Vittorio Emanuele II tentò una riconciliazione ma ci riuscì solo in parte. Incaricò il D'Azeglio di formare un nuovo governo, che ricucì alla meglio il proprio Ministero, senza il Cavour, che da parte sua, come deputato, non gli diede fastidi, anzi in diversi frangenti lo soccorse col suo appoggio: «Per il momento bisogna subirlo» scrisse all'amico De La Rue «ma, superata la crisi, D'Azeglio dovrà ritirarsi, e allora s'imporrà la scelta: o Revel, o io.».[2]
Il Ministero D'Azeglio II rimase in carica dal 21 maggio al 4 novembre 1852.
La crisi sopraggiunse nella seduta del Consiglio dei Ministri del 21 ottobre 1852 quando il Re dichiarò che non avrebbe mai firmato una legge sul matrimonio civile, già approvata dalla Camera e che doveva essere discussa in Senato. Il giorno dopo Massimo D'Azeglio si dimetteva.[3]