Kitáb-i-Íqán: differenze tra le versioni

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Il '''Kitáb-i-Íqán''' ({{arabo|الكتاب الإيقان}}, [[lingua persiana|persiano]] '''كتاب ايقان'''), ossia il ''Libro della Certezza'', uno tra i libri sacri per i seguaci della [[Fede Bahai]], fu scritto da [[Bahá'u'lláh]], il fondatore della religione Bahai, parte in lingua persiana e parte in lingua araba, nel [[1861]] durante il suo esilio a [[Bagdad]], allora [[provincia]] dell'[[Impero ottomano]].
Il '''Kitáb-i-Íqán''' ({{arabo|الكتاب الإيقان}}, [[lingua persiana|persiano]] '''كتاب ايقان'''), ossia il ''Libro della Certezza'', uno tra i libri sacri per i seguaci della [[Fede Bahai]], fu scritto da [[Bahá'u'lláh]], il fondatore della religione Bahai, parte in lingua persiana e parte in lingua araba, nel [[1861]] durante il suo esilio a [[Bagdad]], allora [[provincia]] dell'[[Impero ottomano]].



Versione delle 01:39, 17 mar 2009

Il Kitáb-i-Íqán (in arabo الكتاب الإيقان?, persiano كتاب ايقان), ossia il Libro della Certezza, uno tra i libri sacri per i seguaci della Fede Bahai, fu scritto da Bahá'u'lláh, il fondatore della religione Bahai, parte in lingua persiana e parte in lingua araba, nel 1861 durante il suo esilio a Bagdad, allora provincia dell'Impero ottomano.

Il Kitáb-i-Íqán è la più importante opera teologica di Bahá'u'lláh e quindi della Fede Bahai; è anche la prima scrittura bahai a essere stata pubblicata[1].

Il testo fu tradotto per la prima volta in inglese nel 1904[2], poi ritradotto, sempre in inglese, nel 1931 da Shoghi Effendi che lo descrisse come

«Un esempio di prosa persiana, di uno stile allo stesso tempo originale, casto e vigoroso, e notevolmente esplicito, di argomento impellente e di irresistibile eloquenza, questo libro, nello stabilire in ampie linee il Grande Piano Redentivo di Dio, occupa una posizione senza pari fra le opere della letteratura Bahai ad eccezione del Kitáb-i-Aqdas, il più santo libro di Bahá'u'lláh.»

La storia

Lo zio del Báb, Ḥájí Mírzá Siyyid Muḥammad, era rimasto perplesso quando aveva appreso che il nipote, il Báb, aveva dichiarato di essere il Mahdi, il messaggero di Dio, il promesso dell'Islam e, per questo, decise di indagare.

Nel 1861 si recò a Karbila, in Iraq, per visitare il proprio fratello, Ḥájí Mírzá Ḥasan-'Alí, quindi andò a Baghdad per consigliarsi con Bahá'u'lláh.

Bahá'u'lláh rispose alle sue domande con questa opera, il Kitáb-i-Íqán, di 200 pagine, scritta in 48 ore attorno al 15 gennaio 1861.[4].

Contenuto

Il Kitáb-i-Íqán è costituito da due parti distinte, la prima parte afferma che la rivelazione divina è progressiva nel tempo e che le religioni sono collegate tra di loro in una relazione che vede ogni religione monoteistica accettare la precedente e spesso profetizzare, anche in termini velati, la successiva.

Poiché il libro è diretto a un Musulmano, Bahá'u'lláh usa versi della Bibbia per mostrare come un Cristiano avrebbe potuto interpetrare le allegorie delle proprie sacre scritture per arrivare alla rivelazione divina successiva e riconoscere il profeta Maometto.

Con lo stesso ragionamento mostra come un Musulmano, partendo dalle proprie sacre scritture può riconoscere la validità della rivelazione del Báb.

La seconda parte, più vasta, prova la missione del Báb attraverso prove logiche e teologiche. Uno dei passaggi più noti e apprezzati di questa parte del Kitáb-i-Íqán è quello chiamato la Tavola del vero Ricercatore.

Shoghi Effendi sintetizza il contenuto del Kitáb-i-Íqán così:

«Entro i limiti di duecento pagine, proclama inequivocabilmente l'esisenza e l'unicità di un Dio personale, inconoscibile, inaccessibile, la sorgente di tutte le Rivelazioni, eterno, onnisciente, onnipresente e possente; asserisce la relatività della verità religiosa e la continuità della Rivelazione Divina; afferma l'unità dei Profeti, l'universalità dei loro Messaggi, l'identità dei loro insegnamenti fondamentali [...]»

Notes

  1. ^ Christopher Buck, Symbol and Secret, p. 25.
  2. ^ Bahá'u'lláh, The Book of Ighan, traduzione di Ali Kuli Khan, con l'assistenza di Howard MacNutt, New York, George V. Blackburne, 1904.
  3. ^ Shoghi Effendi, op. cit. in bibliografia, pp.138-139.
  4. ^ Le domande poste da Ḥájí Mírzá Siyyid Muḥammad e la lettera che scrisse al figlio da Bagdad il 17 gennaio 1861 sono state pubblicate nel libro di Ahang Rabbani, The Conversion of the Great-Uncle of the Báb, (World Order, vol. 30, no. 3) (Spring, 1999), pp. 19-38.
  5. ^ Shoghi Effendi, ibidem.

Bibliografia

  • Shoghi Effendi, God Passes By. Wilmette, Ill., Bahá'í Publishing Trust, 1974.

Voci correlate