La dipendenza dall’istituzione fa male
di Adolfo Santoro - sabato 18 febbraio 2023 ore 08:00
Narciso è un personaggio della mitologia greca, un giovane cacciatore, famoso per la sua bellezza, ma anche perché disdegnava ogni persona che lo amava. Gli dei punirono questa sua superbia: s’innamorò della sua stessa immagine riflessa in uno specchio d’acqua e morì cadendo nel lago in cui si specchiava.
Già nel 1898 il sessuologo inglese Havelock Ellis aveva usato il termine “narcissus-like” per indicare la “masturbazione eccessiva”, in cui la persona diventa il proprio unico oggetto sessuale. Fu poi Paul Näche nel 1899 ad utilizzare il termine "narcisismo" in uno studio sulle perversioni sessuali. Nel 1911 Otto Rank pubblicò il primo scritto psicoanalitico specificamente centrato sul narcisismo, collegandolo alla vanità e all'auto-ammirazione.
Freud, che già aveva usato il termine in altri contesti, fece il punto in “Introduzione al narcisismo”, scritto tra il 1913 e il 1914 e pubblicato alla fine di quest’ultimo anno, in piena guerra: ampliò il significato del termine introducendo i concetti di “narcisismo primario”, connaturato al bambino in quanto essere mosso dalla “libido” e di “narcisismo secondario”, come fase evolutiva più tardiva nello sviluppo della “libido”. Ma i presupposti teorici, sbagliati, lo portarono a dire mezze verità.
Il principale presupposto teorico della psicoanalisi freudiana è, infatti, che il bambino è sessualmente perverso. Giunse a tale conclusione in due tappe: credette inizialmente ai vissuti delle donne isteriche che riferivano di traumi subiti durante l’infanzia; successivamente – nel 1897 - cambiò drasticamente opinione: non era la generazione precedente ad aver traumatizzato i bambini, ma era la fantasia sessuale dei bambini a favorire la maldicenza verso i genitori. Non si rendeva conto, Freud - e, con lui, tutta la setta psicoanalitica -, di essere maldicente.
Questo dogma centrale della psicoanalisi fu smascherato da un “allievo-amico” di Freud, Sándor Ferenczi. Dopo più di vent’anni di amicizia-sudditanza con l’ingombrante Freud, Ferenczi cadde in disgrazia perché osava pensare con la sua testa e fu gradualmente emarginato per aver ripreso, in vario modo, il tema dell’eziologia traumatica delle nevrosi. Nel 1932, a pochi mesi dalla morte, Ferenczi presentò al Congresso di Wiesbaden dell'Associazione Psicoanalitica Internazionale l’articolo “La confusione delle lingue tra l’adulto e il bambino. Il linguaggio della tenerezza e della passione.”. Era troppo per Freud, perché l’articolo, in modo implicito, asseriva che la generazione precedente e Freud avevano la lingua confusa. Freud cercò di ostacolare la lettura dell’articolo, ma Ferenczi lo lesse all’interno della disapprovazione dei presenti. Fu la rottura tra Freud e Ferenczi: subito dopo la lettura, Ferenczi abbandonò il Congresso e fece ritorno nella sua casa di Budapest. Sei mesi dopo, Ferenczi morì, ufficialmente per un’anemia perniciosa (ma era probabilmente un cancro), senza aver rivisto Freud, con il quale era tuttavia rimasto in contatto epistolare. Alcuni psicoanalisti ortodossi cercarono di sostenere l’ipotesi di una psicosi di Ferenczi. I suoi preziosi scritti furono salvati solo grazie al prendersene cura di Michael Balint, suo allievo; altrimenti Ferenczi sarebbe stato dimenticato.
Aggiungo che l’ipotesi del “narcisismo primario” è stata smentita dall’”infant research”, cioè dall’osservazione scientifica, diretta e videoregistrata della diade madre-neonato.
Ferenczi non fu la sola vittima della furia narcisistica dell’istituzione psicoanalitica: meriterebbero un approfondimento, ad esempio, le presunte guarigioni dei pazienti, la difesa ad oltranza dell’amico otorino Wilhelm Fliess che aveva “dimenticato” delle garze nel naso di una paziente (la difesa di Freud, che neanche conosceva la poverina, fu di fare diagnosi di isteria), il suicidio di Victor Tausk. I più avveduti tra i suoi “allievi” (come Alfred Adler e Carl Gustav Jung) si allontanarono da lui, non senza soffrire.
Quanto valga l’etica di Freud lo si desume facilmente dalle sue lettere.
In una lettera del 1884 a Martha Bernays, sua fidanzata e poi sua moglie, parla dei suoi sentimenti nel corso di una conferenza: “Ahimé ecco che sopravviene l’ansia di affermarsi, di trovare qualcosa di nuovo che tenga la gente in sospeso e procuri non soltanto il riconoscimento dei pochi, ma anche l’accorrere dei molti, del pubblico che paga.”.
In una lettera a Fliess scrive: “Si è annunciata ora una paziente, una possibile gallina dalle uova d’oro, con la quale avevo già parlato; non so se venga per rifiutare o per accettare il trattamento. Il mio umore dipende anche molto da quanto guadagno. Il denaro per me è come un gas esilarante.”.
Frugare nei suoi armadi ha mostrato le sue parti impresentabili:
1. Avido tossicodipendente
Consumatore entusiasta e promotore della cocaina, fece uso frequente della sostanza fino alla sua morte nel 1939. Infatti, era talmente affezionato alla droga che la distribuì attivamente tra i suoi amici e colleghi che in alcuni casi sfociarono nella tossicodipendenza, come il caro amico Ernst von Fleischl-Marxow.
2. Difensore delle molestie su minori
3. Gravi problemi femminili
Il suo rapporto con le donne era a dir poco disturbato e non ha mai sviluppato alcun tipo di relazione sana con un altro significativo. Considerava le donne deboli, vanitose, gelose e prive di un buon senso della giustizia. Credeva che i problemi delle donne in sostanza derivassero dal fatto che non avevano un pene. È arrivato persino a sostenere che le donne sono il problema nella società.
4. Abuso generazionale in famiglia
Scrive in una delle sue lettere in un periodo in cui si dedicava all'autopsicanalisi. "Sfortunatamente, mio padre era uno di questi pervertiti ed è responsabile dell’isteria di mio fratello (tutti i cui sintomi sono identificazioni) e di molte sorelle più giovani."
La diletta figlia di Freud, Anna, mostrò segni di angoscia e poi fu descritta come “un’adolescente gelosa, depressa, masochista, anoressica, omosessuale latente".
5. Dipendente implacabile dal fumo
6. Qualcosa da nascondere?
Jeffrey Masson, già direttore del progetto per gli archivi Sigmund Freud e possibile futuro direttore, fu licenziato nel 1981 in una disputa sull’interpretazione del materiale controverso di Freud. Gran parte dell’ambito materiale Freud conservato negli Archivi Freud rimane ancora non disponibile per gli studiosi. Ciò include almeno 75.000 articoli conservati nella Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti e ai quali l’accesso del pubblico è stato proibito, in alcuni casi, fino al XXII secolo. Ci si potrebbe chiedere cosa abbia da nascondere il patrimonio Freud, passando attraverso misurazioni così estreme per mantenere segreta al pubblico una così grande quantità di documenti.
Ma la famiglia, la scuola e la psicoanalisi non sono le uniche istituzioni.
Diceva Charles Darwin: Se la miseria del povero è causata non dalle leggi della natura, ma dalle nostre istituzioni, grande è la nostra colpa.”.
Aggiungeva Thomas Szasz: “Meno una persona conosce dei lavori delle istituzioni sociali nella sua società, più deve aver fiducia in coloro che detengono il potere in essa; e più egli ha fiducia in coloro che detengono tale potere, più si rende vulnerabile di diventare la loro vittima.”.
Concludeva Noam Chomsky: “Il modo più efficace di limitare la democrazia è quello di trasferire il potere decisionale dalla pubblica arena a istituzioni inaffidabili: re e prìncipi, caste sacerdotali, giunte militari, dittature di partito, o moderne corporazioni.”.
(continua)
Adolfo Santoro