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Megalopolis, "capolavoro moderno e folle" o film "meganoioso"? La critica si spacca sull'opera di Coppola - Il Fatto Quotidiano

Cinema

Megalopolis, “capolavoro moderno e folle” o film “meganoioso”? La critica si spacca sull’opera di Coppola

di Davide Turrini

“Meganoioso”, “delirante”, “tronfio”. Ma anche “capolavoro moderno e folle”. Megalopolis di Francis Ford Coppola (leggi la recensione di Anna Maria Pasetti) ha rispettato le attese dividendo la critica anzi, facendo pendere la bilancia più per articolate stroncature e divertiti spernacchi. Partiamo da una similitudine che utilizza Marzia Gandolfi su Cinematografo.it: Megalopolis “assomiglia al “capolavoro sconosciuto” del pittore di Balzac: un quadro che a forza di essere dipinto, ridipinto, ripensato, ritoccato, corretto, finisce per perdere ogni coerenza”. Poi sottolineando che ci si trova di fronte ad “un’estetica anni ottanta” spiega che il film “racconta con naivëté disarmante la storia di una vita, di una famiglia e di una forma d’arte che solo un vecchio senza età e senza più nulla da dimostrare poteva apparecchiare”. E ancora: “Digressioni pedanti si alternano a vibranti soliloqui sul futuro dell’umanità, la prosaicità gioca a rimpiattino con la nobiltà, il grottesco con il monumentale.

Coppola fa muovere le statue, ‘canta’ Puccini, cita spudoratamente se stesso, infila dialoghi in latino (…)”. Proiettato in anteprima mondiale a Cannes, con standing ovation che a seconda dei cronometri più o meno tarati sono durate o 4, o 5, o 7 minuti. Megalopolis è il sogno inseguito da 40 anni e finalmente realizzato da uno dei padri fondatori della New Hollywood più barocco e magniloquente anche quando aveva 40 anni. Nel film, il protagonista Adam Driver (tal Cesar Catilina) è un architetto/scienziato vincitore del premio Nobel che apparentemente ha acquisito il potere di controllare il tempo e lo spazio dopo una scoperta scientifica. Gran parte del film ruota attorno al suo grande piano per un “progetto di costruzione utopico” chiamato Megalopoli, che si scontra con gli obiettivi del sindaco della città Cicerone (Giancarlo Esposito).

“Megagonfia e meganoiosa” è il giudizio lapidario di Peter Bradshaw sul Guardian (non proprio un recensore iconoclasta ndr) che poi aggiunge un “progetto appassionato senza passione… pieno di verità da liceale sul futuro dell’umanità”. Su Vulture – anche qui non proprio il paradiso delle stroncature, anzi spesso uno dei siti in cui le analisi filmiche sono tra le più equilibrate e puntuali – il critico Bilge Ebiri spiega che Megalopolis “a volte assomiglia ai pensieri febbrili di un bambino precoce, motivato e abbagliato e forse un po’ perso in tutte le possibilità del mondo davanti a lui (…) non c’è niente in Megalopolis che sembri uscito da un film ‘normale’: i personaggi parlano con frasi e parole arcaiche, mescolando frammenti di Shakespeare, Ovidio e, a un certo punto, puro latino.

In una scena, Driver recita integralmente il famoso soliloquio di Amleto “essere o non essere”. “Perché? Non ne sono esattamente sicuro”. Su Rogerebert.com nonostante l’apprezzamento verso la struttura più classicheggiante con frasi in latino e riferimenti all’antica Roma, ci si sbilancia comunque sul lato negativo: “Coppola ha anche realizzato un film che è orgogliosamente volgare e butterato dai detriti della cultura pop”.

Dello stesso tenore il New York Times che parla nientemeno che di “miscuglio di stili di recitazione” con dialoghi “o schiettamente dichiarativi o totalmente impenetrabili”. Jason Gorbe di AVClub alza ulteriormente il tiro: “Megalopolis può sembrare quasi come se la Roma della HBO fosse stata riscritta da un migliaio di scimmie, alcune delle quali hanno persino corretto l’ortografia”. E poi sfotto l’intera carriera autoriale e gli slanci pomposamente bigger than life di Coppola: “L’integrità artistica pura e senza filtri di Megalopolis ricorda più hybris e ironia della mitologia greca che i racconti dell’antica Roma, il che non sarà assolutamente una sorpresa per chiunque abbia prestato attenzione all’inimitabile carriera di Coppola”.

Insomma chi conosce il cinema del cineasta di origine italiana fin dai tempi della saga del Padrino, passando per il sognante Tucker e infine l’imperscrutabile Tetro, non dovrebbe trovarsi minimamente spiazzato. Ad esempio Deadline spiega che si tratta di “una sorta di disastro indisciplinato ed esagerato”, ma anche di un’opera di “assoluta audacia di un maestro artista che è portato per l’Imax come Caravaggio sulla tela”. Anche New Yorker (“aggressivamente inebriante, ostinatamente illogico e seducentemente ottimista”) e Hollywood Reporter (“divertente, giocoso, visivamente abbagliante e illuminato da una commovente speranza per l’umanità”) sono stati ampiamente magnanimi verso Megalopolis. Film che ha già dei distributori in tutta Europa ma non ha ancora nessuno negli Stati Uniti.

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