mercoledì 20 luglio 2022
Lega-Fi: nuovo governo senza 5s e ampio rimpasto. Mattarella sente i leader. Seduta sospesa al Senato: 90 minuti per l'ultima trattativa. Palazzo Chigi: decisione dopo il voto
Muro 5s e Lega: voto più vicino. Colle sente i leader. Draghi attende la fiducia

Ansa

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Alla fine è Forza Italia a chiedere i tempi supplementari. Quando la discussione generale al Senato sulle comunicazioni di Draghi stava per concludersi, e il premier stava per formulare la sua replica, il gruppo di Berlusconi ha chiesto 90 minuti di sospensione della seduta. Perché per come si è svolto il dibattito, l'ipotesi più plausibile era che il premier, dopo aver preso atto giovedì scorso della "non fiducia" di M5s, prendesse atto anche della posizione nettissima di Lega e Fi (o un governo nuovo senza M5s con nuovi ministri e nuovo programma oppure il voto). E di fronte al secondo dato oggettivo di dissoluzione delle larghe intese in meno di sette giorni, il premier non avrebbe potuto fare altro che confermare le dimissioni e salire al Colle, aprendo le porte al voto anticipato. I 90 minuti di sospensione della seduta di Palazzo Madama, accordati dalla presidente Casellati, aprono l'ultimissima e fragilissima trattativa per evitare lo scioglimento delle Camere. Passaggi delicati e molto complicati in cui è coinvolto anche il Quirinale, come conferma il colloquio telefonico tra Matteo Salvini e Sergio Mattarella. E sembra esserci un'impronta quirinalizia anche nella decisione, annunciata da Palazzo Chigi, di prendere decisioni dopo aver atteso il voto di fiducia. Il che aprirebbe ad uno scenario sinora non preventivato: l'emergere di senatori non solo 5s, ma anche di Lega e Fi, che voterebbero in dissenso dai propri gruppi, creando una maggioranza "draghiana".

D'altra parte le comunicazioni al Senato di Mario Draghi, bivio tra prosecuzione della sua azione di governo e voto anticipato, sono state anche le prime in cui il premier ha alzato in modo netto i toni con i partiti. E dopo giorni in cui i leader hanno fatto l’elastico tra condizioni e disponibilità, tra chiusure e aperture, è stato il premier a dettare le proprie condizioni. A dettarne una, in particolare: “Ricostruire da capo il patto” che si è rotto formalmente giovedì scorso, con la decisione di M5s di non votare la fiducia al governo, ma che, osserva il presidente è il Consiglio, si è “sfarinato” da mesi, con responsabilità diffuse. In particolare, il dito del premier è sembrato essere puntato soprattutto verso la Lega di Salvini. Dal punto di vista politico, Draghi non lascia molti indizi sulla propria volontà, non fa capire se è propenso a continuare solo e unicamente “con tutti” o anche “con chi ci sta”. La sua chiosa è una domanda alle forze politiche: “Voi ci state a ricostruire il patto?”. La risposta, secondo il premier, i partiti la devono dare al Paese e alla “mobilitazione” degli ultimi giorni, “impossibile da ignorare”.

NON SOLO M5S: ANCHE LA LEGA PORTA DRAGHI AL BIVIO. E FI LA SEGUE

I toni del discorso di Draghi hanno fortemente influenzato il dibattito al Senato: già durante le comunicazioni del premier arrivavano mugugni dai banchi M5s, ma il discorso del premier è parso molto esigente, stringente, anche verso Matteo Salvini. Dal quartier generale M5s sono già arrivate risposte tendenti al negativo: "Draghi ha aperto pochissimo, quasi nulla". Ma forse il segnale più forte è un altro: non solo M5s, ma anche Lega e Fi hanno ritirato tutti gli interventi dei senatori iscritti a parlare. Per il Carroccio prende la parola solo il capogruppo Massimiliano Romeo. Per Forza Italia parla Maurizio Gasparri e non la capogruppo Ronzulli. Anche in M5s invece non interviene la capogruppo Mariolina Castellone, ma il "contiano" Ettore Licheri. L'altro segnale pentastellato è l'assenza dei ministri 5s sui banchi del governo.

Ma il fatto che il centrodestra di governo abbia ritirato gli interventi è considerata una risposta alle decise punture di Draghi a Salvini. I leader di Lega e Fi si sono immediatamente riuniti a Villa Grande, ospiti di Silvio Berlusconi, per valutare il da farsi rispetto al governo. Giorgia Meloni, leader di Fdi, li incita a uscire dalla maggioranza: "Draghi al Senato ha chiesto i pieni poteri".

Poi, quando il presidente dei senatori leghisti, Massimiliano Romeo, prenda la parola, arriva la conferma della "linea dura" della Lega: il Carroccio chiede di prendere atto di una maggioranza senza M5s, di fare un "governo nuovo", di procedere a un rimpasto che, per la Lega, dovrebbe mettere in discussione la ministra dell'Interno, Lamorgese. E di inserire in agenda temi del centrodestra come la flat tax e la pace fiscale. Per Romeo e per la Lega, Draghi deve chiarire se il suo discorso mira a "preservare il campo largo" o a "salvare il Paese". È da giorni che il Carroccio alimenta il sospetto che il premier stia agendo in un rapporto privilegiato con i dem. E dopo l'intervento di Romeo, le agenzie segnalano che Draghi avrebbe lasciato l'aula per un punto con i ministri. Poco dopo l'intervento di Romeo, la Lega consegna una risoluzione con cui annuncia il proprio sostegno solo "a un nuovo governo profondamente rinnovato nelle scelte e nella composizione", guidato ancora da Draghi. Pochi minuti ancora e il centrodestra di governa emana una nota simile. Sono passaggi che oggettivamente avvicinano il voto anticipato perché le condizioni poste da Fi-Lega non sembrano ricevibili dal Pd. Quando poi a confermare la posizione del centrodestra di governo è anche, per Forza Italia, Maurizio Gasparri, si intuisce che Lega e Fi si sono ricompattate in un "aut aut" al presidente del Consiglio.

I 5S MENO DURI DEL PREVISTO: DRAGHI CAMBI PASSO. PD E RENZIANI: FIDUCIA PIENA

La lite centrodestra-Draghi quasi mette in secondo piano quello che dovrebbe essere l'intervento più importante della giornata, quello del pentastellato Licheri. L'ex capogruppo dei senatori 5s evidenzia a Draghi le pesanti condizioni messe dal centrodestra per continuare, gli chiede un "cambio di passo" rispetto alla questione sociale e, sulla politica estera, pur confermando la linea atlantista di M5s, mette in guardia dai rischi di un'escalatio che potrebbe arrivare "armando, armando e ancora armando". Nel complesso, M5s sembra fare perno sulla lite tra Draghi e centrodestra di governo, ammorbidendo i toni ma non tanto da far pensare a un ritorno in maggioranza.

I dem, a loro volta, nei numerosi interventi in aula, risultano essere gli unici, insieme ai senatori di Renzi, Toti e Di Maio, a mettere a disposizione di Draghi una "fiducia" sul programma illustrato in aula dal premier, senza porre condizioni.

I 90 minuti di ulteriore riflessione, quindi, tornano utili a tutti: il voto anticipato è davvero a un passo.

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