Plioplatecarpinae
Plioplatecarpinae | |
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Calco scheletrico di Platecarpus tympaniticus | |
Stato di conservazione | |
Fossile | |
Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Animalia |
Phylum | Chordata |
Classe | Reptilia |
Ordine | Squamata |
Clade | †Mosasauria |
Superfamiglia | †Mosasauroidea |
Famiglia | †Mosasauridae |
Clade | †Russellosaurina |
Sottofamiglia | †Plioplatecarpinae Dollo, 1884;[1] Williston, 1897[2] |
Generi | |
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I Plioplatecarpinae sono una sottofamiglia di mosasauri, un gruppo eterogeneo di lucertole marine, vissuti nel Cretaceo superiore, circa 94–66 (Turoniano-Maastrichtiano). I membri di questa sottofamiglia sono conosciuti informalmente e collettivamente come "plioplatecarpini" e sono stati rinvenuti in quasi tutti continenti,[4] sebbene la loro presenza in Australia rimanga discutibile. La sottofamiglia comprende generi come Latoplatecarpus, Platecarpus, Plioplatecarpus e Plesioplatecarpus.
I plioplatecarpini erano mosasauri di piccole-medie dimensioni relativamente veloci e agili rispetto ai mosasauri di altre sottofamiglie. I primi plioplatecarpini apparvero nel Turoniano e sono tra i più antichi mosasauri conosciuti, e il clade persistette per tutto il Maastrichtiano, un periodo di circa 24 milioni di anni, fino alla fine del Cretaceo, estinguendosi insieme agli altri mosasauri nell'estinzione di massa del Cretaceo-Paleogene. La stessa sottofamiglia fu apparentemente pesantemente colpita a sua volta durante un evento di estinzione di mosasauri nel Campaniano medio, sebbene questo evento sia ancora poco compreso,[5] e i suoi membri sembrano aver subito la concorrenza dei mosasauri mosasaurini durante il Maastrichtiano, portando a un declino nel numero e nella diversità.[6]
L'etimologia di questo gruppo deriva dal genere Plioplatecarpus, dal greco pleion ossia "più", unito al nome Platecarpus che significa "polso piatto".
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]In generale, i plioplatecarpini sono caratterizzati da un cranio relativamente corto e da un corpo tozzo e tra i mosasauri si sospetta che fossero tra nuotatori più forti, tanto che alcuni studiosi hanno paragonato questi animali ai moderni pinnipedi per la loro agilità. La maggior parte delle forme era probabilmente piscivore ("mangiatori di pesce"), sebbene invertebrati marini, come cefalopodi e ammoniti, formassero evidentemente una parte importante della dieta dei plioplatecarpine. Le forme più grandi potrebbero essersi nutrite anche di rettili marini più piccoli. Almeno un genere sviluppò denti robusti adatti a schiacciare cibi duri, perfetti per nutrirsi di molluschi. I plioplatecarpini erano mosasauri di piccole-medie dimensioni la lunghezza variava da circa 2,5 a 7,5 metri.
Russell (1967, pp. 148[7]) definì Plioplatecarpinae come segue: Piccolo rostro presente o assente anteriormente ai denti premascellari. I nervi cranici X, XI, XII lasciano la parete laterale dell'opistotico attraverso un unico foro. Canale o solco profondo nel pavimento del basioccipitale e basipenoide per l'arteria basilare. Processo soprastapediale del quadrato grande, terminato smussato e con lati paralleli. Bordo dorsale del surangolare arrotondato e longitudinalmente orizzontale... Sono presenti ventinove o meno vertebre presacrali. La lunghezza delle serie presacrali è inferiore a quella postsacrale, le spine neurali delle vertebre caudali posteriori al massimo sono solo leggermente allungate, non formano una pinna apprezzabile. Gli archi ematici solitamente non sono fusi al centro caudale. Gli elementi appendicolari mancano di superfici articolari rifinite uniformemente."
Tessuti molli
[modifica | modifica wikitesto]Tra i mosasauri i plioplatecarpini sono probabilmente la sottofamiglia di cui si conosce maggiormente la loro anatomia, grazie ad un particolare esemplare di Platecarpus, l'esemplare LACM 128319, che conserva una gran varietà di tessuti molli che hanno rivoluzionato il nostro modo di ricostruire questi animali.[8] L'esemplare LACM 128319 conserva numerosi tessuti molli, tra cui alcune tracce di materia all'interno dell'anello sclerotico che potrebbe essere la retina dell'occhio. Piccole strutture nella retina, ciascuna lunga circa 2 µm e osservate mediante microspettroscopia elettronica a scansione, potrebbero rappresentare melanosomi retinici conservati nelle loro posizioni originali.[8] Lo stesso esemplare presenta anche il canale respiratorio, conservatosi come anelli tracheali cartilaginei, sebbene si sia conservata solo la parte posteriore della trachea, all'estremità del collo vicino al cinto pettorale. L'esemplare conservava anche la sezione in cui si dividono i due bronchi, ma questa sezione è andata distrutta durante lo scavo. Queste caratteristiche sono un'indicazione che Platecarpus, e per estensione tutti i mosasauri, avevano due polmoni funzionanti; i serpenti, strettamente imparentati con i mosasauri, hanno un solo polmone funzionante, mentre il secondo è spesso rudimentale o assente. A differenza delle lucertole terrestri, però, i bronchi si separano davanti alla zona degli arti anteriori anziché a livello degli arti.[8]
L'esemplare LACM 128319 conserva anche diverse impronte cutanee come impronte morbide e materiale fosfatico. Le squame presenti sulla punta del muso e sulla parte superiore del cranio hanno una forma alquanto esagonale e non si toccano. Le squame della mandibola sono più lunghe e di forma romboidale, e si sovrapponevano l'una all'altra. Le squame sul muso indicano che le narici esterne erano poste molto in avanti sulla punta del muso e rivolte lateralmente, come nella maggior parte degli squamati e degli arcosauri. Le squame del corpo sono tutte di forma romboidale e formano file diagonali strettamente collegate che si sovrappongono l'una all'altra sui bordi posteriori, ed erano generalmente delle stesse dimensioni per tutta la lunghezza del corpo. Le scaglie presenti sulla coda sono più alte e più grandi di quelle del resto del corpo, sebbene quelle che ricoprono la superficie inferiore della coda siano più simili alle squame del corpo.[8] L'esemplare conserva anche gli organi interni, o viscere, conservatisi come aree rossastre. Una di queste è localizzata nella cavità toracica, nella parte bassa della gabbia toracica, mentre l'altra si trova nella parte superiore della cavità addominale, appena dietro la gabbia toracica. Le aree rossastre sono state analizzate tramite spettrometria di massa ed è stato dimostrato che contenevano alti livelli di composti costituiti da ferro e porfirina. Queste sostanze sono la prova di prodotti di decomposizione dell'emoglobina che potrebbero essersi formati negli organi quando questi si decomposero. In base alla sua posizione, l'organo nella cavità toracica è probabilmente il cuore o il fegato, o addirittura entrambi gli organi. L'organo nella cavità addominale potrebbe essere invece un rene, sebbene sia in una posizione più anteriore rispetto ai reni dei varani, i parenti viventi più stretti dei mosasauri. La posizione anteriore dei reni potrebbe essere stata un adattamento verso un corpo più snello, poiché la loro presunta posizione è simile a quella dei cetacei.[8] Insieme a questi organi, l'esemplare LACM 128319 conserva anche una parte del tratto digestivo e quest'ultima è piena di resti di pesci di media taglia. La forma di questi resti potrebbe delineare la vera forma della parte corrispondente del tubo digerente, molto probabilmente il colon. La presenza di scaglie e ossa non digerite nel colon suggerisce che Platecarpus, e altri mosasauri, processassero il cibo rapidamente e non digerissero, assorbendo completamente tutto il cibo nel tratto gastrointestinale. Anche i coproliti del mosasauro Globidens suggeriscono bassi tassi di digestione e assorbimento, contenendo masse di gusci di bivalvi frantumati.[8]
Le vertebre caudali, o della coda, sono nettamente incurvate verso il basso. Le vertebre in corrispondenza della curvatura (chiamate peduncolo caudale) sono a forma di cuneo con spine neurali più larghe alle estremità che alla base. Quest'area depressa probabilmente reggeva un lobo, simile a quello degli squali moderni, probabilmente composta da tessuti molli. Sarebbero stati presenti due lobi, uno inferiore sostenuto dalle vertebre rivolte verso il basso e uno superiore completamente carnoso. La coda bilobata era probabilmente ipocerca, il che significa che il suo lobo inferiore era più lungo di quello superiore. Questa condizione è riscontrabile anche in altri rettili marini estinti adattatisi alla vita marina, come gli ittiosauri e i coccodrilli marini metriorhynchidi.[8]
Filogenesi
[modifica | modifica wikitesto]Russell[7] comprendeva due tribù all'interno di Plioplatecarpinae, i Plioplatecarpini e i Prognathodontini, l'ultima delle quali è stata riassegnata da Bell[9] ai Mosasaurinae.
Polcyn e Bell (2005, p. 322[10]) hanno creato un clade più inclusivo, la parafamiglia Russellosaurina, che comprende le "sottofamiglie Tylosaurinae e Plioplatecarpini e il loro clade gemello contenente i generi Tethysaurus, Russellosaurus e Yaguarasaurus".
Il seguente cladogramma fa riferimento gli studi di Simões et al. (2017):[11]
Plioplatecarpinae |
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Nella loro descrizione del 2024 della plioplatecarpino marocchino Khinjaria, Longrich et al. eseguì un'analisi filogenetica, trovando supporto per un clade di plioplatecarpine non-plioplatecarpini, chiamato Selmasaurini, che fu recuperato come taxon gemello di Plioplatecarpini.[3] Un clade simile è stato recuperato da Strong et al. (2020) nella loro descrizione di Gavialimimus.[12] I risultati delle analisi di Longrich et al. sono mostrati nel cladogramma sottostante:
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Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Dollo L. 1884. Le mosasaure. Revue des Questions Scientifiques XVI:648-653.
- ^ Williston SW. 1897. Range and distribution of the mosasaurs with remarks on synonymy. Kansas University Quarterly 4 (4): 177-185.
- ^ a b Nicholas R. Longrich, Michael J. Polcyn, Nour-Eddine Jalil, Xabier Pereda-Suberbiola e Nathalie Bardet, A bizarre new plioplatecarpine mosasaurid from the Maastrichtian of Morocco, in Cretaceous Research, 1º Marzo 2024, pp. 105870.
- ^ Fossilworks: Plioplatecarpinae, su fossilworks.org. URL consultato il 17 Dicembre 2021 (archiviato dall'url originale il 14 dicembre 2021).
- ^ (EN) Stratigraphical distribution of Campanian and Maastrichtian mosasaurs in Sweden - Evidence of an intercontinental marine extinction event?, su ResearchGate. URL consultato l'11 Settembre 2017.
- ^ Michael J. Polcyn, Louis L. Jacobs, Ricardo Araújo, Anne S. Schulp e Octávio Mateus, Physical drivers of mosasaur evolution, in Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology, Physical drivers in the evolution of marine tetrapods, vol. 400, 15 Aprile 2014, pp. 17–27.
- ^ a b Russell DA. 1967. Systematics and morphology of American mosasaurs. Peabody Museum of Natural History, Yale University, Bulletin 23.
- ^ a b c d e f g J. Lindgren, Caldwell, M.W., Konishi, T. e Chiappe, L.M., Convergent Evolution in Aquatic Tetrapods: Insights from an Exceptional Fossil Mosasaur, in Andrew Allen Farke (a cura di), PLOS ONE, vol. 5, n. 8, 2010, pp. e11998.
- ^ Bell GL. Jr. 1997. A phylogenetic revision of North American and Adriatic Mosasauroidea. pp. 293-332 In: Callaway JM, Nicholls EL, (eds.), Ancient Marine Reptiles, Academic Press, 501 pp.
- ^ Polcyn MJ, Bell GL. Jr. 2005. Russellosaurus coheni n. gen., n. sp., a 92 million-year-old mosasaur from Texas (USA), and the definition of the parafamily Russellosaurina. Netherlands Journal of Geosciences 84 (3): 321-333.
- ^ Tiago R. Simões, Oksana Vernygora, Ilaria Paparella, Paulina Jimenez-Huidobro e Michael W. Caldwell, Mosasauroid phylogeny under multiple phylogenetic methods provides new insights on the evolution of aquatic adaptations in the group, in PLOS ONE, vol. 12, n. 5, 3 Maggio 2017, pp. e0176773.
- ^ (EN) Catherine R. C. Strong, Michael W. Caldwell, Takuya Konishi e Alessandro Palci, A new species of longirostrine plioplatecarpine mosasaur (Squamata: Mosasauridae) from the Late Cretaceous of Morocco, with a re-evaluation of the problematic taxon ‘ Platecarpus ’ ptychodon, in Journal of Systematic Palaeontology, vol. 18, n. 21, 1º Novembre 2020, pp. 1769–1804.
Collegamenti esterni
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