Cento anni prima dell’ascesa dell’Impero è un epoca di pace. L’Ordine dei Jedi e la Repubblica Galattica hanno prosperato per secoli senza guerre.

Questo è l’incipit di questo racconto, lo presenta la sequenza di apertura tipica di Star Wars ma “stesa” che (fastidiosamente) ci siamo abituati a vedere in altri prodotti. Ci promette una storia ambientata in quel periodo florido in cui la creatività di uno sceneggiatore può prosperare senza andarsi a impicciare con i fili portanti della continuità di quella macro storia già tessuta da altri.

Tuttavia chi segue la saga di Star Wars sa quali forze in campo secondo il “canone” potrebbero muoversi nell’ombra, per interrompere  la quiete mantenuta con tanto impegno dai Jedi, guardiani di pace e giustizia.

Ignorando totalmente (o quasi) qualsiasi elemento preesistente (per quanto concerne i primi quattro episodi che abbiamo avuto modo di vedere di anteprima) i creatori di The Acolyte, in primis la showrunner Leslye Headland, mettono altre pedine sulla scacchiera: come importanza, una regina bianca e una regina nera, due personaggi nati per essere la faccia buona e quella cattiva della stessa medaglia.

Come in Dieci piccoli indiani la serie ci presenta una serie di omicidi a catena. Qualcuno sta uccidendo alcuni Maestri Jedi, scegliendo accuratamente la propria vittima, seguendo un modus operandi che ha un comunque denominatore. La pista di sangue porta ad una ragazza che opera come Meknek (riparatrice esterna indipendente non autorizzata) su una nave da carico della Federazione dei Mercanti (Neimoidiani!) Osha una ex devota padawan. Il suo Maestro Jedi, Sol, da lei stimato, con discrezione si mette ad indagare sul caso, sperando di scagionarla dalle accuse.

“Dominare i sentimenti” sarà il tema portante della sua missione di pace, di quei sentimenti i Jedi non devono esserne schiavi. Così il cuore dei personaggi viene metaforicamente rinchiuso. La sensazione è che nella possibile delusione nel guardare questa serie con alte aspettative si avverta la mancanza di emozioni. Ironicamente, Il codice Jedi recita: “Non c'è emozione; c'è pace. Non c'è ignoranza; c'è conoscenza. Non c'è inquietudine; c'è serenità. Non c'è morte; c'è la Forza.” e questo sentore sicuramente è stato di ispirazione per la serie, ma “l’ignoranza” purtroppo c’è specialmente da parte di chi avrebbe avuto la possibilità di scrivere una storia più interessante e non lo ha fatto preferendo una molto più conveniente nuova linea guida.

Prevedibile, terribilmente ingenuo, il ritmo comunque serrato degli episodi può essere aiutato dalla scenografia e vantare dei tecnicismi di pregio. Con un cospicuo budget  per episodio circa (22,5 milioni di dollari) troviamo oltre ad un utilizzo giusto e misurato della Cgi, maestosi set reali, tanti nuovi (e vecchi) alieni la cui prostetica è stata curata in ogni dettaglio. Gli abiti dei Jedi sono sfavillanti, una cosa di cui è stato tenuto conto (bisogna dirlo) è che siamo alla fine del periodo della cosiddetta Alta Repubblica, l’età dell’oro dei Jedi, protagonista di una serie transmediale che ha arricchito la saga negli ultimi anni (dalla pubblicazione del primo romanzo di Charles Soul La luce dei Jedi del 2021).

La colonna sonora cupa ma volutamente sottotono accompagna una fotografia da fotoromanzo o fan film (bene inteso che questa cosa non è necessariamente un difetto). Conosciamo i personaggi, il tenero Maestro Sol (Lee Jung-jae, protagonista della serie horror di Neflix Squid Game, 2021)  fraterno, dolce, comprensivo, una spanna sopra a tutti. Il cavaliere Jedi Yord Fandar (Charle Banett) è una testa calda, il belloccio del gruppo, Jeckie Lon (Dafne Keen) la Padawan truccata in stile Ziggy Stardust, antipatica il giusto, Vernestra Rwoh (Rebecca Henderson) dal filone di Alta Repubblica al piccolo schermo, una Maestra Jedi Mirialan, divenuta da che era una bambina prodigio una saggia consigliera, si aggiungono al cast Qimir (Manny Jacinto) un traffichino tutto fare e il piccolo droide tascabile Pip. Il personaggio meno centrato di tutti però è la protagonista Osha (Amandla Stenberg) eccessivamente buona, tanto da risultare stupida, una ragazza resiliente, in balia degli eventi, che si lascia trascinare dall’inevitabilità. Nell’ombra una guerriera (la seguace del titolo) striscia indisturbata, cercando i punti deboli dei suoi avversari, anche lei è semplicemente “cattiva”, una pazza, scriteriata, le cui motivazioni sono inconsistenti. La banalità del Lato Oscuro.

Da qui seguono una serie di spoilers e anticipazioni degli episodi che abbiamo visto in anteprima ovvero il terzo e il quarto.  Questa parte dell’articolo è solamente per i più curiosi che amano questo tipo di anticipazioni.

Siete liberi di non proseguire oltre. Vi abbiamo avvertito!

Il quarto episodio cambia completamente registro e lo fa in modo assolutamente positivo, è la storia delle origini di Osha e Mae, condito da esoterismo e magia. Un flashback che ci presenta una setta di streghe, non le Sorelle della Notte di Dathomir, ma somiglianti (nel corpetto dell'armatura riconosco l’abito di Charal la cattiva del secondo film degli Ewoks: The Battle For Endor,1985 ndr.). Qui conosciamo i fatti a cui si fa riferimento nelle prime puntate, l’incendio, il momento di rottura tra le due gemelle. Nel quinto episodio invece “la compagnia” si raduna verso la casa immersa nel verde di Kelnacca (Joonas Suotamo interprete di Chewbacca nei sequel) il Jedi Wookie che vive isolato dal resto dell’Ordine  totalmente ignaro di essere sulla lista delle quattro vittime scelte per il sacrificio, in questa puntata vedremo anche il misterioso personaggio mascherato del materiale promozionale che abbiamo già intravisto alla fine del primo episodio.

Fine delle anticipazioni e degli spoiler.

In conclusione la serie, crea una serie di infinite diatribe online che si riducono a due fette di pubblico. Quello generalista, fatto di hater che senza obiettività  sparano a zero su qualsiasi nuovo prodotto, ripetendo all’infinito il mantra del:“Non ci piace perché veicola il messaggio woke” dando alla serie la “colpa” di essere “nuova”. L’altra quella dei fan e degli estimatori vecchi e nuovi della saga di Star Wars che si (dovrebbero) sentire liberi di criticare, amare, distruggere ed elogiare con criterio e cognizione di causa, quello che stanno vedendo.

Al netto questa serie è puro caos, presenta episodi tagliati con l’accetta di una durata imbarazzante, ignora la materia di origine, fagocita il concetto stesso dei suoi intenti e modifica ancora la concezione della Forza. George Lucas “Il creatore” ha detto di recente in occasione del Festival di Cannes (dove ha ricevuto il premio alla carriera): Io sono l’unico a sapere cosa era Star Wars (…) l’unico a conoscere questo mondo, perché c’è tanto in esso. La Forza, ad esempio, nessuno capisce la Forza. Qui abbiamo esattamente il caso che può rappresentare questo concetto, sperando che la delusione non spegna la luce dei Jedi e lo show possa solamente rivelarsi una scoperta, per quello che ne concerne, citando la stessa, The Acolyte: “uccide il sogno”.