Attività extraveicolare

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Una passeggiata lunare di Aldrin (Apollo 11).

Per attività extraveicolare (in inglese Extra-vehicular activity - EVA) si intende il lavoro fatto da un astronauta nello spazio e all'esterno della sua navicella spaziale (capsula, veicolo o stazione). Il termine che comunemente si utilizza per descrivere una EVA da un veicolo orbitale terrestre è passeggiata nello spazio (spacewalk), mentre per le EVA sulla Luna, il più utilizzato è passeggiata lunare (moonwalk).

A seguito della differente struttura delle navicelle statunitensi e sovietiche, venne data una definizione differente per le EVA. I veicoli spaziali russi hanno sempre adottato dei portelli speciali verso l'esterno che non richiedevano la depressurizzazione del modulo, quindi la definizione di EVA per i russi è quella di un cosmonauta nel vuoto. Le prime navicelle spaziali americane, invece, non includevano questi sportelli, ma depressurizzavano l'intera navicella. Quindi gli astronauti americani compiono delle EVA solo quando escono materialmente dalla capsula. Il termine SEVA (Stand-up Eva), è utilizzato per descrivere delle EVA parziali.

La letteratura in merito evidenzia come determinante, per la definizione di attività extraveicolare, due fattori primari: l'uscita dell'operatore dall'ambiente protettivo e la necessità di sistemi di supporto autonomi. In questo senso, la EVA viene definita come "qualsiasi operazione spaziale o attività performata al di fuori dell'ambiente protettivo di una navicella spaziale richiedente supporti vitali supplementari o indipendenti per l'astronauta stesso".[1]

L'astronauta durante le EVA può essere legato alla navicella (ad esempio con un tubo per l'ossigeno, in tal caso non è necessario nessun sistema di propulsione per tornare dentro il veicolo) oppure può essere libero. Quando l'astronauta è collegato con un tubo per l'ossigeno, l'EVA si dice ombelicale. Per le EVA libere, è indispensabile il sistema per rientrare nella navicella, che si chiama "Unità di manovra".

Passeggiate storiche

Edward White al di fuori della Gemini 4, il 3 giugno 1965.

Rischi delle EVA

Luca Parmitano fuori dall'ISS, nella prima attività extraveicolare svolta da un astronauta italiano, il 9 luglio 2013.

Una EVA è pericolosa per molte ragioni differenti. La prima è la possibilità di collisione con dei detriti spaziali. La velocità orbitale in un'orbita a 300 km d'altezza (le tipiche orbite delle missioni Space Shuttle) è di circa 7,7 km/s, cioè 10 volte la velocità di un proiettile. Così l'energia cinetica di una piccola particella (per esempio un granello di sabbia) è uguale a quella di una grossa pallottola. Ogni missione spaziale genera detriti che poi rimangono in orbita, rendendo questo un problema sempre più serio.

Un altro motivo di pericolo è che gli ambienti esterni dello spazio sono più difficili da simulare prima della missione stessa, quindi le passeggiate nello spazio tendono a essere evitate per le mansioni sistematiche, se non strettamente necessarie. Come risultato, le EVA non vengono pianificate se non nel momento in cui risultano evidenti certi problemi, alle volte a missione già iniziata. Questi pericoli che riguardano le EVA hanno come conseguenza una grossa pressione sugli astronauti, che nonostante siano selezionati anche per resistere a queste situazioni, sono sempre esseri umani. Per ovviare a questo problema, gli scienziati stanno progettando dei robot telecomandati in grado di eseguire lavori esterni alla navicella.

Note

  1. ^ I. I. McBarron and W. James, “Past, present, and future:The US EVA Program,” Acta Astronautica, vol. 32, no. 1, pp. 5–14, 1994.

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