Questione di fiducia

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In Italia la questione di fiducia è un istituto della forma di governo parlamentare riservato al Governo, non previsto in Costituzione, ma disciplinato dai regolamenti interni della Camera[1] e, in modo più succinto, del Senato[2] nonché dalla legge n. 400/1988, la quale si limita a riconoscere al Governo la facoltà di avvalersi di tale istituto e le modalità per accedervi e vincola il Presidente del Consiglio alle dimissioni in caso di voto contrario del Parlamento ad un suo provvedimento sul quale ha posto la fiducia.

Tale istituto fonda la sua forza vincolante sulla prassi politica, e non deriva la sua legittimazione dalla Costituzione.

L'istituto della questione di fiducia, inoltre, è stabilito soltanto dai regolamenti autonomamente stabiliti da Camera e Senato per il proprio funzionamento interno, i quali sono privi di forza di legge e dunque vincolanti solo per i membri delle Camere e per nessun altro soggetto istituzionale.

Il governo pone la questione di fiducia su una legge (o più comunemente su un emendamento ad una legge), qualificando tale atto come fondamentale della propria azione politica e facendo dipendere dalla sua approvazione la propria permanenza in carica. Nella pratica politica[3] tale strumento viene usato dal Governo per compattare la maggioranza parlamentare che lo sostiene o per evitare l'ostruzionismo dell'opposizione[4].

Ponendo la fiducia sulla legge, tutti gli emendamenti decadono e la legge deve essere votata così come è stata presentata; sempre più spesso, tuttavia, essa è posta dal Governo su un proprio maxi-emendamento[5]. Nel caso in cui il Parlamento respinga la questione di fiducia posta dal Governo, quest'ultimo è considerato privo della fiducia della Camera/Senato e pertanto è tenuto a rassegnare il mandato nelle mani del Capo dello Stato. Va inoltre ricordato che tale istituto giuridico richiede modalità garantite (voto nominale dell'atto nella sua interezza e dopo almeno 24 ore), permette un'attività senza ostruzione, mira ad annullare i franchi tiratori che si nascondono dietro il voto segreto e permette una veloce espletazione del processo di legiferazione.

Ratio e limiti dell'istituto

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L'istituto si ricollega al rapporto fiduciario[6] che lega il mandante (Parlamento) al mandatario (Governo) nel momento iniziale della presentazione di questo alle Camere, mediante l'approvazione della mozione di fiducia che lo immette nei pieni poteri di direzione dell'Esecutivo[7].

Ci sono altri due casi in cui il governo può sollecitare dalla maggioranza l'approvazione di una mozione di fiducia: successivamente al "rimpasto" cioè una modifica nella composizione del gabinetto e successivamente alla modifica del programma di governo.

Benché il Regolamento della Camera sia molto restrittivo nell'elencare i casi in cui il Governo non può porre la questione di fiducia[8], la dottrina vi aggiunge senz'altro almeno[9] un altro caso, quello della revisione costituzionale[10].

Riferimenti normativi

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Regolamento della Camera dei deputati - Articolo 116

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Divieto di porre la questione di fiducia su:

  1. regolamenti interni della camera
  2. su questioni procedimentali
  3. su votazioni per alzata di mano e scrutinio segreto dove espressamente richiesto dal regolamento
  4. su votazioni nei confronti di persone
  5. su questioni incidentali formali
  6. sull'affidamento di disegni di legge in commissione.[1]

Regolamento del Senato della Repubblica - Articolo 161

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La questione di fiducia gode di tre elementi caratteristici definiti dalla giunta per i regolamenti nel 1988:

1 gli articoli su cui è posta la fiducia godono della priorità di votazione; l'approvazione della fiducia comporta automaticamente la reiezione di tutti gli stralci ed emendamenti collegati all'articolo;

2 la questione di fiducia è la cornice all'interno della quale si apre la discussione in merito all'argomento su cui è stata posta;

3 il contingentamento dei tempi è affidato alla regolamentazione ordinaria del Senato.[2]

  1. ^ a b art. 116 del regolamento della camera, su nuovo.camera.it. URL consultato il 25 maggio 2010 (archiviato dall'url originale il 15 febbraio 2015).
  2. ^ a b art. 161 regolamento del Senato
  3. ^ Ferrajoli, Carlo F. 2008. L'abuso della questione di fiducia. Una proposta di razionalizzazione. in Diritto pubblico, no. 2 (maggio-agosto 2008), 587-636.
  4. ^ Piccirilli, Giovanni. 2008. I paradossi della questione di fiducia ai tempi del maggioritario. in Quaderni costituzionali, no. 4 (dicembre 2008), 789-812.
  5. ^ Lupo, Nicola. Maggioli, 2007.
  6. ^ Rivosecchi, G. (2008). Regolamenti parlamentari del 1971, Indirizzo Politico e Questione di Fiducia: un'Opinione Dissenziente [article]. Giornale Di Storia Costituzionale, 143.
  7. ^ Mohrhoff, Federico. 1953. Rapporti fra parlamento e governo nella Costituzione italiana (scioglimento delle camere, questione di fiducia). n.p.: Milano, Giuffrè, 1953, I Quaderni della Costituzione.
  8. ^ Lo esclude solo per ciò che attiene al regolamento interno delle Camere, modifiche del Regolamento, sanzioni disciplinari e gli argomenti per i quali il Regolamento preveda votazione per alzata di mano o per scrutinio segreto, inchieste parlamentari, autorizzazioni a procedere e verifica delle elezioni
  9. ^ Per l'esclusione anche delle leggi elettorali dalla possibilità di fiducia, per violazione dell’art. 72 c. 1 e 4 Cost. e del Regolamento parlamentare della Camera, v. il ricorso dell'avvocato Besostri contro la legge elettorale italiana del 2015.
  10. ^ Giampiero Buonomo, Le due maggioranze, in Mondoperaio, 6/2014.

Voci correlate

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Altri progetti

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