Ker (mitologia)

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Kerostasia (o psicostasia) – la pesa delle Keres (qui intese come i destini della morte o i Fati) di Zeus per decidere le sorti della battaglia tra Achille e Memnone, come descritto da Eschilo. Schizzo da Lekythos, Capua conservato al British Museum

Ker o Chera era nella mitologia greca la personificazione del destino dei guerrieri o della morte violenta che colpiva durante duelli o azioni furtive. Robert Graves nei suoi testi la cita come la "grande dea Ker".

Nella letteratura[modifica | modifica wikitesto]

Esiodo nella sua Teogonia, la distingue in due figure (quale Morte o quale Destino). Al verso 211 come Ker (Κかっぱρろーαあるふぁ), la Morte violenta, nata da Nyx (Nύξ, la Notte) per partenogenesi, poi, al verso 217 è menzionata in plurale, le Keres (Κかっぱῆρας), sempre figlie di Nyx, da intendersi come inviate del Destino. Queste ultime a volte sono identificate con le Moire.

(EL)

«Νにゅーξくしー δでるた᾽ ἔτεκεν στυγερόν τたうεいぷしろん Μόρον κかっぱαあるふぁΚかっぱρろーαあるふぁ μέλαιναν
κかっぱαあるふぁὶ Θάνατον, τέκε δでるた᾽ Ὕπνον, ἔτικτε δでるたφふぁいλらむだοおみくろんνにゅー Ὀνείρων·
οおみくろんὔ τινι κοιμηθεῖσしぐまαあるふぁ θしーたεいぷしろんὰ τέκε Νにゅーξくしー ἐρεβεννή, —
δεύτερον αあるふぁΜみゅーμみゅーοおみくろんνにゅー κかっぱαあるふぁὶ Ὀιいおたζぜーたνにゅー ἀλγινόεσσαν
Ἑσπερίδας θしーた᾽, ᾗς μみゅーλらむだαあるふぁ πέρην κかっぱλらむだυうぷしろんτたうοおみくろんῦ Ὠκεανοῖοおみくろん
χρύσεα κかっぱαあるふぁλらむだὰ μέλουσι φέροντά τたうεいぷしろん δένδρεα καρπόν.
Κかっぱαあるふぁὶ Μοίρας κかっぱαあるふぁΚかっぱῆρας ἐγείνατο νηλεοποίνους,
[Κλωθώ τたうεいぷしろん Λάχεσίν τたうεいぷしろん κかっぱαあるふぁὶ Ἄτροπον, αあるふぁτたうεいぷしろん βροτοῖσしぐまιいおた
γεινομένοισι δでるたιいおたδでるたοおみくろんσしぐまιいおたνにゅー ἔχειν ἀγαθόν τたうεいぷしろん κακόν τたうεいぷしろん,]
αあるふぁτたう᾽ ἀνδρῶνにゅー τたうεいぷしろん θしーたεいぷしろんνにゅー τたうεいぷしろん παραιβασίας ἐφέπουσιν·
οおみくろんὐδέ πぱいοおみくろんτたうεいぷしろん λήγουσι θしーたεいぷしろんαあるふぁὶ δεινοῖοおみくろん χόλοιο,
πρίν γがんま᾽ ἀπぱいτたうῷ δώωσι κかっぱαあるふぁκかっぱνにゅーπぱいιいおたνにゅー, ὅς τις ἁμάρτῃ.»

(IT)

«La Notte a luce die' l'odïoso Destino la Parca
negra la Morte il Sonno fu madre alla stirpe dei Sogni
(né con alcuno giacque per dar loro vita l'Ombrosa).
Poi Momo partorí la sempre dogliosa Miseria
l'Espèridi che cura di là dall'immenso Oceàno
hanno degli aurei pomi degli alberi gravi di frutti
e le dogliose Moire che infliggono crudi tormenti.»

Nell'Iliade viene raffigurata, assieme a Eris (Ἔρις, la Discordia) e a Cidoimo (Κυδοιμὸς, il Tumulto) nel campo di battaglia, con un lungo mantello macchiato dal sangue degli uomini uccisi che da lei stessa venivano portati al cancello dell'oltretomba.

(EL)

«ἐνにゅー δでるた' Ἔρις ἐνにゅー δでるたὲ Κυδοιμὸς ὁμίλεον, ἐνにゅー δでるた' ὀλらむだοおみくろんὴ Κήρ,
ἄλλον ζぜーたωおめがνにゅー ἔχουσα νεούτατον, ἄλλον ἄουτον,
ἄλλον τたうεいぷしろんθしーたνにゅーηいーたτたうαあるふぁ κかっぱαあるふぁτたうὰ μόθον ἕλらむだκかっぱεいぷしろん πぱいοおみくろんδでるたοおみくろんιいおたνにゅー·
εいぷしろんμみゅーαあるふぁ δでるた' ἔχかい' ἀμみゅーφふぁい' ὤμοισι δαφοινεὸνにゅー αあるふぁἵματι φふぁいωおめがτたうνにゅー.
ὡμίλευν δでるた' ὥς τたうεいぷしろん ζぜーたωおめがοおみくろんὶ βροτοὶ ἠδでるた' ἐμάχοντο,
νεκρούς τたう' ἀλλήλων ἔρυον κατατεθνηῶτας.»

(IT)

«Scorrea nel mezzo Eris, e seco
era il Kydoimos e la terribil Ker
Che un vivo già ferito e un altro illeso
Artiglia colla dritta, e un morto afferra
Ne’ piè coll’altra, e per la strage il tira.
Manto di sangue tutto sozzo e rotto
Le ricopre le spalle: i combattenti
Parean vivi, e traean de’ loro uccisi
I cadaveri in salvo alternamente.»

Eschilo, nella sua tragedia Ψυχοστασία (La pesatura delle vite) descrive la battaglia tra Achille e Memnone, in cui immediatamente prima Zeus ne pesa le Κかっぱῆρας (Kères), intese qui quali fati, geni della morte, o appunto, le vite dei guerrieri[1]. In quest'ultima identificazione, come le anime dei morti, è ripresa talvolta nella tradizione popolare, nelle quali necessitano di sacrifici per essere placate.

Simbolismo[modifica | modifica wikitesto]

Kerostasia – La decisione della sorte della battaglia tra Achille e Memnone. Schizzo da urna cineraria, sud Italia, 330 a.C. conservato al Rijksmuseum, Amsterdam

Rappresentano o direttamente la Morte violenta, o il Destino che accompagna ogni essere umano scandendo i ritmi vitali e delineando il tipo di morte che spetterà al soggetto; quindi nei momenti pericolosi come battaglie e azioni eroiche, le Chere, in entrambe le concezioni, affiancano l'individuo.

Sono talvolta raffigurate come creature nere alate, dai denti aguzzi e dagli artigli, che si nutrono del sangue dei morti e dei feriti.[2]

Divinità correlate[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Martin Bernal, Black Athena: The archaeological and documentary evidence, Rutgers University Press, 1987, p. 262, ISBN 978-0-8135-1584-7.
  2. ^ Gabriella D'Anna, Dizionario dei miti, Newton Compton, 1996, p. 30, ISBN 978-88-8183-392-4. (alla pag.30 - voce "Chere")

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Angela Cerinotti, Miti greci e di Roma antica, Prato, Giunti, 2005, ISBN 88-09-04194-1.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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