un territorio al centro dei combattimenti. I bombardamenti Alleati si moltiplicarono, anche se il forte non fu mai oggetto dell'attenzione dei bombardieri che prenderanno di mira molte zone limitrofe, fino alla vicina stazione ferroviaria di Colico, il cui centro venne sfollato.
In questo periodo non vi fu mai un attacco al forte da parte dei [[partigiani]], ma il forte fu al contrario utilizzato contro i partigiani con l'utilizzo del forte come base per oltre un centinaio di militari italo-tedeschi in funzione antipartigiana<ref>{{cita|S. Cassinelli|p. 74}}</ref>.

==== La liberazione del forte ====
Con la nascita della RSI a Colico venne costituito il "Comitato d'azione antifascista di liberazione nazionale di Colico", che stilò un programma contente le linee guida del gruppo colichese<ref>{{cita|S. Cassinelli|p. 75}}</ref>. Sul finire del 1944, quando l'attività partigiana si era fatta intensa ed estesa su tutto l'[[Lago di Como|Alto Lario]], a forte Montecchio fu inviato il tenente della RSI Alberto Orio per controllare la situazione, e che scoprì un complotto di alcuni militari del forte per far cadere lo stesso nelle mani dei partigiani. Sei militari accusati per alto tradimento furono condannati a morte e trasferiti a Como dove, dopo un secondo processo, la sentenza fu confermata per il 25 aprile 1945. Il giorno prestabilito però ci fu l'insurrezione generale e i sei si salvarono<ref>{{cita|S. Cassinelli|pp. 78,79}}</ref>.

Durante l'ultimo periodo della guerra si fece largo l'idea di utilizzare il forte come ultimo baluardo della resistenza fascista come parte del [[Ridotto alpino repubblicano]] in cui gli ultimi reparti della RSI si sarebbero asserragliati per fermare l'avanzata Alleata in Italia, sfruttando anche le posizioni della [[Linea Cadorna]]<ref>{{cita|S. Cassinelli|p. 80}}</ref>.
Il 20 aprile 1945 il forte passò sotto il comando di un maresciallo tedesco, ma gli eventi precipitarono rapidamente; i tedeschi il 26 piazzarono due mitragliatrici in direzione dell'abitato contro un'eventuale insurrezione, e avrebbero potuto puntare le artiglierie contro l'abitato di Colico oltre che contro il territorio circostante<ref>{{cita|S. Cassinelli|pp. 85, 88}}</ref>. Un tentativo di far arrendere la guarnigione ci fu già il giorno 25 per mano del parroco di Colico, ma senza risultato, così il 26 ci fu un attacco di soldati italiani alle postazioni delle mitragliatrici, che provocò la morte di un soldato tedesco. Seguentemente i soldati italiani, in minor numero all'interno del forte, riuscirono ad imprigionare i tedeschi e dopo una breve battaglia convinsero il resto della guarnigione tedesca ad arrendersi<ref>{{cita|S. Cassinelli|p. 88}}</ref>. Una delegazione del [[CLN]] quindi si incaricò di occuparsi del forte, i prigionieri tedeschi furono inviati presso il collegio del Sacro Cuore, i soldati italiani che parteciparono alla rivolta, lasciarono la struttura in abiti civili facendo sparire ogni traccia della loro permanenza al forte<ref>{{cita|S. Cassinelli|p. 89}}</ref>.

==== L'autocolonna Mussolini ====
Il 27 aprile l'autocolonna italo-tedesca che scortava Mussolini e altri fascisti fu fermata a [[Dongo]], dove i tedeschi consegnarono ai partigiani il Duce, la Petacci e gli altri gerarchi fascisti presenti, ottendendo così il via libera per allontanarsi dalla zona. Nonostante la colonna tedesca al comando del capitano [[Hans Fallmeyer]] si fosse liberata di quell'enorme fardello, fu però fermata a Colico perchè sotto la minaccia dei cannoni del forte Montecchio. Dopo aver avvistato la colonna, il comando del forte, in mano del CLN, chiese il permesso di aprire il fuoco, e nonostante le carte di tiro fossero state date alle fiamme prima della resa della guarnigione tedesca, furono sparati cinque colpi ma nessuno andò a segno. I colpi fecero comunque effetto, il capitano Fellmeyer, pensando di essere sotto tiro, arrestò i mezzi in una zona protetta da alcune abitazioni. A questo punto iniziarono i trattati telefonici tra il comandante tedesco e il comando della [[52ª Brigata Garibaldi "Luigi Clerici"|52<sup>a</sup> brigata Garibaldi]] di stanza a [[Morbegno]]. Il giorno seguente, verso le 15, una telefonata dal comando di Morbegno comunicò al CLN di Colico di preparare una stanza in cui tenere un'importante incontro e la richiesta di un interprete tedesco. Alle 16.10 giunse a Colico un'auto tedesca con bandiera bianca da dove scese il capitano tedesco, che volle la presenza del comandante tedesco del forte ormai prigioniero. All'arrivo di questi, iniziarono le trattative presso l’albergo Isolabella di Colico<ref name "truppealpine"/> e dopo una serrata discussione fu steso un accordo su quattro punti (tra cui il via libera per i tedeschi verso la [[Svizzera]]) e la resa venne firmata<ref>{{cita|S. Cassinelli|pp. 90-94}}</ref>.

=== Gli ultimi colpi del Montecchio ===
Dopo i colpi sparati contro l'autocolonna Mussolini, i cannoni del Montecchio restarono in silenzio fino al 1947, in occasione delle solenni esequie tributate a [[Leopoldo Scalcini]], avvocato e tenente dell'esercito che durante la resistenza comandò una formazione di 57 uomini tra le montagne di Colico e che cadde il 31 dicembre 1944 per opera di una spia che informò i fascisti della posizione di Scalcini e di alcuni uomini che vennero catturati e fucilati a [[Barzio]] in [[Valsassina]]. Nel 1947 i corpi furono riesumati e le spoglie seppellite a Colico, dove gli furono tributati in onore venti colpi di cannone<ref>In realtà i colpi furono 21 in quanto un tiro colpì la montagna ma non esplose e per questo fu ripetuta l'operazione, Vedi: {{cita|S. Cassinelli|p. 98}}</ref>, nella conca di [[monte Legnone]]. Da allora i cannoni di forte Montecchio non spararono più<ref>{{cita|S. Cassinelli|pp. 97,98}}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.anpilecco.it/crono_resistenza.asp|titolo=Cronologia Resistenza Lecchese|editore=anpilecco.it|accesso=17 agosto 2011}}</ref>.

== Il forte Montecchio oggi ==
Dopo la trasformazione del forte in polveriera negli anni '50 e l'aggiunta di una riservetta nella parte sommitale della collina, un sistema antincendio, un nuovo ingresso con corpo di guardia, garitta per [[cavalli di frisia]] e uno stabile d'abitazione esterno ("casa del maresciallo"), il forte restò in servizio per molti anni sino alla definitiva demilitarizzazione, avvenuta nel 1981, quando la gestione passò definitivamente dal demanio militare del [[Ministero della Difesa]], al demanio civile, gestito dal [[Ministero delle Finanze]]<ref name "notestoriche">{{cita web|url=http://www.museoguerrabianca.it/index.php?option=com_content&task=view&id=208&Itemid=397|titolo=Forte Montecchio Nord, note storiche|editore=museoguerrabianca.it|accesso=15 agosto 2011}}</ref>.
Nel 1998 il Ministero delle Finanze affidò la gestione della struttura al Comune di Colico, che, dopo diversi tentativi di valorizzazione, dal 2009 lo ha a sua volta affidato al Museo della Guerra Bianca, per la sua riqualificazione nell'amito di un ampio progetto di turismo culturale integrato condiviso con la Regione Lombardia<ref name "notestoriche"/>.

Dal 2008 il [[Museo della Guerra Bianca in Adamello]], in collaborazione con il [[Colico|Comune di Colico]] e la [[Regione Lombardia]], si sono incaricati della gestione e della tutela del complesso di forte Montecchio, anche grazie alla collaborazione di soci ed enti di volontariato, con lo scopo di rendere il forte visitabile al pubblico, anche in collaborazione con la vicina [[Riserva naturale Pian di Spagna - Lago di Mezzola|riserva del Pian di Spagna e del lago di Mezzola]]<ref>{{cita web|url=http://www.museoguerrabianca.it/index.php?option=com_content&task=view&id=79&Itemid=414|titolo=Attività a Forte Montecchio|editore=museoguerrabianca.it|accesso=15 agosto 2011}}</ref>.
Il 17 ottobre 2009, alla presenza di numerose autorità, è stata inaugurata a Colico la nuova gestione museale di forte Montecchio Nord<ref>{{cita web|url=http://www.museoguerrabianca.it/index.php?option=com_content&task=view&id=235&Itemid=442|titolo=Inaugurazione di Forte Montecchio Nord|editore=museoguerrabianca.it|accesso=15 agosto 2011}}</ref>.

== Note ==
{{references|2}}

== Bibliografia ==
* {{cita libro|cognome=Cassinelli|nome=Stefano|titolo=Forte Montecchio - baluardo tra Alto Lario e Valtellina|anno=2003|editore=Macchione editore|città=Varese|pagine=|id=ISBN 978-88-8340-113-8|cid=S. Cassinelli}}
* {{cita libro|cognome=Corbella|nome=Roberto |wkautore= |coautori= |curatore= |altri= |titolo=Le fortificazioni della Linea Cadorna tra Lago Maggiore e Ceresio |dataoriginale= |annooriginale= |meseoriginale= |url= |formato= |datadiaccesso= |annodiaccesso= |mesediaccesso= |edizione= |data= |anno=2009 |editore=Macchione editore|città= Varese|lingua=|id=ISBN 978-88-8340-039-1 |cid= R. Corbella}}

== Voci correlate ==
*[[Linea Cadorna]]
*[[Forte Fuentes]]

== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Category:Forte Montecchio}}

== Collegamenti esterni ==
*[http://www.fortemontecchionord.it/ Sito del Forte Montecchio]
*[http://www.museoguerrabianca.it/ Sito dell'Associazione Museo della Guerra Bianca in Adamello]
*[http://www.difesadellario.it/index.php?id=68 La batteria corazzata di Montecchio su difesadellario.it]
*[http://www.fortemontecchionord.it/gallery.php Galleria fotografica]

{{portale|architettura|guerra|Grande Guerra}}


[[Categoria:Monumenti di Colico]]
[[Categoria:Monumenti di Colico]]

Versione delle 21:17, 17 ago 2011

Forte Montecchio-Lusardi
Forte Montecchio nord
Linea Cadorna
Batteria corazzata principale di forte Montecchio
Ubicazione
StatoItalia (bandiera) Italia
Stato attualeItalia (bandiera) Italia
Regione  Lombardia
CittàColico
IndirizzoVia Alle Torri 8, 23823 Colico
Coordinate46°08′37.27″N 9°22′53.73″E
Informazioni generali
TipoBatteria corazzata
Altezza275 m.s.l.m.
Costruzione1913-1914
Condizione attualeVisitabile, in buona parte restaurato
Proprietario attualeAssociazione Museo della Guerra Bianca in Adamello[1]
VisitabileSi
Sito webwww.fortemontecchionord.it
Informazioni militari
UtilizzatoreRegno d'Italia fino al 1943

Italia fino al 1991

Funzione strategicaDifendere l'accesso alla Lombardia da eventuali attacchi provenienti dalla Valchiavenna e dalla Valtellina
Termine funzione strategicapost-seconda guerra mondiale
Armamento4 cannoni 149/35 Mod. 1917 in cupola corazzata
note presenti nel testo
voci di architetture militari presenti su Wikipedia

Il forte Montecchio-Lusardi è una struttura militare fortificata edificata sull'altura di Montecchio nord situata a nord-est della stazione ferroviaria di Colico, su una collina rocciosa che domina la foce dell'Adda che si immette nel lago di Como[2]. Posizionato strategicamente a controllo degli sbocchi delle valli che avrebbero permesso l'accesso alla Lombardia da parte di eventuali invasori svizzeri dalla Valchiavenna e austriaci dalla Valtellina, il forte venne edificato tra il 1913 e il 1914, nell'ambito della linea difensiva chiamata "Occupazione Avanzata Frontiera Nord" (OAFN) o più semplicemente Linea Cadorna, con la funzione di difendere la porta d'accesso alla penisola lungo la direttrice di Colico e Lecco, bloccando gli accessi della Valtellina e della Valchiavenna[3].

Per quanto riguarda la Valtellina è opportuno ricordare che fino al 1918 il passo dello Stelvio, ha segnato la linea di confine tra Italia e Austria-Ungheria e fin da inizio secolo si temeva una possibile invasione autro-ungarica proprio in quella zona[4]. Mentre per quanto riguarda la Valchiavenna, la Confederazione Elvetica seppur mantenendo sempre la sua neutralità, costrinse i vertici militari italiani a non sottovalutare una possibile alleanza svizzera con i nemici dell'Italia o un semplice tacito consenso per il transito di un esercito[5].

Al momento della sua costruzione il forte venne chiamato Montecchio nord, in corrispondenza della località in cui venne edificato. Solo in seguito, nel 1939, il forte fu dedicato, come era in uso comune in quel periodo, alla medaglia d'oro al valor militare Aldo Lusardi, caduto il 5 novembre 1935 durante un scontro a fuoco nei pressi di Addi Gundi, mentre col suo plotone si dirigeva a Macallè, durante le operazioni militari italiane nell'ambito della campagna d'Etiopia[6].

La situazione politico-militare

Nell'ottica di garantire la massima sicurezza possibile al suo territorio, lo Stato maggiore italiano fin dalla nascita del Regno, decise di fortificare i confini italiani italo-elvetici e successivamente anche italo-austriaci, con una serie di fortificazioni munite di batterie per bloccare eventuali tentativi di invasione[7]. Nonostante l'alleanza italiana con Germania e Austria del 1882, i rapporti tra queste tre nazioni si deteriorarono rapidamente, e a seguito del riavvicinamento tra Italia e Francia i lavori di fortificazione dei confini elvetici divennero di primaria importanza. Il pericolo che la Svizzera rappresentasse una via d'accesso per un'invasione tedesca o austriaca del nord Italia era decisamente forte, e si diede il via a poderosi interventi che interessarono il territorio Lariano e la Valtellina[8].

Tutto fu predisposto per fermare un'eventuale tentativo di invasione che avrebbe potuto portare gli ex-alleati della Triplice Intesa a scegliere di passare attraverso la Svizzera, il passo del Tonale o quello dello Stelvio. Alla fine i timori si dimostrarono infondati; e anche se lo Stelvio fu teatro di violenti scontri, l'Austria non tentò mai un attacco definitivo in quel passo[8].

La costruzione del forte

I progetti per la costruzione di una linea difensiva nel settore di confine elvetico si alternarono e susseguirono sin da fine '800 a causa dei seri problemi di bilancio che affliggevano il Regno[9]. Questi problemi portarono i finanziamenti alle forze armate a calare vistosamente tra il 1897 e il 1906 per poi avere una logica risalita tra il 1907 e il 1912 quando l'aria di guerra iniziava a farsi sentire in Europa. Ma la vera svolta nella realizzazione di una possente linea difensiva al confine svizzero si ebbe con la legge del 23 giugno 1912. Con questa legge partirono realmente i lavori quell'imponente struttura difensiva che fino ad allora aveva avuto più che altro delle prove generali, e con la legge 710 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 10 luglio 1912 venne[10]:

«approvata una maggiore assegnazione di L. 60.000.000 a favore del Ministero della guerra da ripartirsi negli esercizi 1912-'18[10]»

Forte Montecchio venne costruito in poco più di un anno, e anche se fin dal 1871 si prevedeva di costruire un nuovo forte sulla sommità del Montecchio per sostituire il vecchio e distrutto Fuentes, i lavori non presero mai concretamente il via, e nel 1882 il Comitato di Stato Maggiore Generale si espresse decisamente contro la costruzione dell'opera proposta ritenendo poco probabile una violazione da parte austriaca del territorio svizzero, anche se da parte tedesca, un'invasione, era facilmente prevedibile[11]. Si giunge così al 1901 quando il Ministro della guerra progetta la realizzazione di alcune batterie in barbetta. Due formate da quattro pezzi da 149G e protette da un parapetto in cemento da piazzare a Fuentes mentre una terza con due cannoni da 57 mm e uno da 120 mmda mimetizzare in una caverna della penisola di Piona. Le incertezze sulla posizione militare italiana e quindi l'individuazione di un nemico in un periodo di grossi movimenti diplomatici, fece ritardare gli interventi fino alla sospensione dei lavoriErrore nelle note: L'apertura dell'etichetta <ref> non è corretta o ha un nome errato..

Più volte la realizzazione di queste opere sembrò vicina, ma solo nel 1911 lo Stato Maggiore si pronunciò sulla linea di operazione Mera-Adda. Oltre a varie opere accessorie si prevedeva la realizzazione di un'opera sul Montecchio sud che sarebbe stata armata con cannoni da 149A installati in pozzi protetti da copertura metallica, la cui direttrice di fuoco sarebbe stata verso la sponda occidentale del lago di Como in direzione Domasio[12]. Altri quattro pezzi sarebbero stati piazzati a Piona per dare appoggio al Montecchio e controllare le interruzioni stradali, mentre restavano le postazioni al Fuentes che avrebbero dovuto dare copertura al Montecchio. Nel mese di giugno 1911 però alcuni membri dello Stato Maggiore, dopo aver effettuato delle ispezioni in prossimità della frontiera svizzera, decretarono di dover costruire il forte sul Montecchio nord[12].

I finanziamenti iniziali furono di 750.000 lire, attinti dalla legge 710, e l'ordine di esecuzione dei lavori risalgono all'8 aprile 1913, basati sui progetti esecutivi redatti dalla Direzione lavori del Genio Militare di Milano. Grazie ai parziali lavori degli anni precedenti, al 1913 la strada di accesso alla collina e i ricoveri per la truppa erano già quasi ultimati, cosicchè nel dicembre dello stesso anno le strade di accesso e gli alloggi furono completati. Allo scoppio del primo conflitto mondiale i lavori erano ancora in corso benché procedessero a forte velocità, e lo scoppio della guerra diede un ulteriore impulso, tanto che il 6 dicembre 1914 il forte Montecchio nord risultava armato e operativo. Vennero approntate anche diverse opere nel territorio circostante; una batteria da 75 mm piazzata al di sotto del castello di Vezio sopra Varenna che avrebbe dovuto battere la zona sottostante e la riva occidentale del lago di Como, e vennero predisposte diverse postazioni su monte Legnone e LegnoncinoErrore nelle note: L'apertura dell'etichetta <ref> non è corretta o ha un nome errato..

L'alto Comando italiano decise di spostare i cannoni in luoghi più protetti e difficilmente identificabili dai nemici, cCosì, come in molti altri forti, nel luglio del 1915 l'armamento del Montecchio venne smantellato. Solo nel marzo del 1918 Badoglio, ritenendo imminente una calata da parte dell'esercito austriaco, ordinò di riarmare tra gravi difficoltà logistiche il forteErrore nelle note: L'apertura dell'etichetta <ref> non è corretta o ha un nome errato..

Funzione strategica

Lo stesso argomento in dettaglio: Linea Cadorna.
Una delle cupole del forte Montecchio, sullo sfondo la Valtellina

Nei secoli Colico ha avuto un ruolo di primaria importanza per la difesa del territorio, è stato una sorta di porta d'accesso sempre ben custodita. Esempio storico di questo ruolo è ben chiaro osservando il forte di Fuentes realizzato nel 1603 con lo scopo di controllare le incursioni dei Grigioni dalla Valchiavenna. Il principio di forte Montecchio, benchè costruito 300 anni dopo, è il medesimo del Fuentes: lo sbarramento della porta che avrebbe consentito l'accesso al resto della penisola, infatti appena oltrepassata Colico, bastava giungere a Lecco per poi trovare una "lunga discesa" sino al fiume Po[4].

La linea difensiva in questo settore, inserita nell'Occupazione Avanzata Frontiera Nord era ideata per bloccare le due principali vie d'accesso, la Valtellina e la Valchiavenna. Sopratutto dalla Valtellina si temeva un'invasione austriaca attraverso il passo dello Stelvio che all'epoca rappresentava la linea di confine tra Italia e Austria[4]. Mentre la Valchiavenna era considerata una minaccia in quanto si temeva che le truppe sia austriache che tedesche potessero scendere attraverso la Svizzera per entrare in Italia[5].

Il forte Montecchio controllava entrambi gli accessi, e l'area sotto controllo del Comando della Fortezza di Colico era ben definita dalla circolare datata 6 giugno 1915 a firma del comandante del forte, tenente colonnello Bonalti:

«In seguito ad ordine del Ministero della Guerra, la Fortezza di Colico è dichiarata in istato di resistenza. La zona di territorio compresa in detta dichiarazione è così delimitata: M.Legnone - M. La Tagliata - M. Pilatone - Talamona - culmine di Dazio - M. Spluga - Verceia - M. Berlinghera - Pizzo Sasso Canale - costone di Pizzo Rabbi - linea di confine Pizzo Martello - passo di San Jorio - pizzo di Gino - M. Bregagno - Rezzonico - Dervio - Sueglio - M. Legnone.
Salvo nuove disposizioni, nessuna variazione è necessaria al normale funzionamento delle autorità civili e politiche nel territorio della Fortezza[13]»

Nonostante sia stata una linea di grande resistenza, il caposaldo di Colico rappresentava anche l'ultima barriera verso la penisola. Se un attacco nemico in forze avrebbe sfondato la prima linea e superato anche le postazioni di interruzione stradale (ponti, strade, gole strette erano state minate), l'invasore si sarebbe trovato innanzitutto rallentato nello slancio e ciò avrebbe consentito alle truppe italiane di potersi attestare sulle posizione della Linea Cadorna (quindi del settore Mera-Adda), e utilizzare i forti di Colico per bombardare strade e ferrovie, bloccando di fatto l'invasore sulle posizione prese grazie alla sorpresa dell'attacco[14].

Struttura

Forte Montecchio è posizionato a 275 m.s.l.m. a nord di Colico. La struttura è formata da due blocchi distinti, il piano batterie dove si trovano le quattro artiglierie, e il ricovero destinato agli alloggi della truppa. I due blocchi sono collegati da un camminamento coperto di circa 140 m di lunghezza. L'area destinata al ricovero si trova nella parte più bassa del forte a 258 m.s.l.m.; in questo spazio, ricavato grazie al parziale sbancamento di una parte della collina, trovava posto la camerata destinata alla truppa, un unico locale riscaldato in grado di ospitare circa 40 uomini e altrettante brandine e armadietti per gli effetti personali[15].

Il ricovero

Cortiletto interno che separa a sinistra i ricoveri veri e propri per la truppa e a destra la cucina e i magazzini. Sullo sfondo l'entrata per i bagni della truppa.

La seconda frazione della struttura è divisa in quattro diversi locali, il primo fu originariamente destinato alla fureria, nel secondo trovava posto il locale comando con una mappa murale rappresentante il territorio interessato da eventuali operazioni militari nel settore interessato (anche se per un periodo il locale divenne allo stesso tempo l'alloggio degli ufficiali). Il terzo locale venne utilizzato come infermeria e in seguito come alloggio dei comandanti del forte[16], dove trovava posto una pompa per l'acqua potabile che sarebbe servita per l'infermeria ma anche per gli ufficiali che potevano avere questo servizio in camera. Il quarto locale fu invece utilizzato come armeria come dimostra la rastrelliera ancora presente[15]. Tutta questa struttura è fortificata con spessi muri di cemento armato e pietra che variano tra il metro e 50 cm ai due metri di spessore; inoltre i lati nord, est e ovest sono protetti dalla collina stessa in cui la struttura si incastra. Queste pareti furono realizzate per resistere a colpi diretti di artiglieria di medio calibro[15].

Il lato est del ricovero è appoggiato alla roccia con il tetto e con le fondamenta, ma su tutta la parete è presente un'intercapedine a vista di circa 70 cm, realizzata per controllare l'umidità dell'ambiente. Ma tutta la struttura è realizzata in modo tale da controllare il livello di umidità e mantenerre i locali asciutti; in ogni locale è presente una grata incassata nel muro per il circolo dell'aria tra gli ambienti, mentre sul tetto vi sono una serie di camini con la medesima funzione[17].

Antistante il ricovero è presente una struttura non fortificata su un solo piano dove trovavano spazio la cucina, alcuni magazzini e ripostigli utilizzati con gli scopi più diversi, i bagni per la truppa e quelli per gli ufficiali. Di fronte alle cucine è inoltre ancora presente l'originale pompa per l'acqua a depressione. Ad ovest del ricovero è poi presente un ampio piazzale utilizzato come campo da calcio e svago, ancora oggi è possibile vedere il campo da bocce utilizzato dalla guarnigione, ma negli anni '50 quando il forte era utilizzato solo come polveriera, sul campo è stato posizionata una rastrelliera metallica per le bocchette antincendio. Sempre in questo ampio piazzale trovava posto il ricovero dei muli o dei cavalli, ricovero che successivamente divenne deposito per la legna[17].

Il camminamento coperto

Parte iniziale curva del camminamento che dal ricovero porta ai locali delle artiglierie. Immagine presa dallo spiazzo d'ingresso.

Il ricovero è collegato alla batteria attraverso un camminamento coperto fortificato, con uno spessore di 150 cm di cemento armato sul lato ovest e appoggiato alla montagna sul lato est. Il camminamento ha un'ampiezza di 250 cm e un'altezza di 3 metri mentre la volta superiore ha uno spessore di circa un metro e venti cm ed è realizzata con pietre irregolari di granito[18]. Nelle mura del camminamento sono state realizzate dieci feritoie in granito lavorato a bocca di lupo, che permettono un ampio raggio per il tiro offrendo al nemico un bersaglio ridotto. Queste feritoie erano inoltre protette da piastre metalliche con due spiragli che permettevano il tiro al fucile, piastre che potevano anche essere abbattute dall'interno verso l'esterno per posizionare mitragliatrici o gettare ordigni esplosivi[18].

Proseguendo lungo il camminamento, circa a metà, ci si imbatte sulla destra in un secondo corridoio interamente scavato nella roccia in direzione est, in cui trova spazio la polveriera costituita da una serie di sei riservette dove venivano depositati gli esplosivi. Continuando il camminamento principale sulla sinistra si trovano due stanzine non fortificate appoggiate al camminamento. Il primo di questi spazi serviva per armare i petardi d'innesco o cannelli, mentre nel secondo venivano armati i proietti. Le mura esterne (quelle non appoggiate al camminamento), non erano fortificate per permettere a eventuali esplosioni accidentali durante le operazioni di innesco di sfociare al di fuori del camminamento fortificato, evitando in questo modo dei danni alla struttura e al personale che si trovasse nelle vicinanze. Verso la conclusione, il camminamento svolta due volte, prima a destra poi a sinistra dove ci si trova dinnanzi al lavatoio per la truppa; una vasca in pietra, con una pompa a depressione e una cisterna d'acqua in legno rivestita internamente in stagno appesa al muro[18].

La polveriera

Corridoio della polveriera con ai lati gli ingressi alle riservette.

Accessibile dal camminamento coperto, la polveriera del forte è interamente ricavata all'interno della montagna, ed è formata da un lungo corridoio sui lati del quale sono ricavate sei riservette. Tutto il corridoio della polveriera è ricoperto da un sistema di deumidificazione per mantenere il più asciutto e fresco possibile l'ambiente in cui venivano conservate le polveri da sparo. Questo sistema è realizzato tramite una lamiera zincata collocata su tutto il soffitto della polveriera di cui segue i movimenti, le curvature e le volte. La lamiera è posta ad alcuni centimetri dalle pareti permettendo il passaggio di aria nello spazio vuoto ottenuto, in modo tale che la stessa aria raffreddi la lamiera che a sua volta permette la condensazione dell'umidità presente nell'aria. Le gocce che si venivano a formare, erano poi incanalate in apposite grondaie che portavano a terra dove due scanalature ai lati del pavimento del corridoio permettevano il defluire dell'acqua lungo il corridoio fino ad appositi tombini collegati all'esterno[19].

Le sei riservette sono posizionate in modo alternato lungo il corridoio, in modo tale da non avere due ingressi di fronte all'altro come precauzione per eventuali esplosioni. La prima riservetta che si incontra sulla sinistra è la più piccola e veniva usata per il deposito dei petardi d'innesco o cannelli. Le altre riservette sono di maggiori dimensioni (da 16 a 30 metri quadrati) ma strutturalmente identiche alla prima. Il pavimento dei sei ambienti sono realizzati in legno con chiodatura in bronzo per evitare scintille e sopraelevati dal suolo di circa 30 cm in modo tale da creare un'intercapedine d'aria che garantisse il ricircolo d'aria[19].

L'argano a mano con la manovella utilizzato per far salire al piano superiore i proietti.

L'edificio batteria

Alla fine del camminamento di collegamento, si entra definitivamente nell'edificio a due piani comprendente le quattro artiglierie del forte Montecchio. Inizialmente ci si imbatte subito in tre grandi depositi interamente scavati nella montagna utilizzati come depositi per le ogive e le cartucce. Sempre in questa porzione di edificio si trovano tre montacarichi mossi da argani manuali per trasportare al piano superiore gli ordigni per le artiglierie[20].

Da questo spazio, tramite una scalinata si sale nel corridoio batteria, lungo 60 m e largo tre. Lungo questo corridoio si trovano due uscite, una all'inizio ed una alla fine, e quattro uscite posizionate dinanzi alle quattro scale di accesso alle torrette corazzate che ospitano le artiglierie. Lungo questo corridoio si trovano anche i locali per i bagni della truppa e ufficiali oltre che un ampio magazzino per le attrezzature necessarie alle artiglierie[20]. Di fronte alla scala di accesso al corridoio batteria si trova anche l'importantissima sala comando con annessa torretta d'osservazione per il puntamento e gli interfono per le comunicazioni con le riservette. Lungo il corridoio si trovano le cinque riservette per la preparazione delle cariche di lancio e le quattro scale di accesso alle quattro torrette girevoli. Questa parte del forte sovrasta il piazzale interno circondato da alte mura e controllato da una serie di feritoie per il tiro incrociato per proteggere l'accesso all'edificio. Nel piano sottostante erano dislocati i locali per i generatori, le batterie stazionarie e il motore principale d'aspirazione dei fumi, che metteva in modo il complesso meccanismo di aerazione[21]. Il tetto dell'edificio è sovrastato dai quattro pezzi da 149/35 e sono visibili anche la cupola osservatorio, una piccola garitta per la sentinella e un punto trigonometrico collocato al di sopra di un piccolo pilastro di cemento, queste ultime realizzate nel 1939[21].

Le artiglierie

Culatta e otturatore di un pezzo da 149/35 Scheneider in cupola corazzata
Lo stesso argomento in dettaglio: 149/35 Mod. 1917.

I quattro cannoni di forte Montecchio, due di costruzione Schneider e due di costruzione italiana su licenza francese, sono gli unici pezzi del genere in Italia ancora piazzati in istallazioni girevoli ancora funzionanti. I cannoni sono posizionati in cupole in grado di ruotare a 360°, con un alzo che va da -8° a +42°; il blocco cupola ha un peso di 99.830 chilogrammi, mentre la sola canna pesa 3.800 kg[22][23]. La cupola Schneider ruota su un'apposita rotaia grazie a 40 rulli di bronzo, e tutto il perimetro interno della cupola, proprio alla base dei rulli, è percorso da una scala graduata per la direzione del tiro. La cupola è formata da due segmenti in acciaio dello spessore di 14 cm, cementali nella parte esterna e temprati nella parte interna con sottocorazza formata da due lamiere sovrapposte di 12 mm ciascuna. Il blocco è composto da due piastre saldate fra loro, una anteriore con un peso di 12.700 kg e quella posteriore da 13.000 kg dove è presente uno sportello apribile che però non ha nessuna funzione in quanto predisposto per l'uso sulle navi. Le cupole erano realizzate per resistere ad un tiro diretto, purtroppo però gli obici austriaci colpivano dall'alto e non da lato, colpendo le strutture di questo tipo con effetti devastanti. Le cupole erano realizzate con profili bassi per deviare i proietti in arrivo con angoli d'incidenza intorno ai 30°, ma il tiro da obice e mortaio avevano un angolo di caduta di norma superiore ai 45°, quindi devasante per le cupole di questo tipo[24].

I generatori

Il quadro elettrico nella sala dei generatori.

La sala dei generatori, dove veniva prodotta l'energia elettrica necessaria al funzionamento degli impianti di aspirazione e di illuminazione, è il cuore del forte. Erano presenti due differenti motori che, alimentati da un olio combustibile simile alla benzina, producevano l'energia elettrica utile al funzionamento degli apparati elettrici e parzialmente accumulata su batterie stazionarie che fornivano l'energia utile alle apparecchiature. Tutti gli interruttori a coltello sono posizionati su quadri elettrici in marmo realizzati dalla "Ercole Marelli & C. - Milano", mentre i motori per l'impianto di aspirazione dei fumi era composto da sei motori tutti realizzati dalla "AEG Thomson-Houston Società Italiana di Elettricità" , che permettevano di aspirare i fumi prodotti dai cannoni e in tutto il corridoio della batteria, nella sala comando, nelle cinque riservette per la preparazione delle cariche, nei bagni posti nel corridoio batteria e nei depositi delle ogive e delle cartucce a pian terreno[25].

I fumi aspirati non venivano espulsi nella parte superiore del forte, ma incanalati dal motore principale in un cunicolo sotterraneo che portava i fumi a percorrere circa 50 m passando sotto il cortile interno del forte e i magazzini, per scaricarli all'esterno delle mura nella boscaglia che circondava il forte. Questa dispersione dei fumi garantiva la sicurezza del forte, infatti se i fumi fossero stati scaricati in alto, il nemico avrebbe avuto gioco facile nell'individuare del forte, consentendo tiri precisi sulla struttura. Un altro stratagemma utilizzato per diminuire l'individuazione del forte, fu l'uso di una sorta di "marmitta catalitica" che filtrava il fumo denso e scuro di scarico dei motori tramite una cisterna d'acqua che depurava il fumo, che diventava bianco e freddo e difficile da individuare[26].

Le azioni al Montecchio

Durante la prima guerra mondiale, nonostante l'importante posizione strategica, il forte non fu mai coinvolto in azioni di guerra e la guarnigione del forte (circa 30-40 uomini) composta sopratutto da artiglieri, non furono mai chiamati in azione[27]. Negli anni '30 la struttura venne sempre affidata a un reparto di artiglieri del 4° Reggimento di artiglieria, e l'unico episodio di rilievo che si ebbe prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, fu la cattura di due spie francesi nel 1938, bloccate dalle guardie in prossimità della struttura. Nel 1939 il controllo del forte passò al 40imo Gruppo artiglieria del dodicesimo settore della Guardia alla Frontiera, dove gli artiglieri utilizzarono il forte per l'addestramento[28].

La seconda guerra mondiale

Allo scoppio della guerra il forte fu ancora utilizzato per l'esercitazione e l'addestramento della guarnigione, ma nonostante il duro esercizio, la tranquillità del settore concesse anche diversi momenti di svago, tanto che nel 1940 molti dei militari del forte furono scritturati come comparse nel film I promessi sposi di Mario Camerini[29].

L'8 settembre 1943

All'interno del forte la vita proseguì tranquilla fino al settembre 1943, quando dopo l'armistizio e la resa dell'Italia agli Alleati, un reparto tedesco entrò all'interno del forte con l'intento iniziare di deportare la guarnigione in Germania. Ciò non avvenne, e gli artiglieri furono riportati al forte per continuare a il presidio[30].

Successivamente, con la costituzione della Repubblica Sociale Italiana, il forte si trovò in un territorio al centro dei combattimenti. I bombardamenti Alleati si moltiplicarono, anche se il forte non fu mai oggetto dell'attenzione dei bombardieri che prenderanno di mira molte zone limitrofe, fino alla vicina stazione ferroviaria di Colico, il cui centro venne sfollato. In questo periodo non vi fu mai un attacco al forte da parte dei partigiani, ma il forte fu al contrario utilizzato contro i partigiani con l'utilizzo del forte come base per oltre un centinaio di militari italo-tedeschi in funzione antipartigiana[31].

La liberazione del forte

Con la nascita della RSI a Colico venne costituito il "Comitato d'azione antifascista di liberazione nazionale di Colico", che stilò un programma contente le linee guida del gruppo colichese[32]. Sul finire del 1944, quando l'attività partigiana si era fatta intensa ed estesa su tutto l'Alto Lario, a forte Montecchio fu inviato il tenente della RSI Alberto Orio per controllare la situazione, e che scoprì un complotto di alcuni militari del forte per far cadere lo stesso nelle mani dei partigiani. Sei militari accusati per alto tradimento furono condannati a morte e trasferiti a Como dove, dopo un secondo processo, la sentenza fu confermata per il 25 aprile 1945. Il giorno prestabilito però ci fu l'insurrezione generale e i sei si salvarono[33].

Durante l'ultimo periodo della guerra si fece largo l'idea di utilizzare il forte come ultimo baluardo della resistenza fascista come parte del Ridotto alpino repubblicano in cui gli ultimi reparti della RSI si sarebbero asserragliati per fermare l'avanzata Alleata in Italia, sfruttando anche le posizioni della Linea Cadorna[34]. Il 20 aprile 1945 il forte passò sotto il comando di un maresciallo tedesco, ma gli eventi precipitarono rapidamente; i tedeschi il 26 piazzarono due mitragliatrici in direzione dell'abitato contro un'eventuale insurrezione, e avrebbero potuto puntare le artiglierie contro l'abitato di Colico oltre che contro il territorio circostante[35]. Un tentativo di far arrendere la guarnigione ci fu già il giorno 25 per mano del parroco di Colico, ma senza risultato, così il 26 ci fu un attacco di soldati italiani alle postazioni delle mitragliatrici, che provocò la morte di un soldato tedesco. Seguentemente i soldati italiani, in minor numero all'interno del forte, riuscirono ad imprigionare i tedeschi e dopo una breve battaglia convinsero il resto della guarnigione tedesca ad arrendersi[36]. Una delegazione del CLN quindi si incaricò di occuparsi del forte, i prigionieri tedeschi furono inviati presso il collegio del Sacro Cuore, i soldati italiani che parteciparono alla rivolta, lasciarono la struttura in abiti civili facendo sparire ogni traccia della loro permanenza al forte[37].

L'autocolonna Mussolini

Il 27 aprile l'autocolonna italo-tedesca che scortava Mussolini e altri fascisti fu fermata a Dongo, dove i tedeschi consegnarono ai partigiani il Duce, la Petacci e gli altri gerarchi fascisti presenti, ottendendo così il via libera per allontanarsi dalla zona. Nonostante la colonna tedesca al comando del capitano Hans Fallmeyer si fosse liberata di quell'enorme fardello, fu però fermata a Colico perchè sotto la minaccia dei cannoni del forte Montecchio. Dopo aver avvistato la colonna, il comando del forte, in mano del CLN, chiese il permesso di aprire il fuoco, e nonostante le carte di tiro fossero state date alle fiamme prima della resa della guarnigione tedesca, furono sparati cinque colpi ma nessuno andò a segno. I colpi fecero comunque effetto, il capitano Fellmeyer, pensando di essere sotto tiro, arrestò i mezzi in una zona protetta da alcune abitazioni. A questo punto iniziarono i trattati telefonici tra il comandante tedesco e il comando della 52a brigata Garibaldi di stanza a Morbegno. Il giorno seguente, verso le 15, una telefonata dal comando di Morbegno comunicò al CLN di Colico di preparare una stanza in cui tenere un'importante incontro e la richiesta di un interprete tedesco. Alle 16.10 giunse a Colico un'auto tedesca con bandiera bianca da dove scese il capitano tedesco, che volle la presenza del comandante tedesco del forte ormai prigioniero. All'arrivo di questi, iniziarono le trattative presso l’albergo Isolabella di ColicoErrore nelle note: L'apertura dell'etichetta <ref> non è corretta o ha un nome errato. e dopo una serrata discussione fu steso un accordo su quattro punti (tra cui il via libera per i tedeschi verso la Svizzera) e la resa venne firmata[38].

Gli ultimi colpi del Montecchio

Dopo i colpi sparati contro l'autocolonna Mussolini, i cannoni del Montecchio restarono in silenzio fino al 1947, in occasione delle solenni esequie tributate a Leopoldo Scalcini, avvocato e tenente dell'esercito che durante la resistenza comandò una formazione di 57 uomini tra le montagne di Colico e che cadde il 31 dicembre 1944 per opera di una spia che informò i fascisti della posizione di Scalcini e di alcuni uomini che vennero catturati e fucilati a Barzio in Valsassina. Nel 1947 i corpi furono riesumati e le spoglie seppellite a Colico, dove gli furono tributati in onore venti colpi di cannone[39], nella conca di monte Legnone. Da allora i cannoni di forte Montecchio non spararono più[40][41].

Il forte Montecchio oggi

Dopo la trasformazione del forte in polveriera negli anni '50 e l'aggiunta di una riservetta nella parte sommitale della collina, un sistema antincendio, un nuovo ingresso con corpo di guardia, garitta per cavalli di frisia e uno stabile d'abitazione esterno ("casa del maresciallo"), il forte restò in servizio per molti anni sino alla definitiva demilitarizzazione, avvenuta nel 1981, quando la gestione passò definitivamente dal demanio militare del Ministero della Difesa, al demanio civile, gestito dal Ministero delle Finanze[42].

Nel 1998 il Ministero delle Finanze affidò la gestione della struttura al Comune di Colico, che, dopo diversi tentativi di valorizzazione, dal 2009 lo ha a sua volta affidato al Museo della Guerra Bianca, per la sua riqualificazione nell'amito di un ampio progetto di turismo culturale integrato condiviso con la Regione LombardiaErrore nelle note: L'apertura dell'etichetta <ref> non è corretta o ha un nome errato..

Dal 2008 il Museo della Guerra Bianca in Adamello, in collaborazione con il Comune di Colico e la Regione Lombardia, si sono incaricati della gestione e della tutela del complesso di forte Montecchio, anche grazie alla collaborazione di soci ed enti di volontariato, con lo scopo di rendere il forte visitabile al pubblico, anche in collaborazione con la vicina riserva del Pian di Spagna e del lago di Mezzola[43]. Il 17 ottobre 2009, alla presenza di numerose autorità, è stata inaugurata a Colico la nuova gestione museale di forte Montecchio Nord[44].

Note

  1. ^ Forte Montecchio nord - "Museo della Guerra Bianca", su museoguerrabianca.it. URL consultato il 3 maggio 2011.
  2. ^ S. Cassinelli, p. 18
  3. ^ S. Cassinelli, p. 15
  4. ^ a b c S. Cassinelli, p. 15
  5. ^ a b S. Cassinelli, p. 16
  6. ^ S. Cassinelli, p. 20
  7. ^ R. Corbella, p. 13
  8. ^ a b S. Cassinelli, p. 8
  9. ^ Forte Montecchio Lusardi, su truppealpine.it. URL consultato il 17 agosto 2011.
  10. ^ a b S. Cassinelli, p. 10
  11. ^ S. Cassinelli, p. 13
  12. ^ a b S. Cassinelli, p. 14
  13. ^ S. Cassinelli, pp. 16-17
  14. ^ S. Cassinelli, p. 17
  15. ^ a b c S. Cassinelli, p. 22
  16. ^ I comandanti non furono sempre degli ufficiali, in alcuni periodi l'incarico venne assunto da sottoufficiali che risiedevano stabilmente nel forte mentre gli ufficiali erano alloggiati a Colico. - vedi S. Cassinelli, p. 22
  17. ^ a b S. Cassinelli, p. 23
  18. ^ a b c S. Cassinelli, p. 24
  19. ^ a b S. Cassinelli, p. 29
  20. ^ a b S. Cassinelli, p. 25
  21. ^ a b S. Cassinelli, p. 26
  22. ^ S. Cassinelli, p. 37
  23. ^ Ogni cannone, dal peso di 3.800 Kg, poteva utilizzare proiettili di tipo diverso. Lo Sharapnel, da 52 Kg, raggiungeva obbiettivi posti a 11.6 Km, mentre le granate 149 S, pesanti 42 Kg, arrivavano fino a 12.1 Km. Più leggere, ma con portata decisamente superiore, le granate monoblocco da 37 Kg, capaci di raggiungere distanze di 14.2 Km. Vedi: Forte Montecchio Lusardi, su truppealpine.it. URL consultato il 17 agosto 2011.
  24. ^ S. Cassinelli, pp. 42,43
  25. ^ S. Cassinelli, pp. 31,32
  26. ^ S. Cassinelli, pp. 32,33
  27. ^ S. Cassinelli, p. 63
  28. ^ S. Cassinelli, p. 64
  29. ^ S. Cassinelli, p. 66
  30. ^ S. Cassinelli, p. 68
  31. ^ S. Cassinelli, p. 74
  32. ^ S. Cassinelli, p. 75
  33. ^ S. Cassinelli, pp. 78,79
  34. ^ S. Cassinelli, p. 80
  35. ^ S. Cassinelli, pp. 85, 88
  36. ^ S. Cassinelli, p. 88
  37. ^ S. Cassinelli, p. 89
  38. ^ S. Cassinelli, pp. 90-94
  39. ^ In realtà i colpi furono 21 in quanto un tiro colpì la montagna ma non esplose e per questo fu ripetuta l'operazione, Vedi: S. Cassinelli, p. 98
  40. ^ S. Cassinelli, pp. 97,98
  41. ^ Cronologia Resistenza Lecchese, su anpilecco.it. URL consultato il 17 agosto 2011.
  42. ^ Forte Montecchio Nord, note storiche, su museoguerrabianca.it. URL consultato il 15 agosto 2011.
  43. ^ Attività a Forte Montecchio, su museoguerrabianca.it. URL consultato il 15 agosto 2011.
  44. ^ Inaugurazione di Forte Montecchio Nord, su museoguerrabianca.it. URL consultato il 15 agosto 2011.

Bibliografia

  • Stefano Cassinelli, Forte Montecchio - baluardo tra Alto Lario e Valtellina, Varese, Macchione editore, 2003, ISBN 978-88-8340-113-8.
  • Roberto Corbella, Le fortificazioni della Linea Cadorna tra Lago Maggiore e Ceresio, Varese, Macchione editore, 2009, ISBN 978-88-8340-039-1.

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