I casi della ricerca del titanio nel geoparco Unesco del Beigua o del ritorno alla caccia con arco e freccia, sono solo la punta dell’iceberg. Che Giovanni Toti non fosse esattamente un ambientalista, lo si era capito fin dai tempi del piano casa approvato dalla sua giunta neanche quattro mesi dopo l’insediamento, a ottobre del 2015. Il provvedimento tra le varie cose autorizzava l’ampliamento degli edifici esistenti nei Parchi protetti della Liguria, per di più togliendo ai Comuni il presidio di controllo e verifica sugli interventi.

“Saranno mantenuti tutti gli strumenti di controllo ambientale, la difesa del suolo e del paesaggio”, aveva però garantito Toti, iniziando tuttavia a mettere le mani avanti sul tema delle aree protette. “I Parchi sono troppi, provvederemo in seguito a ridefinirne i confini e a variare le normative specifiche. Ma non si dica che daremo via libera alla cementificazione. Certo se un tedesco vuole ristrutturare un casale in territorio di parco lo potrà fare”, aveva detto. Non solo. “I Parchi hanno bisogno di una nuova governance, di manager che sappiano mettere a profitto le bellezze naturali e attirare investimenti”, preannunciava il neo governatore, dicendosi “particolarmente orgoglioso” di un piano che, “eliminando fonti di confusione e di freno agli investimenti privati”, avrebbe reso la Liguria “all’avanguardia per la riqualificazione dell’esistente e per gli interventi legati a nuovi investimenti nell’edilizia”.

Troppo anche per il governo di Matteo Renzi, che impugnò il piano per fare marcia indietro solo a seguito di alcune modifiche in tema di giurisdizione delle eccezioni sulle aree protette. Nei fatti, però, la Regione guidata da Toti ha continuato per la sua strada. Anzi, è andata ben oltre le dichiarazioni di intenti iniziali, di quando l’ex giornalista viareggino diceva che il piano casa “non prevede piscine né piste per gli elicotteri, ma solo una riqualificazione dell’esistente e una legislazione urbanistica più chiara e con meno burocrazia che darà una vera scossa al settore dell’edilizia”.

Nove anni dopo si può dire senza tema di smentita che la scossa c’è effettivamente stata, ma ha portato anche elicotteri e piscine. Esemplare il caso della Palmaria, da cui è partita l’inchiesta giudiziaria che ha travolto la Liguria. Sull’isola patrimonio dell’Unesco che si trova di fronte a Portovenere, Matteo Cozzani – il braccio destro del governatore finito anche lui ai domiciliari – con il placet dello stesso Toti ha cavalcato con ogni mezzo il progetto di trasformazione (il Masterplan con protocollo d’intesa del 2016) da zona militare a resort di lusso per un turismo d’elite, con sottostante dismissione del patrimonio immobiliare della Marina. In questo contesto Cozzani, che giocava con la doppia veste di sindaco di Portovenere e di capo di gabinetto di Toti, ha agevolato in ogni modo gli affari sull’isola dei fratelli Paletti, imprenditori immobiliari milanesi e proprietari del Grand Hotel di Portovenere, che sulla Palmaria hanno rilevato un’area, la ex Cava Carlo Alberto, per farne uno stabilimento balneare con ristorante, solarium e, appunto, piscine.

Le carte del filone spezzino dell’inchiesta raccontano dettagliatamente il percorso accidentato con cui il sindaco di Portovenere spiana la strada al progetto dei due Paletti, che per l’operazione sono assistiti da un esercito di consulenti del calibro dell’avvocato Ada Lucia De Cesaris, l’ex vicesindaco di Milano della giunta Pisapia, dove era assessore tecnico con delega all’urbanistica. Se non fosse che di mezzo c’è lo sfruttamento di un’isola protetta dall’Unesco e che i due imprenditori sono finiti ai domiciliari, mentre la proprietà è stata posta sotto sequestro, le avventure di Cozzani all’assalto della Palmaria sarebbero degne di un film di Totò, tra commedie al telefono con la Sovrintendenza, errori boomerang nelle delibere comunali che vengono approvate per gli amici e perfino la suspance per lo stato di salute del venditore della ex Cava ai Paletti. Capita infatti che quando l’operazione ha le carte in regola per partire e cade l’ultima condizione che sospendeva la conclusione della compravendita, l‘anziano Emilio Moreschi proprietario della ex Cava “sta male”, quindi “le cose peggiorano”, come riferisce Raffaele Paletti a Cozzani: potrebbe non essere più in grado di sedersi davanti a un notaio per il rogito e nemmeno di rilasciare una procura. Il momento è da panico, ma poi l’operazione, non si sa come, va avanti e il progetto parte, salvo arenarsi ai giorni nostri, come invece sappiamo.

Ma l’isola di fronte a Portovenere è solo uno dei tanti episodi della saga in cui Cozzani, a sua volta, riceve dai Paletti favori a getto continuo, come gli ordini per l’acqua in brick distribuita dal fratello Filippo (anche lui indagato e messo ai domiciliari), che sarà poi coinvolto nell’affare Palmaria. Ma anche i biglietti per il Gran Premio di Monza o per le finali di Champions con suite incorporata e ospitalità di lusso, tanta, per i suoi “invitati”, ma anche per se stesso, suo padre Carlo e la sua compagna (e addetta stampa della Regione, non indagata) Elisa Mangini.

Toti non sembra aver nulla da eccepire, anzi, quando nel 2023 il cantiere dei Paletti viene temporaneamente sequestrato salta sulla seggiola e si lambicca per capire su chi potrebbe intervenire per sbloccare la cosa. Del resto lui era un grande fan del Masterplan. Nel 2020 a un dibattito pubblico lo ha definito “un disegno che si integra nella storia e nel futuro di questo territorio” e ha rivendicato come “l’isola Palmaria non sarebbe potuta cambiare se non avessimo cambiato il suo assetto amministrativo ponendo dei prerequisiti, reinserendolo in una vita civile ovvero sotto un’autorità comunale che decidesse le destinazioni d’uso con tutti i vincoli”. Il tutto per “creare valore, che vuol dire creare posti di lavoro e futuro, questo passando per la valorizzazione del territorio, non per la cementificazione. Recuperiamo con il coraggio di innovare e di utilizzare la nostra storia per il bene dei nostri figli”.

Però poi rispunta il tandem piscine ed elicotteri. Come quelli per cui vengono richieste continuamente delle piazzole nei Parchi o quelli utilizzati per portare i materiali ai cantieri dove la viabilità è inadeguata. Esemplare il cantiere sui ruderi della collina di fronte alla Palmaria, dietro Portovenere, un’area vincolata dove la famiglia dell’amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, Roberto Tomasi, ha progettato di costruire un resort dove non ci sono strade. Resta da capire come proseguirà la costruzione, non tanto per la viabilità che non c’è, quanto perché a febbraio di quest’anno, il cantiere si è fermato in seguito ai rilievi delle autorità che hanno chiesto il ripristino di alcune parti dei manufatti originari.

Ma, per quanto si tratti di luoghi di rara bellezza, in Liguria non ci sono solo la Palmaria e Portovenere. Per esempio il Parco Nazionale di Portofino sembra essere stata una vera e propria ossessione per il governatore della Liguria che in questi anni ha cercato in ogni modo di ridurne i confini a suon di carte bollate. E ce l’ha fatta, dato che la montagna alla fine ha partorito quello che le associazioni per la tutela dell’ambiente hanno battezzato il “parco francobollo”. Salvo il buon esito dei ricorsi pendenti o altri fatti al momento imprevedibili, il Parco sarà il più piccolo d’Italia, con una superficie di un migliaio di ettari, vale a dire un quinto di quanto inizialmente previsto dal ministero per la Transizione ecologica con una già notevole riduzione rispetto alla proposta originaria dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, mentre sarà pari a un terzo dell’attuale più piccolo, il contiguo Parco delle Cinque Terre. Per la gioia dei cacciatori che dall’estate scorsa, grazie a una nuova norma regionale, sono liberi di cacciare con arco e freccia, oltre che di costruttori e proprietari di immobili o attività.

A scansare ogni dubbio sulle intenzioni, è arrivato poche settimane fa lo studio di fattibilità per la costruzione di un tunnel per collegare Paraggi a Portofino. “Un sogno”, secondo Toti che a fine aprile è intervenuto alla presentazione dichiarando di credere che “in questi anni la Liguria abbia dimostrato di saper dare concretezza ai progetti in cui crede: dalla diga del porto di Genova al Terzo valico, dal tunnel sotto il porto al tunnel della Fontanabuona. Credo che questa sia la strada giusta per rendere il Tigullio sempre più fruibile per tutti, senza chiuderlo a nessuno e far aumentare ancora il nostro turismo”. Già, il turismo, come quello che fa esplodere il Parco delle Cinque Terre, dove Toti ha appena imposto un rialzo esponenziale delle tariffe del Cinque Terre Express per l’alta stagione, bollando come “tafazziano” l’atteggiamento di chi pensa di risolvere il problema del sovraffollamento con il numero chiuso chiesto da alcuni Comuni. Fatto sta che a Genova i non turisti sono furibondi e parlano di “tassa 5 terre”, mentre i primi dati sul traffico con le nuove tariffe parlano di un sensibile calo dei viaggi tra Spezia e Levanto e degli acquisti delle Cinque Terre Card. Rispetto al 2023, mentre il confronto con il 2022 è ancora positivo, sicché l’ottimismo serpeggia ancora in Regione. Nonostante tutto.

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