di Lelio Freccero

“Cosa è successo a Fico?” è il primo messaggio WhatsApp da mio fratello in Italia. Non faccio a tempo a leggere che un amico dall’India mi scrive: “Che succede in Slovacchia?”; un altro da Singapore: “Che ne pensi di Fico?”. Sono seduto alla mia scrivania, a Bratislava, e non so nulla. L’informazione moderna ha superato i limiti di tempo e spazio. Però Fico trascinato dalle guardie del corpo non era un ologramma e il proiettile non era virtuale. A meno che non scopriremo che il video fosse alterato, un fake.

Robert Fico, 59 anni, viene da Topoľčany, nel centro della Slovacchia, famiglia umile, studia Giurisprudenza, si iscrive al Partito comunista cecoslovacco nel 1986, a quanto pare condizione indispensabile per fare ogni tipo di carriera. Il resto è su Wikipedia. Gli hanno sparato a Handlova, non la via principale di Bratislava, ma un paesino di 17mila anime che anche Google Maps fatica a trovare. Era davanti alla Casa della Cultura, una delle strutture per il popolo costruite durante il regime comunista. Fico era in mezzo ai suoi elettori, soprattutto anziani, contadini, allevatori, ex-minatori, tanti pensionati. Gli stessi elettori che gli hanno permesso di diventare, per ben tre volte, il primo ministro. Fico e i paesi hanno un legame forte, nella mappa dei risultati elettorali, i due distretti intorno alle città principali, Bratislava e Kosice, sono di colore blu (progressisti) mentre il resto del territorio è per lo più rosso, del partito di Fico, lo Smer, che significa “direzione”. La Slovacchia è una grande campagna.

Una Repubblica giovanissima, 31 anni, che sta facendo i conti con i suoi vari genitori. Centrifugata, in breve tempo in situazioni opposte: Fascista-Hitleriana, Comunista-Sovietica, Cattolica e Ateista, Tradizionalista e Progressista, Nazionalista ed Europeista. Oggi esistono ben due istituzioni per la memoria nazionale, per le vittime del fascismo e per le vittime del comunismo. Il primo maggio è festa nazionale ma non si festeggia pubblicamente. Il giorno dei lavoratori è associato alla dittatura comunista quando era obbligatorio partecipare alla parata. La parola comunismo è stata rimossa e sostituita da “social democrazia”. I politici, soprattutto di Smer, festeggiano l’8 maggio, la festa della liberazione dal nazifascismo da parte dell’armata rossa. In questo caso le bandiere con la falce e martello sono ammesse. Le chiese alla domenica sono piene ma anche il Gay pride è affollatissimo.

L’attuale governo slovacco, al potere da settembre 2023, è il risultato dell’unione di ideologie diverse (comunisti, cattolici radicali e nazionalisti) che però credono nella superiorità dei valori tradizionali contro il cambiamento sociale dei cosiddetti “progressisti”: questo vale specialmente in materia di diritti civili come divorzio, matrimoni omosessuali e aborto. La forza elettorale del blocco di Fico è stata la posizione netta per la pace. Promessa, poi, disattesa avendo votato in Europa a favore dell’invio di armi all’Ucraina.

E mentre Fico è un fantasma nella capitale, è di casa nei paesi, dove l’opposizione è quasi inesistente. L’opposizione ha idea di dove sia Handlova? Dopo aver perso l’ennesima sfida parlamentare, ha focalizzato la propaganda per le presidenziali di aprile 2024, ancora, in città. A Bratislava, ogni settimana, c’erano manifestazioni di progressisti convinti, che si ri-convincevano a vicenda di quanto corrotto fosse Fico e il suo governo. Un movimento che si autoalimenta d’odio invece di uscire dalla comfort zone e confrontarsi nei paesi. Ci sono alcune similitudini con l’opposizione italiana durante i governi del centro-destra. Forse proprio Berlusconi è il politico che più si avvicina alla percezione pubblica di Fico. Lo ami o lo detesti.

Dall’altra parte c’è un governo, che nonostante una maggioranza modesta (79 parlamentari su 150), si sta comportando come un despota assoluto, senza la minima considerazione dell’opposizione e tanto meno dei pesi-contrappesi. La maggioranza ha ovviamente preso tutti i ministeri, ma non solo, hanno nominato persone di fiducia in tutte le cariche importanti: presidente della Camera, radio e televisione RTVS, il procuratore generale, il capo della polizia, i servizi segreti. Da poco, anche l’ultima pedina mancante, il Presidente della Repubblica. Infatti Pellegrini, delfino di Fico, si instaurerà come presidente a giugno 2024. Una sorta di colpo di Stato “democratico” che ha ulteriormente infiammato l’odio e la polarizzazione della politica interna.

Si potrebbe dire che il governo Fico non ha avuto nessun tipo di pudore di portare avanti la propria agenda, così come non ha avuto nessun pudore il signore di 71 anni che gli ha sparato. Juraj Cintula, residente a Levice, località a circa un’ora di macchina dal luogo dell’attentato. Apparentemente una persona normale, padre, marito, scrittore per passione, porto d’armi regolare e “di certo non un elettore di Fico” in un commento rubato al figlio. Forse la mattina del 15 maggio 2024 si è sentito come il macchinista della locomotiva di Guccini: “È un giorno come gli altri, ma forse con più rabbia in corpo, pensò che aveva il modo di riparare a qualche torto”.

La maggioranza urla all’attentato politico e punta il dito all’opposizione che fa a gara nel dimostrare solidarietà a Fico e auguri di pronta guarigione ma, forse, nell’animo, spera di non doverci avere a che fare. Questa tragedia riporta la politica dallo stato virtuale a quello reale. Il “like” e il pollice all’ingiù si trasformano in una stretta di mano e in un proiettile di metallo. Una risposta digitale, più breve, via WhatsApp, alle vostre domande, non saprei darla.

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