Il numero due di Hezbollah annuncia: “Continuiamo la lotta”. Il prezzo è già elevato: oltre un migliaio di vittime, devastazioni incalcolabili ed emergenza umanitaria; ma nei centri di accoglienza o nelle piazze le parole di risentimento contro il segretario generale ucciso restano rare. Francia e Stati Uniti (che approva l’intervento di terra israeliano) continuano a parlare di una soluzione diplomatica che al momento appare lontana.
Solo ieri in Libano si contano oltre 105 vittime e 359 feriti. Nel mirino anche il villaggio del sud, con “almeno una vittima confermata” nella comunità cristiana. L’obiettivo era il responsabile del Partito di Dio a Sidone, per eliminarlo raso al suolo un intero palazzo abitato da civili. Il premier Mikati parla di un milione di sfollati. Patriarca maronita: rafforzare l'unità fra libanesi.
L’esercito annuncia la morte del leader di Hezbollah e del numero tre dell’organizzazione. Ad AsiaNews p. Michel Abboud racconta un quadro “molto difficile”, lambito dagli ordigni lanciati dai caccia anche il convento dei carmelitani. La gente fugge “senza prospettive di salvezza” e l’emergenza sfollati aumenta. Un appello “all’aiuto e al sostegno” perché “i bisogni sono enormi”.
Per anni in fuga dal Paese di origine, oggi sono costretti a rientrare di fronte alla guerra lanciata dallo Stato ebraico a Hezbollah. Nelle ultime 48 ore quasi 30mila nuovi sfollati. Beirut registra l’attraversamento del confine “di 15.600 cittadini siriani e 16.130 cittadini libanesi”. Per chi torna un triplice dilemma: arresto, arruolamento o perdita dello status di rifugiato.
Di fronte all’escalation della guerra si registra fra cristiani e musulmani uno slancio di solidarietà, empatia e compassione. Medici e infermieri operano senza sosta per curare le vittime delle esplosioni e accogliere chi è costretto a fuggire dalle proprie case. Di fronte al massacro “inaccettabile” dei civili colpiti dai caccia israeliani, il Libano del “vivere insieme” esiste e va oltre la politica.
Il giorno che segna l’attacco di Hamas a Israele e l’inizio della guerra a Gaza per il porporato è data “simbolica del dramma che stiamo vivendo”. Nel mese della Madonna l’invito a pregare in comunità per una vera riconciliazione. Il “vortice” di "violenza e odio" che causa “migliaia di vittime innocenti” oggi trova spazio “anche nel linguaggio e nelle azioni politiche e sociali”.