Su Fantascienza.com del 3 agosto 2024, Silvio Sosio segnala uno Sci-Fi short film (durata 14 minuti) molto intrigante: Sucker (Zuiger, Steve Oen, 2022) che vi consigliamo di vedere prima di leggere questo articolo. Il tema è indicato nel titolo del pezzo in cui Sosio ne parla: Sucker, il robot innamorato, accennando al fatto che il corto ha a che fare con una forma piuttosto insolita di ribellione delle macchine.
Sucker è un piccolo elettrodomestico a forma di disco che serve per pulire i pavimenti. Il termine “sucker” vuol dire infatti “aspiratore” (ma anche “babbeo”, “maledetto” e “lecca-lecca”, oltre a indicare qualcuno che ha un debole per qualcun altro). Lars lo porta a casa e lo presenta alla moglie Eve, dicendole che il robottino è del tutto autonomo ed è capace di scansionare le emozioni degli umani, per rispondere meglio alle loro esigenze.
Il seguito della vicenda mostrerà che Sucker ha la capacità di provare emozioni lui stesso, e questo è proprio l’argomento del presente articolo. A parte la questione della ribellione, di per sé interessante, nel caso di Sucker si tratta di capire in che modo i suoi algoritmi di rilevamento emotivo possano fargli provare delle emozioni (e renderlo sensibile).
Trattandosi di un robot pulitore, è strano che i costruttori lo abbiano dotato di uno scanner emotivo, ma in ogni caso il passaggio dalla scansione al sentimento è poco probabile. Tuttavia, potremmo pensare che la capacità effettiva del robot consista nel rispondere con alcune reazioni appropriate ad alcuni gesti degli umani. In concreto, la sua programmazione emotiva sarebbe controllata da un algoritmo che gli permette di imitare il comportamento di un cucciolo o di un cagnolino.
Questa è un’ipotesi decisamente più credibile. La gamma degli atteggiamenti emotivi di un piccolo animale domestico è abbastanza limitata, e del resto gli animaletti digitali (digital pets) esistono già dalla fine degli anni Novanta, benché solo in forma virtuale. Nulla però impedirebbe di usare questi algoritmi per creare cuccioli artificiali, peluche e animaletti immaginari di vario tipo (anche di origine extraterrestre, come E.T.) dotati di capacità interattive.
Allo stesso modo, tali capacità interattive potrebbero essere inserite in un piccolo elettrodomestico come quello rappresentato nel film, magari con l’idea di renderlo più vendibile. Ovviamente questo non renderebbe il robottino davvero sensibile, ma lo doterebbe di un comportamento simile a quello di un cagnolino. Se poi un programmatore poco accorto (per dirlo in modo gentile) pensasse di farlo comportare come se potesse provare gelosia, ecco che l’intera vicenda (di per sé poco verosimile) di Sucker diventerebbe un po’ meno assurda.
Per la verità abbiamo già affrontato queste problematiche in un altro intervento (L’amore al tempo dei robot, Delos SF n. 254) nel quale citavamo il racconto di Isaac Asimov Soddisfazione garantita (Satisfaction Guaranteed, Amazing Stories, aprile 1951) un titolo che giocava sul doppio senso della parola “soddisfazione” (ma, come abbiamo visto, quanto a doppi sensi Sucker non è da meno).
Quello che storie di questo tipo sembrano suggerire è non semplicemente che gli esseri artificiali potrebbero somigliarci (ed essere meglio di noi, in un qualche senso del termine “meglio”) ma che forse noi stessi siamo simili a delle macchine. Tale concetto risale almeno al 1747, anno di pubblicazione di L’homme machine di Julien Offray de La Mettrie, il quale tuttavia era pronto a riconoscere che gli umani posseggono l’immaginazione e la capacità simbolica.
In seconda battuta, quella che possiamo chiamare la somiglianza del diverso è in buona parte dovuta proprio alla nostra immaginazione, nel senso che noi siamo abituati a proiettare negli altri ciò che ci sembra di riconoscere in noi stessi, e oltre che negli altri umani proiettiamo anche negli animali e, con un passaggio in più, pure negli esseri artificiali. È ciò che si chiama “antropomorfizzazione”.
Così un animaletto digitale può essere percepito come se fosse vivo, e una IA in grado di conversare con noi ci può sembrare decisamente umana. Quanto al robottino Sucker, la sua figura è in realtà costituita da un insieme di elementi che convergono nello stesso punto. È un elettrodomestico che viene percepito come un animaletto, ma nella fiction è dotato di iniziativa.
Benché quest’ultima possa essere considerata una semplice capacità reattiva (o interattiva) il vero “salto quantico” è nel fatto che le sue “azioni” (non siamo più infatti nel semplice comportamento) vengono eseguite per trarne qualcosa per se stesso, non per obbedire alle sue istruzioni di servizio.
È qui ovviamente che ci stacchiamo dalla realtà, ed è qui che la storia assume i suoi veri connotati fantascientifici, non nel senso che intervenga la fantasia (semmai l’immaginazione) ma nel senso che la fantascienza si discosta dalla realtà quanto basta per far assumere all’insolito il valore di una metafora. La metafora (una delle possibili) non è tanto, qui, quella trasparente del servo che vuol prendere il posto del padrone, ma quella più sottile del valore che assume per noi chi sembra attribuircene di più.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID